giovane critica - n. 31/32 - autunno 1972

esasperare le situazioni per sentirle in profondità. Sembra pensare - con Baudelaire - che • l'uomo è veramente se stesso, nel bene come nel male, solo alla punta estremà della tensione • 2 • Bellocchio è un autore - o, se si preferisce, un narratore - drammatico. Non conosce abbandoni elegiaci, non è un • cor gentile •. Non ammette nella sua vita il tempo libero, la pausa spesso necessaria, non prova mai Il gusto di vivere una vacanza da se stesso. Non è un mondo a colori il suo. Si china su se stesso e sugli altri in modo impietoso, mai però avaro. E' un giovane freddo e fervido, severo fino all'intolleranza, tutto giocato sull'Intelligenza e sull'ostinato impegno (che assume caratteri di sfida a se stesso). Ha In vero e proprio orrore ogni atteggiamento passivo e rinunciatario, ha in odio la ripetizione o stati d'animo già sperimentati: non appena ciò si verifica, immediatamente amputa, in modo quasi brutale, quella zona di sé. Un fatto è certo per chi lo conosce, il suo prossimo film sarà diverso dal precedente. Con questo film Bellocchio ha chiuso definitivamente con la sua adolescenza o con quel che di adolescenziale che ancora permaneva in lui. Mi preme, In questi brevi e troppo schematici appunti, sottolineare un aspetto piuttosto ignorato di Bellocchio, cioè la sua attività poetica 3 • Si legga, ad esempio, una delle sue poesie migliori (• Colui che camminando soprapensiero accarezza la siepe di mortella/ne strappa un ramo/e proseguendo soprapenslero lo ripulisce delle foglie,/e se gli cade nella siepe Il piccolo ramo/si preoccupa di ricercarlo/ smarrito di non ritrovarlo/finché alza le spalle di non averlo trovato -/deve percorrere passi prima di dirsi di nuovo soprapensiero./11 ramo che non serve e ti fa smarrire,/Non per la siepe, né per il ramo,/ma per la tua vita sfiorata cosf soprapensiero./J, o altre poesie piu esistenziali e ambigue (scritte in prevalenza nel periodo trascorso a Londra) e si capisce come per Bellocchio scrivere poesie sia • un esercizio utile se si vuol fare un cinema stringato •. Bellocchio cerca le parole con accanimento e rigore, non di rado le inventa, molto spesso ne fa un uso personale. Mal però Indulge a sperimentalismi o a vuoti formalismi. Nelle sue poesie premono I contenuti, la ricerca stilistica è pressoché 27 assente. Altrettanto si può dire avvenga nel suo film, che è estraneo ad ogni preziosismo formale, a quelle ricerche calligrafiche e fatuamente eleganti oggi di moda tra una certa • avanguardia •. I pugni in tasca è, a mio avviso, veramente di avanguardia in Italia, nel senso cui allude Cases, perché mette • il dito sul punto dolente, sulla inadeguatezza dell'eredità umanistica a comprendere l'istanza del presente, sull'abisso che si scava sotto i piedi della civiltà • •. I pugni in tasca è tutto percorso da una sua gelida poesia. L'intento di estraniarsi dalla materia di cui tratta, di assumere nei suoi confronti un atteggiamento distaccato e ironico, non mi sembra del tutto realizzato dal regista. Persiste nello spettatore l'impressione di una sua partecipazione - anche se molto controllata • - alla vicenda di Alessandro. Bellocchio segue Alessandro con una sguardo limpido e feroce, ma a suo modo struggente. Certo la lezione di Brecht - autore che Bellocchio conosce e predilige - la si avverte continuamente, ma il soggetto del film mantiene una certa ambiguità di fondo. L'equivoco principale in cui sono caduti molti critici è che Bellocchio sia In posizione di violenta polemica, provocatoria e demistificante, con le sacre Istituzioni, i cosiddetti • valori • borghesi. Se cosi fosse, avrebbe ragione Argentieri di dichiarare che • dissacrare, smitizzare è compito di ogni artista che si rispetti, ma non sono sufficienti quattro battute infilate in bocca a un prete, un paio di gambe allungate su una bara, un tricolore gettato In terrazza o le copertine di un periodico parocchiale per abbattere I miti resistenti della famiglia, della patria e della religione. La tentazione dello sberleffo, della caricatura, dell'irriverenza beffarda piu che pungente suona scherzosa, venata di goliardia, ridotta a facile battutina, a riferimenti che di una complessa realtà colgono le movenze esteriori e gli aspetti orecchiabili • (Rinascita, 19 marzo 1966). Ma Argentieri non ha capito che Bellocchio non è cosf ingenuo da polemizzare con i • valori • tradizionali tramite gli sberleffi di Alessandro. Il film, come ho detto, analizza il comportamento di un adolescente, e tale comportamento comprende anche certe reazioni, sprovvedute infantili e di comodo, al mondo degli adulti. Il regista dà ben poco peso alle reazioni

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