giovane critica - n. 31/32 - autunno 1972

40 italiano nel corso del l'ultimo secolo, di cui ho accennato sopra. L'anima del socialismo ha trovato con questa operazione una reincarnazione motivata e legittima. Proponendosi in definitiva come tale (cioè, ancora una volta, come l'attuazione di un desiderio reazionario da piccolo-borghese) evidentemente il centro-sinistra si accinge ad amministrare ancora meglio l'arma abbastanza subdola ma altrettanto efficace dell'offerta, dell'agile attrazione economica (che ora la disponibilità governativa gli propone). della piccola corruzione, ma soprattutto del l'offerta di una sistemazione onesta (cioè non compromissoria ai fini politici) che ponga termine ai lunghi errori (o ai viaggi) della mia, della tua vita tormentata. I remi in barca. Contro tali insinuazioni occorrerà fissarsi in un diniego compiuto con durezza; non al livello di un moralismo risentito, ma per consapevolezza politica che il lavoro da compiere conduce inevitabilmente (o inarrestabilmente) dalla parte opposta, e con una certa decisione della violenza. Bisogna anche menare le mani. Se non si è determinata ancora una • situazione rivoluzionaria •, è altrettanto vero che non ci si può smarrire (perdendo ogni occasione) nella continuazione (o contemplazione) dei pianti, inesistenti ai fini pragmatici, con cui le minoranze protestatarie (• i pidocchi del leone • secondo la definizione gramsciana) hanno condito gli scontri inevitabili e gli • inevitabili • errori di questi anni, sempre più appartandosi in un secessionismo patologico, che ogni volta appariva più estenuato ed estenuante, periferico, bizantino. Occorre dare un significato all'opposizione politico-ideologica, non esautorandola alla periferia, ma innestandola in un continuo rapporto con il centro intorno al quale si muove la lotta operaia in Italia: il partito comunista. Da parecchi anni, una errata tattica di alternativa governativa, o addirittura di • assunzione • governativa, un !egalitarismo tattico che alle volte si colora di significati decisamente riformistici (e di sensi angelici o apologetici l hanno profondamente deluso o turbato quanti si attendono dalla lotta politica del Pci non solo propositi definiti, indicazioni di obiettivi ma soprattutto un più franco, spietato, meno particolaristico operare - che ricarichi le coscienze. muova le Idee e offra alternative concrete, sostanziate dalle argomentazioni. Le sfumature, le cosi dette sfumature che autunno 1966 inebriano i politici, si raccolgano in mazzo per i tavoli delle cancellerie • tradizionali •. Dunque è giusto muovere in questa direzione la lotta, ma dentro questo partito o con questo partito, e non riducendo l'opposizione (ancora una volta) a un tabulare di naufraghi, a un ripiegamento all'isolamento individualistico e in definitiva misticheggiante. Un partito è una forza; è le sue bandiere - cioè è la retorica di se stesso - ma è anche le sue tipografie, le testate dei giornali, le sue sedi, i suoi voti, è la sua lotta in Parlamento, la sua presenza nelle piazze, è la forza dei suoi voti, è la fiducia (o la possibile fiducia) che esprime. Certamente ora, e siamo un po' tutti d'accordo, più che appartenere ai giovani, e quindi apparire dinamico, appare ed è in effetti condizionato dai grigi marpioni della generazione di mezzo, che comunque attestata, in occidente o in oriente, a destra e a manca, ha più spesso scandalizzato cielo e terra con i contorsionismi imprevedibili e i tatticismi ormai esautorati dalla sua incerta coscienza. Ma con questo partito, e non fuori per indifferenza e soprattutto non contro per quella faziosità municipale che sopravviene, ma contro di esso per esso, bisogna fare i conti. Conviene dissentire come dissentiamo, con decisione nelle idee e con la convinzione di essere comunque, nel giusto; ma senza mortificare questa presunzione di parziale verità con la rinuncia alla presenza politica - che è un vivere o procedere nella melma - per l'idillio, sia pure doloroso. che si consuma nel lido deserto. Non è tempo da talpe, per chi si crea con una certa beatitudine il proprio cantuccio da talpa. La storia recente, che ha espresso uomini ammirevoli, è costellata dalle lapidi di cercatori sperdutisi e morti in solitudine. Ormai che farcene dei martiri? i quali appartengono alla protostoria dei movimenti operai, alle epoche del grande gelo. E' urgente, invece, ottenere fuori dai verba (cosi preziosi sulle labbra dei teorici da salotto) dei risultati, o alcuni risultati intanto. Carta canta. Ed ecco questo semplice discorso portato avanti con la dichiarazione e la ricognizione di avvenimenti della cronaca (che ci sovrasta) si lega un poco al suo avvio, all'inizio. Proprio perché dobbiamo procurare di aver fiducia nella volontà di • cambiare • il mondo - cioè di renderlo, facendolo, diverso - dobbiamo cercare di abituarci a scambiare (o

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