giovane critica - n. 31/32 - autunno 1972

150 mezzogiorno, e dall'altro ha dato forza - nel sistema stesso - a quei gruppi tecnicopolitici progressisti che oggi tentano di impostare e d'imporre linee di sviluppo piu coerenti ed • equilibrate •, una redistribuzione • piu europea • del reddito, e - ciò che è piu importante, in fin dei conti - il raggiungimento di livelli piu • razionali • ed omogenei di produttività sul piano nazionale 1 • Questa interpretazione delle lotte di massa del passato non pretende naturalmente di esaurire tutti i contenuti che quelle lotte hanno espresso, o che esse implicavano nella coscienza dei protagonisti veri: non a caso c'è anche una venatura di senso di superiorità nel termine • meridionalismo di protesta •, per quanto la valutazione che se ne dà per il passato sia, nella sostanza, positiva. nel senso che s'è detto. Il significato reale di tale interpretazione (come di ogni interpretazione di fatti passati) va dunque ricercato nelle ipotesi di lavoro che • i nuovi meridionalisti •, quelli • d'intervento •, enunciano e sottopongono alle forze politiche ed economiche, come programma per il futuro del mezzogiorno e del sistema economico nazionale nel suo complesso, in una prospettiva europea e dichiaratamente - almeno nel discorso dei piu chiari e scientificamente fondati - capitalistica 2 • La linea che i nuovi meridionalisti portano avanti all'interno della prospettiva programmatoria poggia su due punti fermi, che rappresentano i motivi comuni sottesi a discorsi che - quanto alla forma, alle misure specifiche d'intervento suggerite, agli obiettivi parziali considerati prioritari, eccetera - possono apparire anche estremamente diversi. 11primo di questi punti comuni è lo sforzo volto ad evitare che l'immissione delle regioni meridionali nella programmazione economica nazionale si traduca in una caduta della tensione meridionalistica. In pratica, ciò equivale a dire che, mentre da un lato anche in un paese capitalistico non è più pensabile che lo sviluppo economico delle aree meno sviluppate possa essere perseguito rifiutando l'adozione di forme • dirigistiche • che, per quanto parziali, tendano ad investire l'intero territorio nazionale, d'altra parte ciò non deve servire come cavallo di Troia, per far accettare la liquidazione delle forme d'intervento straorprimavera 1968 dinario e aggiuntivo di cui sono oggetto quelle aree. Il secondo punto, connesso strettamente a questo, ma assai piu ricco di implicazioni a livello politico pratico e ideologico, è il rifiuto d'una scomposizione della questione meridionale in problemi settoriali, riassorbibili dunque - ancora a livello nazionale - all'interno di diverse problematiche generai i, che per la logica stessa della propria impostazione ignorerebbero di fatto, o comunque sminuirebbero, il carattere di priorità e d'urgenza che si vuole mantenere alle esigenze di sviluppo del sud in quanto tale. Ciò riconduce tutti i • nuovi meridionalisti • - volenti o nolenti - a riaffermare a livello sociale un'interpretazione del sistema socio-economico italiano fondata sulla contrapposizione nord-sud, meridionali-settentrionali, di cui sono sottospecie (per quanto chiaramente in via di obsolescenza, anche se ancora sfruttate), le contrapposizioni industria-agricoltura, cittadini di prima e seconda classe, eccetera. E' forse superfluo dire che la maggior parte degli attuali dirigenti del partito comunista italiano e in particolare quelli che - nell'elaborazione della linea del partito - si propongono di rappresentare le esigenze del sud, ricadono perfettamente nella classe dei meridionalisti definibile in base a quei due punti fondamentali. Come s'è detto, ciò non significa che essi si identifichino perfettamente con tutti gli altri. i cosiddetti • borghesi • (i quali per altro, differiscono tra loro su molte questioni, anche non secondarie)•. Appare però abbastanza sintomatico che, almeno alla luce delle due esigenze di fondo elencate sopra, le scelte di classe che il partito compie, intese non come giustificazione ideologica, ma come scelta pratica degli obiettivi da perseguirsi e dei gruppi sociali a cui proporli, divengano sempre piu sfumate e piu • pluralistiche •, sempre meno discriminanti rispetto alla contraddizione di fondo della società capitalistica (la sua divisione in capitalisti e proletari, e l'impossibilità del capitale di ridurre la forza lavoro a semplice parte di sé, i cui comportamenti siano interamente deducibili e controllabili). sempre piu legate all'ipotesi di lungo raggio d'uno sviluppo economico capitalistico vittorioso

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