giovane critica - n. 31/32 - autunno 1972

16 i I problema - posto da Lenin e da Gramsci - della necessaria mediazione dei due termini (cfr. Gli intellettuali e la organizzazione della cultura) e riducendoli, spesso, all'immanenza più pura, non possono non richiamare Rosa Luxemburg G, ciò sta senza dubbio nel fatto che, per lui, il proletariato resta, per definizione, la classe non integrata (• il proletariato si accampa fuori dalla città •, diceva già Auguste Comte, testimonio della sua apparizione), la classe antagonista e contestatrice 6 . Da qui la definizione del marxismo come •espressione di un processo rivoluzionario che si concluderà con la soppressione totale di quelle filosofie e di quelle scienze, parallelamente alla soppressione ideologica• (p. 103; neretti dell'A.). L'autonomia del marxismo come filosofia si raggiunge dunque a questo prezzo: assumere - sul piano filosofico - la posizione antagonista, perché rivoluzionaria, del proletariato nella società presente. Il proletariato - per parodiare una formula un po' invecchiata - è in questa società, senza essere di questa società. Esso è I altro sempre presente nel cuore dalla realtà, la messa in questione permanente della quotidianità di ciò che è, il soggetto anti-ontologico per eccellenza. Se si verifica, per esempio, un • risveglio apparente• (p. 101) della teoria marxista colla rivoluzione russa e nei primi anni dell'Internazionale Comunista, significa che si riprende finalmente coscienza dell'unità della teoria e della prassi o, per riprendere una formula contemporanea di Lukacs, dell'identità del soggetto e dell'oggetto: Lenin che, nel periodo della stagnazione seguita alla rivoluzione del 1905, aveva redatto Materialismo ed empiriocriticismo [ 1909], ritrova con Stato e Rivoluzione (1917], • la vera dottrina di Marx sullo Stato•', cosi, • il lato rivoluzionario della dottrina, la sua anima rivoluzionaria • 8 , - vale a dire: la dialettica. Esattamente come per Lukàcs, esattamente come per lo stesso Gramsci, il Lenin filosofo, è per Korsch il politico, il rivoluzionario, il teorico della dittatura del proletariato. Cosi il marxismo appare - e rimane: senza di che non è nulla - • il vasto insieme d'una teoria della rivoluzione sociale • (p. 93; neretto dell'A.). Questa duplice esigenza di totalità e di primavera 1965 autonomia si compie nella critica - e nel superamento - del revisionismo. Esattamente come in Lucaks. i I revisionismo è nella separazione, l'esplosione della totalità: la separazione che, secondo la formula di Marx, appare come il " mondo normale • della società capitalista 10 . Cosi, per Lukàcs, il ruolo del • marxismo ortodosso • o rivoluzionario è nella • lotta incessantemente rinnovata contro l'influenza pervertitrice delle forme del pensiero borghese sul pensiero del proletariato • ". Korsch, che una volta fa riferimento a Labriola (p. 27). ritrova a tale proposito alcuni temi di quest'ultimo 12 : • Il marxismo come sistema non si lascia dunque risolvere, anche nei suoi stessi fondatori, in una somma di discipline particolari, alle quali si aggiunga, dall'esterno, una utilizzazione pratica dei loro risultati • (p. 93): a tal riguardo si pensi, per esempio, al famoso • canone empirico• di Croce o, all'estremo opposto, al sociologismo e allo schematismo di un Bukharin (vedi p. 97 nota). Il marxismo, teoria scientifica ma non scienza, può esistere solo come teoria rivoluzionaria, espressione teorica dei còmpiti rivoluzionari • da assolvere nella pratica• (p. 100). li che non equivale a dire, tuttavia, che la teoria deve contentarsi di seguire la pratica: se è evidente che • il còmpito teorico nasce [ ...] dalle esigenze e dalle necessità della prassi rivoluzionaria• (p. 104), non è meno vero che, • nel periodo di transizione rivoluzionaria, quando il proletariato [ha già] conquistato il potere politico • (ibid.) la teoria non potrebbe arrestarsi - e stagnare, per riprendere un termine di Rosa luxemburg 13 - ma deve continuare a progredire, • non mediante un semplice ritorno, ma mediante uno sviluppo dialettico [e ridiventare] ciò che essa era per l'autore del Manifesto: una teoria della rivoluzione sociale che abbracci nella sua totalità tutti i campi della vita sociale • (ibid.; corsivi dell'A.). Il ritorno leninista alla • vera dottrina di Marx • non potrebbe dunque bastare - Korsch che scrive, rammentiamolo, nel 1923, ne è pienamente cosciente - a fondare o ad assicurare il progresso del marxismo: non più, indubbiamente, di quanto oggi il solo ritorno a Lenin (o a Trotskij) non basti a rimettere in movimento il marxismo come • teoria della rivoluzione sociale •.

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