112 società economica e al predominio del potere economico sull'ordinamento giuridico. Quarto punto. Evidente conseguenza di quanto ora si è detto è la rivendicazione da parte del lo Stato di una funzione non solo di mediazione statica tra le forze sociali esistenti, ma di sintesi dinamica, e quindi di reformatio del corpo sociale. Non pura mediazione, non puro equilibrio, non puro arbitrato, ma sintesi propulsiva in questo Stato moderno. Lo Stato non è creatore, abbiamo detto prima, perché non crea gli uomini e non crea la società, ma fa la società: cioè, data una società con alcune forme primigenie o storicamente cristallizzate, ma che rappresentano ormai un qualchecosa di informe rispetto a quello che dovrebbe essere in quel determinato momento storico i I compito concreto dell'azione statale, lo Stato deve fare la società, traendo il corpo sociale dall'informe. Accettare questo corpo sociale in alcune realtà incomprimibili, che sono quelle prima dette, ma poi reformate quelle e le altre: e questo richiede, è indubbio, un'analisi sociologica che si ponga, in una determinata situazione storica, con una spietata sincerità, con uno smascheramento di tutte le ipocrisie, con uno smascheramento di tutti i luoghi comuni usati anche in buona fede per la tranquillizzazione della nostra coscienza. L'analisi sociologica che deve essere assunta a base di questa scelta deve essere veramente uno di quei momenti supremi in verità in cui veramente si adempie il nostro dovere cristiano. Solo a questo patto si può, allora, assicurare la genuinità del potere politico, altrimenti si potrebbe dire che questo regna, ma non governa, e solo a questo patto, per esempio, si può dare al suffragio universale un contenuto che vada oltre i I puro momento della investitura. Potremmo dire, riprendendo la famosa distinzione che gli antichi facevano fra piramide di titolo e piramide di esercizio, che il suffragio universale, oggi, nella migliore delle ipotesi, ha una validità e una legittimità nel titolo dell'investitura, ma non la ha e non la dà e non assicura nell'esercizio del potere, una volta conferito. Perché? Non, se volete, per la mala fede, per la cattiva volontà dell'investito, ma perché questo si trova di fatto sottoposto, dopo il momento elettorale, ad una serie incoercibile di pressioni e di sollecitazioni: e, badate bene, non sollecitazioni che si fanno salendo i Ministeri, che sono forse le più aperte e sono quelle più chiare che si possono anche meglio fronteggiare e alle quali è piu facile resistere, pressioni e sollecitazioni, invece, esercitate precisamente dai fatti della società economica, sottostante all'ordinamento giuridico, ma dominante l'ordinamento politico, l'ordinamento giuridico. Ora, per effettuare questa legittimazione permanente del suffragio universale che vada oltre il momento del titolo dell'investitura e sia un elemento permanente, a mio modesto awiso (perché qui credo che tutto sia tremendamente opinabile, e - lo dico ora che sono quasi alla fine tal che la frase non è piu di convenienza - perché è con tremenda trepidazione che io questa mattina ho parlato davanti a tanti maestri amati e rispettati), a mio modesto awiso, dunque, per effettuare questo processo di autenticazione della rappresentatività degli organi supremi dello Stato, di autenticazione non puntuale nel momento elettorale ma di autenticazione permanente, ci sono due false soluzioni, per lo meno due soluzioni che hanno aspetti di falso. Il corporativismo del prof. Cameluttf Una è la soluzione di cui ancora di recente il prof. Carnelutti, nostro illustre Presidente, ha avuto occasione di occuparsi accennandone in una • lettera • pubblicata sulla rivista Pagine libere: la soluzione corporativa. Giustamente si è reagito all'espressione che era stata usata da chi precedentemente si era occupato di questo problema, e cioè all'espressione troppo semplicistica: • la formula corporativa è ipso facto apportatrice della pace sociale •. Giustamente si è reagito a questa che era quasi una banalità. E acutamente, quindi, nell'iter di questa reazione si è scritto: • Il corporativismo è un metodo, non un programma. Il corporativismo di per sé non è né progressista né conservatore, né rosso né nero, né destro né sinistro. E' solo un metodo: anzi il solo metodo, il quale garantisca che l'andare da una parte o dall'altra corrisponde veramente alla volontà del popolo •. Si è poi specificato ulteriormente questo schema, sottolineando come la soluzione corporativa può consentire di superare quel bivio che viene proposto a questo povero Ercole che è lo Stato attuale. E cioè il bivio fra la legge e la sentenza: il bivio fra un comando generale, cosi
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