176 lavoro. la solidarietà profonda che ne emana, sono commoventi. E' una musica, dice qualcuno. Ma che ci faccio io qui, si chiede un compagno greco che rischia l'estradizione e che non può certo rientrare in Grecia; e sta li come rapito e comincia a disselciare il pavé. Non è un gioco ripeto: tutti sappiamo cosa ci attende se le trattative attualmente in corso tra i dirigenti del movimento studentesco e le autorità accademiche falliscono. Non per niente è aumentata notevolmente la quantità di caschi, di scudi, di lenti antigas. Alcuni compagni circolano distribuendo zucchero, cioccolato, cognac, antidoti antigas. Si organizza il servizio di staffetta. Un compagno piu anziano, che non ha l'aria di essersi occupato durante la sua vita soltanto di giardinaggio artistico, sale su una vettura e dice: non so se vi insegno nulla ma i pavés si lanciano cosi (tenendone uno per mano, in modo da equilibrarsi al momento del lancio). Sono le 2 e la radio ci fa sapere che D. Cohn-Bendit e gli altri hanno abbandonato le trattative. Alle 2.15 si comincia: all'altezza del métro Luxembourg, a rue Gay Lussac. In quel momento sono in tutt'altro settore; dinnanzi a una barricata secondaria da dove avevano chiesto aiuti. Attraverso i transistor seguiamo la lotta. La prima barricata cede presto; la seconda tiene. Vado a raggiungere il punto focale della lotta. Quando vi arrivo la seconda barricata tiene ancora. Un enorme incendio sbarra la strada ai flic i quali innaffiano i nostri di gas. Le Monde del giorno successivo dirà che la polizia ha impiegato gas lagrimogeni, gas fumogeni, gas asfiassianti, granate offensive, granate incendiarie, gas al cloro (di fabbricazione Usa, impiegato nel Vietnam, che può essere mortale e sul quale non esiste alcuna tossicologia in Francia). I nostri compagni tengono sino al limite delle umane possibilità; alcuni di loro, al momento del rinculo, torneranno stravolti dai gas. Adesso è il nostro turno. Noi siamo nella zona che si rivela essere cruciale, un perimetro di quattro barricate. I flic non avanzano, impedendoci l'uso dei micidiali pavés, ma ci martellano con lanci di granate di ogni sorta. lo mi scelgo come amante una delle due barricate laterali. I flic si tengono a distanza limitandosi a tirare. Decidiamo di fare un contrattacco, primavera 1968 animato a gran lena dalla caratteristica voce di naso e di gola di un minuscolo vietnamita. I flic indietreggiano. Noi ci portiamo sino ad una quindicina di metri di distanza, riparati dietro un paio di macchine. I flic ci scaraventano addosso decine di granate, qualcuno dei compagni risponde loro a voce, insultandoli con amara ironia. Ma non si può tenere; rinculiamo dentro il perimetro dove la situazione si è fatta grave. Sono circa le 4 del mattino. Siamo circondati. Davanti a noi circa 300 Crs si preparano all'attacco; mandano avanti una pattuglia di tiratori che ci tempesta di granate. Le due barricate laterali hanno ceduto. Siamo • coincés •. Entriamo in massa dentro un portone; ci rifugiamo in una serie di appartamenti privati. Una buona dama ci accoglie in trenta. Sono le 4.15. Peccato che per noi la lotta sia finita cosi presto, mormoro al compagno che mi sta accanto nel buio dell'appartamento. Non è finita, mi risponde. Fuori continuano le detonazioni, violentissime. Sappiamo che ormai non dureranno a lungo. Alle 5 è pressoché finita. Ricominceremo. Per non creare grane alla nostra ospite usciamo dall'appartamento e andiamo sulla scala. 5 minuti dopo arrivano i flic. lo sono al quinto piano, con altri 5 o 6 compagni, celati in un corridoio laterale. I flic arrivano fino al quarto piano, frugando dappertutto. Dal quarto piano comincia la discesa dei nostri compagni e compagne acciuffati, discesa che deve essere stata assai lunga. Si odono i colpi violentissimi e le urla strazianti. di esseri spezzati. Scene e situazioni simili si ripetono in tutto il quartiere. E nessuno di noi aveva paura: ricominceremo. Alle 6.30 circa, uno dopo l'altro, abbandoniamo Il nostro covo. Ricominceremo, ci siamo detti lasciandoci (e gli altri erano uno studente dell'école normale, un tedesco, un giovane operaio venuto dalla banlieue che non conosceva bene I luoghi e che ho accompagnato al métro). Per le strade c'è un grande silenzio, che copre quelle immagini di rovina, eppure tali da destare una grande speranza. La popolazione del quartiere, che ci ha prestato un soccorso immenso, guarda e tace. Molti hanno compreso. Nel métro, per la prima volta nel mio soggiorno parigino,
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==