in ultimo manifestate con chiarezza dopo l'equivoca nebulosità in cui erano custodite e difese dall'alchimia delle segreterie politiche; ma per ,la prima volta dopo la scissione del ventuno (gli uni fermi al teatro Goldoni, gli altri avviati cantando al teatro San Marco) il gemellaggio odioamore che altrettanto equivocamente ma, occorre riconoscerlo, legittimamente, aveva contraddistinto i rapporti fra il partito socialista e il partito comunista, si scioglie e ciascun membro s'avvia a compiere le proprie azioni con l'autonomia, è da sperare, che nasce dalla convinzione di un definitivo • sganciamento •: azioni contrastanti, o cosi dovrebbe essere. Come si è ripetuto più volte da varie parti, una condizione sostanziale a tutto il socialismo italiano nella sua lunga storia, è stata (sempre) l'istanza riformista; in altre parole, la nostalgia; meglio: la concupiscenza del potere. Una nostalgia della legalità che distingueva, se non tutti, molti dei borghesi infervorati che guidavano o erano alle cime del partito; un rispetto, o più esattamente, un timore rispettoso per le istituzioni, o per certe istituzioni; o per ciò che alcune di queste rappresentavano; ad esempio: la monarchia. Li contraddistingueva un intuizionismo abbastanza generico, piuttosto che le convinzioni precise, per le novità problematiche o per l'avventura di certe realizzazioni (o applicazioni) pratiche; una euforia dell'intelligenza che scambiava piuttosto il progresso con una sorta di palingenesi sociale da attingere • cruentemente • e poi la mescolanza, dentro ad ogni speranza (o ad ogni progetto) di rinnovamento, di umori tradizionali, di paure piccolo-borghesi, di oscuri o pacifici • trasalimenti • familiari (domestici) che impedivano di risolvere: e un rigurgito di tabù mai espunti fino In fondo, che nascevano - o si proponevano - dalla lunga e complicata (inasprita) esperienza risorgimentale. Espressione del rivoluzionarismo occidentale (quindi della parte politicamente più • evoluta •• della media borghesia), Il socialismo italiano è stato in effetti barricadiero ma non rivoluzionarlo (• ora i socialisti, posti ancora di fronte alla storia, hanno confermato la loro Incapacità ad organizzare la classe operala In classe dominante • Gramsci); contraddltore ma non eversore, Impegnato a contrastare I singoli Istituti ma col residuo di un'ultima timorata paura nel confronti dello Stato (ml riferisco 37 alla conduzione del partito, al tipo di questa conduzione e alle attitudini dei vari personaggi - i vari Grandolini - illustrati dalla iconografia). Soprattutto il socialismo italiano è stato. e tale è rimasto, rustico e contadino nelle sue propaggini di base: dunque (piuttosto) improvvisatore e sentimentale, isterico con qualche rancore - e intendo dire che le reazioni episodiche di contrasto e di violenza mi sembra che fossero determinate da contingenze quotidiane immediate piuttosto che da un programma di lotta, da una tattica elaborata. Violento, ma di una violenza rapida (che si esauriva), agiva con e dietro la spinta dei singoli più che con l'accordo dei gruppi o di gruppo; sempre al Iimite della dissidenza anarcoide e di un utopismo rivoluzionaristico che frazionava anziché radunare i gruppi che s'arrabbattavano a organizzarsi. Non bisogna dimenticare che proprio nelle campagne il fascismo con le sue squadracce ebbe il sopravvento, riuscendo a incunearsi e a prevalere; riuscendo cioè ad avere la meglio dopo episodi (tragici) di forza. di violenza e con gli assassinii perpetrati dietro agguati - e finendo in questo modo per condizionare la situazione politica anche altrove. Fu nelle campagne che il fascismo si scontrò col socialismo; e vinse non per timore o resa degli avversari - i militanti si batterono e morirono, col coraggio tranquillo e tuttavia feroce dei popolani - ma perché non riusci mai a darsi un'organizzazione meno frazionata, più rigidamente militare, mobile, quale il momento richiedeva. Gli uomini seppero battersi bene e fino In fondo; ma non riuscirono a intendere in che modo ci si doveva battere, quali fossero gli obiettivi meno generali e più probabili, e la qualità e modalità del sacrificio (che restarono ancora quarantottesche). A una guerra civile (o a un proposito abbastanza spietato di guerra civile) opposero soltanto la violenza che si difendeva. Patirono nell'azione Il timore dei capi (• i mandarini della Confederazione •, come li definì Gramsci) e la loro preoccupazione delle conseguenze estreme: • I dirigenti confederali hanno respinto la proposta perché sono nemici di ogni azione decisiva, perché sono del controrivoluzionari, perché hanno paura delle conseguenze di un movimento schiettamente proletario. Sono smascherati. Il tradimento è palese. Gli operai e i
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