giovane critica - n. 33 - inverno 1973

Chi scrive non pensa. a differenza di Zamarin-Gasparazzo, che se I dirigenti sindacali si siedono ·a trattare con la contro• parte padronale, commettono peccato di lesa classe operaia. Chi scrive non pensa che Gasparazzo e I suoi compagni siano muniti di un potere sacro che salverà la società. Chi scrive non pensa che la soluzione dei nostri problemi politici stia nell'assommare un corteo a uno sciopero, a un altro corteo, a una manifestazione, oggi coi braccianti, domani col chimici, doman l'altro studenti e operai uniti nella lotta. Chi scrive è un riformista mentre Gasparazzo è un rivoluzionario. A differenza di altri • rivoluzionari • formato Piazza Navona, Zamarin viveva in coerenza con le sue idee. Non una lira in tasca, senza mai firmare un suo pezzo. E non finiva il suo lavoro ad ispirazione consumata. No. Prendeva la macchina e andava a distribuire il suo giornale. Anche di notte. Perché i giornali poveri hanno difficoltà atroci nella distribuzione; perché le idee povere hanno scarso diritto di cittadinanza nei sistemi di comunicazione moderna. E di notte Zamarin è morto. Forse gli è stata fatale l'ansia di arrivare in tempo, come quel suo Gasparazzo vivo e autentico, che suda, corre, scappa, chiede un po' di conforto alle • belle di notte • ma, tariffa oblige, finisce col ricorrere al conforto di un qualche • cinesex • a L. 500. Altri Gasparazzo, tanti, rimangono in vita. E se la nostra società non desse risposta al loro problemi, una risposta che non potrà non essere diversa da quella in cui credeva Zamarin, andremo incontro a un collasso politico, a una vera e propria crisi di civiltà. Luigi Covatta LJitinerario della sinistra cattolica Caro Giampiero, quando mi hai chiesto di scrivere sulla fine del MPL, pensavo di cavarmela con poco. Essendo stato testimone e partecipe di tutte le vicende di questa esperienza, pensavo che bastassero poche battute per descriverne la parabola. Mettendomi a lavorare, invece, mi sono reso conto dell'estrema difficoltà del compito. Può darsi che mi manchino fa. coltà di sintesi, specialmente quando si tratta di descrivere un processo che ha rappresentato i dieci anni piu significativi della mia vita. Ma può darsi pure che la difficoltà sia oggettiva. L'atteggiamento col quale mi sono messo a scrivere è quello dell'autocritica, evidentemente. Ciò non toglie che certe ricostruzioni critiche dell'esperienza che ho vissuto ml sono sembrate intollerabilmente superficiali. Per questo, forse, ho cercato di raccontare quanti piu fatti è possibile: anche considerando che l'intollerabilità delle critiche esterne era direttamente proporzionale all'ideologismo da cui erano ispirate. Mi è sembrato, in questo modo, di inserirmi anche nella riflessione che Giovane critica va conducendo sulla vicenda della nostra generazione: una riflessione che - se vuole essere produttiva - deve essere condotta sui fatti, anche perché di idee nuove - nonostante la presunzione - la nostra generazione ne ha prodotte poche. Ma c'è un motivo di plu che mi costringe ad essere prolisso, e a rievocare tanti antecedenti storici per giustificare la manciata di voti che abbiamo ottenuto Il maledetto 7 di maggio del 1972. E' che questo mondo cattolico che bene o male detiene il potere da oltre venticinque anni nel nostro paese è un mondo relativamente sconosciuto per chi non ne è partecipe. E anche chi ne è partecipe dimentica volentieri la sua storia,

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