giovane critica - n. 33 - inverno 1973

36 interventi, però, operando non sulla logica di fondo del sistema, ma solo sugli epifenomeni, hanno necessariamente effetti superficiali e non radicalmente correttivi: ad esempio, la politica del credito agevolato o ha finanziato grossi complessi industriali (di origine esterna) che non avevano bisogno di • regali • e che non potevano essere. per quanto già detto, il motore dello sviluppo del Sud. o ha artificialmente perpetuato l'esistenza di piccole imprese, destinate altrimenti a scomparire e quindi certamente incapaci di dar luogo ad un processo espansivo. Per queste ultime, dunque, piu che una funzione di sviluppo, la politica del credito agevolato ha avuto una funzione di • salvataggio •, spinta talvolta tino al punto di sostituire completamente. di fatto. all'iniziativa privata quella pubblica, come prova il caso dell'industria salernitana del legno per la quale i finanziamenti concessi superano del 53% gli investimenti. Ma. nonostante ciò, il 7% delle imprese salernitane finanziate nel decennio '60-'69 è fallito, mentre d'altra parte l'occupazione industriale, pur con i 92 miliardi erogati in tale periodo dall'lsveimer, è aumentata di poche migliaia di unità, andate perse. poi, con la crisi degli anni successivi. L'incapacità della politica del credito agevolato di imporre un diverso meccanismo di sviluppo appare anche se si considera che la zona • centrale • del salernitano. il Nord-Ovest. che copre un dodicesimo del territorio della provincia, ha ottenuto crediti dieci volte superiori a quelli della zona marginale: una simile politica, tutta al di dentro della logica di sviluppo squilibrato del sistema, non poteva produrre altri effetti. E' dunque piu che normale la situazione sostanzialmente stazionaria dell'economia salernitana, per la quale l'intervento statale si è tradotto o nella sopravvivenza di una precaria industria locale o nell'insediamento di qualche industria esterna. che ha portato industrializzazione, ma non sviluppo•; eppure Salerno rappresenta nel Sud già un'isola di • felicità e di progresso • se si considera che invece il Mezzogiorno nel suo complesso ha perso, nel periodo '67-'69. 50.000 posti nell'industria, nonostante gli investimenti fatti•. Bonazzi, Bagnasco e Casillo, per dare un quadro completo di Salerno, svolgono anche un'indagine sul mondo politico di questa provincia, indagine di particolare Interesse data l'enorme influenza che il potere politico ha. per quanto detto, sulla struttura economica e sociale di una realtà sottosviluppata 0 • Nel compiere questa indagine essi hanno anche intervistato molti uomini politici ed è significativo che la grande maggioranza di questi, anche se collocati nell'area di centro-sinistra, abbia dato un giudizio molto severo della politica meridionalistica. È altrettanto significativo, però, che quasi il 25% di tali politici - la percentuale è la stessa fra quelli di centro-sinistra e quelli di sinistra - l'abbia giudicata nonostante tutto, • importante •. Questa affermazione. provenendo anche da esponenti della sinistra. mostra chiaramente infatti che la risposta ai problemi posti dal sottosviluppo, se è impossibile per coloro che la cerchino in una • correzione • del sistema, non è facile neanche per quelli che la vedono nell'imposizione di una logica di sviluppo diversa da quella del capitale. Ne è significativo esempio proprio Salerno, dove, nonostante che in piu del 70% delle fabbriche i salari siano sotto i minimi contrattuali o che la retribuzione per il lavoro a domicilio non superi le L. 25.000 mensili e quella dei metalmeccanici le L. 60.000, la forza del movimento operaio è assai modesta: basti pensare che nell'85% delle imprese, col 61,3% della manodopera, non esistono né la commissione interna né i delegati; o ancora. che 1'83,2% delle imprese. col 53.4% delle maestranze, non ha mai visto uno sciopero, nemmeno nell'autunno caldo, mentre un altro 15,8% di imprese. col 37,9% degli operai, ha conosciuto rare e brevi agitazioni; solo nell'1 % delle imprese, coll'8,7% della manodopera, vi sono stati scioperi di un certo rilievo, dovuti, però, per lo piu, al pericolo di una chiusura della fabbrica. Ebbene, questi dati, mostrando come la realtà italiana non sia solo quella della Fiat o della Pirelli, dovrebbero far riflettere sulle difficoltà reali della lotta di classe e sui rischi di volontaristiche fughe in avanti. ' Uno dei rari esempi di libro su una specifica situazione di sottosviluppo (E. Hytten e M. Marchioni, Gela: una storia meridionale. Industrializzazione senza sviluppo, Milano, Franco Angeli Ed.) prova chiaramente quanto si è detto. La tesi del saggio, Infatti, appare enunciata, più che dimostrata con dati economici e sociologici e, pur se sostanzialmente esatta, rimane un'intuizione preposta all'indagine e praticamente tutta contenuta nel titolo del libro. ' Riguardo a queste Industrie a carattere non locale è Importante rilevare che molte sono

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