12 strative, mentre la determinazione di alcune scelte fondamentali veniva lasciata al mercato, alla concorrenza, alle competizioni con altri gruppi. Noi oggi abbiamo non soltanto scontato il modo in cui è stata fatta l'operazione della nazionalizzazione dell'energia elettrica, ma abbiamo scontato il fatto che l'Eni, l'lri, l'Efim e anche l'lmi, anche se hanno avuto un ruolo abbastanza importante per sostenere l'attuale tipo di sviluppo, non hanno avuto nessun ruolo nel tentare di modificarlo e di orientarlo verso nuove scelte. In definitiva all'interno degli stessi gruppi delle Partecipazioni statali hanno finito spesso per dominare scelte finanziarie, di potere e non di strategia industriale. Non solo non abbiamo avuto una determinazione realmente pubblica delle scelte ma all'interno stesso dell'lri, per il suo carattere di conglomerato, dell'Eni, per problemi di competizione, hanno finito per prevalere nelle scelte momenti finanziari e anche momenti di potere. Di ciò va tenuto conto per riformare il sistema delle Partecipazioni statali: non per togliere efficienza e autonomia di gestione alle aziende, ma per subordinarle realmente ad un piano definitivo in sede politica per ciò che riguarda le grandi scelte. Piu volte noi abbiamo detto che in Italia non sono tanto necessarie nuove nazionalizzazioni quanto l'efficiente e democratico funzionamento di quel che è già pubblico, e ciò si può ottenere con la riforma delle Partecipazioni statali. Questo potente strumento ci può davvero aiutare a modificare il meccanismo di sviluppo, e ad orientare l'economia italiana in modo diverso dando alla programmazione delle possibilità che non esistono negli altri paesi occidentali. Questi strumenti vengono usati oggi molto male. Non solo il parlamento ma nemmeno l'esecutivo ha mai fatto delle scelte consapevoli per quanto riguarda l'indirizzo delle Partecipazioni statali. Sono le singole imprese che trasmettono le loro scelte all'ente e questo, a sua volta, le strasmette al ministero. Questa è la realtà. D. In effetti gli investimenti dell'lri e dell'Eni hanno salvato in alcuni periodi, di depressione, il sistema economico; ma non c'è dubbio che in altri momenti c'è stato un loro orientamento non del tutto comprensibile. Ciò, ad esempio, secondo alcuni economisti, sarebbe avvenuto negli anni successivi alla crisi del '63-'64. Sono molte le scelte e gli orientamenti non comprensibili dell'lri e dell'Eni dal punto di vista degli obiettivi di una ripresa qualificata: Mezzogiorno, agricoltura, livelli e qualità dell'occupazione, ruolo e condizione della classe operaia. Quindi bisogna fare una riflessione molto approfondita sul modo con cui sono diretti gli strumenti dell'intervento pubblico, sia gli strumenti del credito e piu in generale finanziari, sia le aziende pubbliche, sia le aziende a partecipazion statale. Il punto di partenza di questo ripensamento è che non si tratta di perdere determinate caratteristiche di efficienza e di imprenditorialità, ma di tenere ferme quelle che rendono pubblica un'azienda. Quel che rende pubblica un'azienda, ripeto, non è tanto il fatto che c'è un misto di mercato e di momento amministrativo (perché qualsiasi piccola azienda dipende dalla legge 614, dalla Cassa per il Mezzogiorno, da un finanziamento pubblico, da un incentivo o da un'autorizzazione) quanto il fatto che essa è subordinata ad un soggetto pubblico per la determinazione dell'indirizzo dell'attività economica. Qui si tratta di stabilire innanzitutto qual è questo soggetto pubblico e quali garanzie di democraticità esso è in grado di dare. Ciò presuppone e porta con sé tutto il discorso sulla democrazia, sullo Stato, sulle regioni, sui centri reali di decisione, sulla partecipazione dal basso sugli stessi poteri reali dell'esecutivo. Dall'altra parte bisogna stabilire quale deve essere e come deve esplicarsi questa determinazione pubblica e quindi delineare momenti di sintesi e di coordinamento affinché non si abbia la dispersione ma la cospirazione verso quelle scelte che vengono indicate come prioritarie. D. Veniamo adesso al settore della politica del credito e piii in generale della politica finanziaria e monetaria, tenendo conto di un fatto fondamentale e cioè che si tratta di un settore teoricamente controllato dallo Stato. Non si può dire che il PCI, e anche le altre forze di sinistra, si siano soffermate su questo problema con la dovuta attenzione. Avete si portato avanti una critica serrata, ad esempio, della politica monetaria di Carll, ma non siete andati oltre la polemica.
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