giovane critica - n. 34/35/36 - primavera 1973

Giuseppe Dossetti aprile 1951 Lo Stato moderno abbisognadei '' liturgici di Dio,, Si tratta dell'Intervento di Dossettl al Convegno dei giuristi cattollcl. Ne pubblichiamo la gran parte, data la sua eccezionale levatura intellettuale e morale. Il titolo, ovviamente, è redazionale. Lo stesso dicasi del sottotitoli. Dicevo che anzitutto preme qui renderci brevemente conto di quali siano i caratteri dello Stato moderno, ricavati da quelle sorgenti che abbiamo sommariamente indicato. C'è un primo carattere fondamentale, che è questo: la mancanza deliberata e programmatica (in ogni caso, anche nelle ultime manifestazioni, anche in quelle che sembran0 tanto discostarsi dallo Stato liberale ed agnostico) di un finalismo dello Stato e dell'ordinamento giuridico dello Stato. Lo Stato moderno non ha uno scopo; il suo ordinamento giuridico non ha uno scopo. Questo non esserci uno scopo dello Stato e del suo ordinamento giuridico può avere, ed ha di fatto avuto, nella successione degli ultimi centocinquanta anni, due significati: a) per il primo significato, lo Stato e l'ordinamento giuridico non hanno un proprio scopo; non hanno fine se non nei molteplici infiniti fini dei singoli componenti; b) per il secondo significato, lo Stato e l'ordinamento giuridico non hanno altro scopo fuori che se stessi: esso Stato, esso ordinamento giuridico; non hanno cioè altro scopo che la propria ipostasi. I due significati sono, nella serie delle implicazioni del pensiero e della prassi moderna, entrambi inevitabili: e si sono realizzati entrambi per una progressione fatale che ha fatto del primo soltanto una tappa verso i I secondo. Nell'ambito del primo significato si ha lo Stato, come è ovvio, a regime cosiddetto liberale; a struttura, almeno dopo l'estensione universale del suffragio, di democrazia formale; e di solito, almeno nel continente europeo, a sistema di governo parlamentare. Lo Stato a regime liberale comunque strutturato ha avuto sempre come caratteristica questa: di presumere che la sua funzione sia soltanto la pura produzione del diritto obiettivo, come norma o come atto di interpretazione della norma o come atto di applicazione di essa; la pura produzione del diritto obiettivo sempre come pura volontà generale di garanzia estrinseca dei singoli componenti. Cioè come volontà vuota di contenuto. Vuota di un contenuto che sia identificabile in un determinato bene storico, concreto, che sia tappa o modalità storica concreta del bonum humanum simpliciter. E ciò perché lo Stato a regime liberale presume di non poter assumere a scopo altro che gli infiniti scopi dei singoli membri o almeno quelli fra essi che troppo visibilmente non si elidano a vicenda, cioè non distruggano o intacchino la mera convivenza. Nell'ambito del secondo significato (verso il quale, dicevo, il primo significato è tappa) si ha lo Stato a regime totalitario, comunque strutturato; e cioè con struttura oligarchica o democratica o corporativa o socialista. Stato il quale si può dire non abbia ancora scopo, almeno fuori di sè, e cioè nel bene concreto di tutti i singoli componenti, perché assume il proprio essere collettivo come scopo, come vera ipostasi. Tale Stato non ha piu soltanto la funzione della produzione del diritto obiettivo come mera garanzia di convivenza, ma è esso stesso non solo il diritto, ma il giusto, non solo il ius ma il iustum, cioè il vero e l'assoluto. Lo Stato panteista, lo Stato del nazionalismo imperialista al quale gli ultimi decenni si rivolgono da quando, manifestatasi la crisi dello Stato liberale, invece di pensare che tale crisi sia dovuta al fatto che lo Stato non si propone il fine che si dovrebbe porre e non adempie alla sua funzione, si presume che tale crisi sia effetto solo di Insufficienza di spazio vitale, Insufficienza da compensare non con l'adempiere alla vera funzione dello Stato, cioè il promovimento del bene umano completo del componenti, ma con la potenza e la conquista di territori coloniali prima, di altri Stati storici poi.

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