giovane critica - n. 34/35/36 - primavera 1973

138 zione generale del Lavoro. E' questa la politica dettata dalle esigenze dei gruppi che formano i corpi elettorali dei diversi partiti politici, ma non è una politica nell'interesse della classe operaia. Essa viene in gran parte fatta a spese dei lavoratori più miserabili, non organizzati; in particolar modo a spese dei contadini dell'Italia meridionale. Sono d'accordo con quanto ha detto il dr. Costa sulla artificiosa deviazione degli investimenti causata dalla determinazione di prezzi politici. Solo quando il dr. Costa dice di essere indifferente che si importino dei beni di consumo o dei beni strumentali, perché quel che si risparmia in viveri e vestiario resta disponibile per maggiori investimenti in beni strumentali, mi pare che non tenga conto del fatto che l'aumento delle quantità dei beni diretti, facendone ribassare il prezzo, ne farebbe aumentare il consumo. In pratica accadrebbe, infatti, che i prezzi delle macchine rimarrebbero elevati mentre i prezzi dei viveri ribasserebbero. Poiché si consumerebbero più viveri si investirebbe meno in beni strumentali. Non sono d'accordo con il prof. Molinari. che ci ha prospettato una generale riorganizzazione pianificata dell'economia italiana in funzione del piano Marshall. Mi pare ci sia una ardente sproporzione tra quello che si potrebbe raggiungere con il piano Marshall e le prospettive di una pianificazione generale. D'altra parte la insufficienza degli strumenti di rilevazione statistica e degli organi amministrativi dello Stato consiglia di non estendere troppo l'intervento pianificatore dello Stato. Non ho ben capito cosa intendessero dire i precedenti oratori che hanno accennato ad una distribuzione degli aiuti americani attraverso l'organizzazione bancaria. Gli americani non ci hanno fatto delle aperture di credito che ci consentano di distribuire dollari attraverso le banche: ci vogliono dar del grano, del carbone, dei fertilizzanti, delle materie prime, delle macchine. Cosa fare di questi beni? lo credo che dovremmo valerci del meccanismo automatico del mercato per distribuire le materie prime, i macchinari, i fertilizzanti e parecchie altre merci al prezzo massimo a cui sarà possibile trovare dei compratori. Se fossimo in Inghilterra. dove ancora vi è una amministrazione che funziona, sarebbe forse possibile distribuire queste merci con assegnazioni a prezzi politici per sviluppare certe produzioni a preferenza di altre. Nelle condizioni di caos in cui è ridotta l'amministrazione italiana credo il meno peggio sarebbe di rivolgerci al meccanismo del mercato. Se ci sono delle ragioni di interesse generale per cui il governo ritenga che alcune merci dovrebbero necessariamente andare a certe industrie. credo che dovrebbe primo prowedere a nazionalizzarle, o ad altri analoghi prowedimenti, per eliminare i profitti privati di congiuntura. Il gruppo produttivo che avesse le merci a preferenza di tutti gli altri gruppi dovrebbe lavorare per la collettività, non per gli azionisti. Non sono d'accordo con quegli oratori che hanno suggerito di adoperare gli aiuti americani per sviluppare le nostre Industrie vitali. Nessun economista riuscirebbe mai a precisare cosa possa considerarsi vitale nella nostra economia e sarebbe certo troppo pericoloso accettare le definizioni che venissero date dagli interessati, cioè dagli industriali e dagli operai. Quanto all'utilizzazione delle lire che potrebbero essere ottenute dalla vendita delle merci importate in base al piano Marshall ritengo che dovrebbero essere destinate ad un solo settore in modo che non venissero sperperate in mille rivoli senza alcun efficiente risultato. La cosa migliore, secondo me, sarebbe di dedicare questi aiuti straordinari all'assistenza per I ragazzi, per avere domani una generazione più sana e meno analfabeta. Attraverso l'ordinamento delle scuole potremo dare a tutti i bambini, anche nel periodo estivo, la refezione ed il vestiario creando delle scuole in baracche prowlsorie nell'Italia meridionale dove, in intere zone, non esistono neppure gli edifici scolastici. Contemporaneamente dovremmo fare il massimo sforzo per sviluppare l'edilizia scolastica, riducendo cosf la disoccupazione col dare incremento a tutte le attività economiche complementari della edlllzla. Mi dispiace di non avere il tempo per trattare dei problemi di organizzazione internazionale connessi con l'applicazione del piano Marshalll. Dirò solo che ritengo che il piano Marshall abbia una maggiore importanza politica che economica, in quanto è un impulso a quella unificazione federale che sola renderebbe possibile la

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==