I testi q11i pubblicati sono traili dai numeri 1-18, oggi tu/li esauriti, di Giovane critica. La liratura media dei nn. 1-17 fu di 1000 copie. li n. 18 venne tirato in 2500 coP.ie. La vendita attuale di Giovane critica è sulle 3000 copie. 1 nn. 1-6 ebbero una diffusione esclusivamente locale e per abbonamento. Gli abbonati erano tutti interessati alla materia cinematografica.I nn. 7-1) vennero distribuiti a/Jraverso un'agenziache apparteneva a un futuro professore universitario. Lo implo111mmo. Lui, magnanimo, accel/Ò. Chiese un paio di versamenti anticipati, L. 140.000 in 111110. Dopo aver distribuito circa 5.000 copie, il professore ci inviò un assegno di L. 6.000 e rolli. In piU le librerie di tu/la /Ja/ia ci tempestavano di proteste perché non avevano la rivista. Minacciammo il professore. Ma non fummo gli unici, evidentemente, perché lui cambiò dri-:ticilio, di sera tardi. A cominciare dal n. 14 organizzammo alla buona e con t,rande sforzo un tessuto di distribuzione. Lo Libreria Feltrinelli di Roma vendé IO copie del n. 14; oggi vende 190 copie. Lo Libreria Hellas di Torino vendé 12 copie del n. 15-16; oggi vende 150 copie. Economicamente la rivista « tenne » perché il Centro Universitario Cinematografico,cui era originariamente collegata, versò un milione e forse qualcoseJta in piU. Inoltre dis-ponevamo di una discreta pubblicità locale; e di tre abbonamenti sostenitori, nello spazio di cinque anni. L'attrezzatura redazionale consisteva in uno schedario Buffe/li e in un telefono giallo. Le collaborazioni erano gratuite. E cosi pure il lavoro redazionale, in tutti i suoi aspe/li. A un collaboratore che viveva a Parigi e che stava per bai/ere il record europeo di digiuno inviammo qualche lira. A un altro, che ha firmato alcuni dei pezzi piU belli dell'antologia, consentimmo un rimborso in libri: da scegliere alla Feltrine/li di Milano. Ci scrisse, rosso dalla vergogna, che ne aveva pr1so u,ro un po' costoso. Nello scegliere i testi abbiamo alterato la fisionomia originaria della rivista. Per ragioni di spazio abbiamo dovuto omettere i saggi di Pio Balde/li sulla politica culturale, che pure caratterizzarono una stagione della rivista; i due saggi di Goffredo Fofi sul cinema e sul teatro del Fronte Popolare in Francia; lo studio di Mario Cannella sul neorealismo italiano. Abbiamo cercato di non pubblicare testi disponibili al, lettore moderno. Ad esempio quello di Franco Fortini sulla « fine dell'antifascismo ecc.» che ha avuto un'importanzaformativa determinante per noi. Un'eccezione a questo criterio è costituito dallo seri/lo di Edoarda Masi, oggi compreso nella TI edizione omp/iata di 11nsuo volumello einaudiano. Ma ci era necesrarioper allestare l'interesse della rivista per i falli della Repubblica Popolare Cinese. Interesse che, come è noto, ha caratierizzalo la generazione del '68. Non senza risvolti farseschi, purtroppo. Giampiero Mughini Dieci anni di milizia intellettuale tuttofare Dieci anni di « milizia intellettuale tuttofare» (l'espressione è di A. L. De Castris) non sono un'inezia. La qual cosa, di per sé, non autorizzerebbe il replay cli vecchie carte. Se non ci fosse di mezzo un elemento strettamente quantitativo: si tratta di materiale in grandissima parte inedito per l'attuale pubblico di Giovane critica, tre volte piu numeroso e completamente mutato. Chi sfogli le 200 pagine che seguono, stralciate da un lavoro editoriale che copre il periodo 1963-1968, non pensi trovarvi la rivendicazione di una qualche nostra primogenitura. Vi troverà solo, ma non è poco, uno specchio obliquo che rifrange le idee, le tensioni, le speranze di una generazione intellettuale. Una sorta di sintesi, culturalmente parlando, tra Lacerba e le riviste gobettiane; un pasticciaccio vitale, genuino, perché in quel modo lo vivemmo fin nel fondo delle nostre scelte personali. In politica eravamo operaisti; chi perché abitava a un tiro di schioppo dalla Fiat, chi perché aveva letto Mario Tronti. La concezione generale della Società, della Storia, i Fini ultimi ci straripavano da tutti i pori. Era un effetto di reazione, certo. Nel frattempo siamo andati mutando tutti, in questi dieci anni intendo. Se dovessi incontrare oggi alcuni di quei miei soci di generazione, accadrebbe come in un western: a chi estrae per primo la colt. Eravamo figli del '56. Muovemmo i primi passi in un rifiuto furibondo dell'esperienza staliniana. Ci parve dover tornare a Marx, alle fonti, come sempre accade quando una cultura ne aggredisce un'altra. E noi aggre-
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