giovane critica - n. 34/35/36 - primavera 1973

106 nella sostanza dal lo Stato moderno. E questo ci consente di cogliere il terzo carattere del lo Stato moderno. Carattere che incide già più a fondo in quella che è la str'Uttura giuridica dello Stato stesso. E' il carattere che potremmo definire della immunità nell'ordinamento giuridico, e quindi della prevalenza sull'ordinamento giuridico della società economica e del potere economico. Nella storia di centocinquant'anni del lo Stato moderno una sola libertà risulta sempre sostanzialmente riconosciuta e garantita: la libertà di iniziativa privata e la proprietà degli strumenti di produzione: tanto più garantita quanto più grande, e perciò più potente, fosse la quantità di beni posseduti. Questo fonda nello Stato moderno, dicevo, una caratteristica immunità e quindi prevalenza del potere economico su ogni potere giuridico dello Stato. Come è awenuto questo? Cosf. Mentre lo Stato ha negato una propria consistenza, per esempio, alla famiglia, alla categoria professionale, cioè in genere a tutte le società intermedie, perché ha negato che esse si fondassero su elementi obiettivi e su leggi fisiche, biologiche, psicologiche essenzialmente legate alla natura delle cose, per contro ha sempre professato la naturalità del meccanismo economico, e perciò la immutabilità delle leggi economiche. La sola immutabilità che esso ha veramente riconosciuto. La sola immutabilità legata alla natura umana, di fronte alla quale lo Stato moderno ha piegato la sua sovranità. Perciò, mentre ha creduto che la forza del proprio diritto, la forza del proprio ordinamento giuridico, la sua cosiddetta universalità potesse prevalere su quella di qualsiasi altra società, ha ritenuto che la forza del proprio diritto non potesse vincere il meccanismo di una sola società: la società economica: intendendo per società economica quella che lhering definisce • l'organizzazione della soddisfazione dei bisogni umani assicurata mediante il salario •, o, come altri dice più genericamente, assicurata mediante lo scambio. E questa eccezione alla universalità dell'ordinamento giuridico statale viene mantenuta rigorosamente, e per di più giuridicamente, per lo meno fino alla prima guerra mondiale. Ecco cosa scriveva, quasi alla vigilia del la guerra, della prima guerra mondiale, il più originale dei pubblicisti francesi, Maurice Hauriou, puro spirito audace, come tutti sanno, e novatore a suo modo: • In sé, il fenomeno degli scambi e delle relazioni d'affari rientra sul lato logico dell'istituzione politica. Questa riposa sul potere, lo scambio riposa sul valore: due nozioni che sono eterogenee l'una all'altra. Da una parte il potere politico si esercita principalmente sugli uomini, accessoriamente sulle cose; al contrario il valore economico è principalmente una qualità delle cose e accessoriamente soltanto una qualità degli uomini. Di più, il commercio degli scambi ha una tendenza invincibile a extravasarsi; esso non si arresta all'interno di una determinata nazione; è essenzialmente internazionale, ha anch'esso le sue sfere territoriali, ma esse non coincidono con le frontiere politiche: sono i mercati •. Dopo parole cosi lucide e sincere sino al candore, sino alla ingenuità, non potremo più qualificare in tutto calunniosa l'analisi marxista delle istituzioni borghesi. Espressamente, e in termini tecnico-giuridici, viene fondata e giustificata, come si vede, l'immunità della società e del potere economici. Ma c'è di più: l'immunità dal potere statale diviene facilmente prevalenza e predominio sul potere statale. Attraverso quali vie? Attraverso molte strade che si riassumono però tutte, da un punto di vista tecnicogiuridico, nella costituzione di un ius singulare, di un diritto privilegiato per i detentori degli strumenti di produzione. Un illustre civilista di Francia, il Ripert, che ha scritto, com'è noto, all'indomani dell'ultima guerra un libro sugli aspetti giuridici del capitalismo - e si noti con una ispirazione francamente capitalista (su questo non vi è nessun dubbio) - poggia tutta la sua costruzione su questo rilievo ancora una volta candido e sincero: • Il capitalismo si è detto liberale perché è nato sotto il segno della libertà e perché giudica utile vivervi. Ma se esso avesse dovuto accontentarsi del diritto comune, non avrebbe potuto svilupparsi. Se il legislatore non gli avesse dato o permesso di prendersi mezzi propri alla concentrazione e allo sfruttamento dei capitali, non avrebbe potuto svilupparsi. Il diritto comune non gli bastava, perciò esso ha creato Il suo diritto •.

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