142 del consiglio operaio, a suo awiso, lasciata in seguito cadere da Gramsci e dal partito comunista. Vorrei discutere questa interpretazione di Bologna che ha l'ambizione di rappresentare non solo una chiave critica del periodo che esaminiamo ma anche una riproposta poi itica per l'attuale movimento operaio. La interpretazione-proposta di Sergio Bologna si colloca nella linea del gruppo di Classe Operaia ed è antecedente - forse anche cronologicamente, ma comunque non solo cronologicamente - all'autocritica da questo fatta che lo ha portato all'autoscioglimento come gruppo autonomo e al la sua ricomposizione come gruppo interno al partito. Se si hanno presenti, anche sommariamente, i momenti di elaborazione e di verifica storico-politica dati da Classe Operaia si vedrà come essi abbiano camminato sulle cime verticali della spontaneità e della creatività rivoluzionaria rappresentate storicamente dai momenti sublimi della Comune, del '17, dei Consigli e, negli anni '60, dalla • insubordinazione operaia • alla razionalizzazione, dallo • spontaneismo •, dalla ritenuta fine della delega della classe al partito. Viene cioè saltato il momento dell'organizzazione storica del movimento, viene quindi saltato il problema del recupero, del riutilizzo, della riclassificazione di questa realtà politica sociale e umana, degli istituti storici del movimento che sono gli aspetti strutturali della sua creatività e che rappresentano un organismo vivente di un processo continuo di circolazione e ricambio e che è mistificante confondere con un gruppo rigido di quadri o con i residuati e la vischiosità della tradizione che certamente ogni movimento di massa, e di masse ingenti. si porta dietro. Se non ci si dà questa concezione dialettico-unitaria del rapporto tra masse e organizzazione si costruiscono storie manichee con una • classe operaia • perennemente rivoluzionaria e d'altra parte una • burocrazia • sempre burocratica e pompi era. L'autocritica di Classe Operaia, il suo ritorno nel partito (che non è ancora salto al partito, qualunque sia il giudizio che si voglia poi dare a questo proposito) ha avuto primavera 1968 almeno questo significato, la presa di coscienza di una realtà che non è possibile ignorare, di una realtà che va utilizzata specie da chi le vuole Imprimere una organizzazione e una dinamica nuova. Anzi, se fosse possibile fermarsi su questo punto, proprio l'esame del movimento dei Consigli torinesi dimostrerebbe come esso abbia potuto nascere e sostenersi sulla riutilizzazione che fece degli strumenti storici della classe operaia attorno a una nuova visione del potere; dimostrerebbe come esso fu generato sulla spinta sovietica da quel tipo di intransigentismo torinese che la classe operaia aveva assorbito e convalidato nelle lotte nell'arco avanti e dopo la la guerra; come esso si sostenne sull'aiuto morale, politico e economico della Sezione socialista, della Fiom torinese, dell'Alleanza Cooperativa torinese conquistate all'orientamento ordinovista. Cioè proprio il movimento torinese dei consigli dimostra come gli strumenti tradizionali della lotta operaia, partito sindacato cooperazione, non possono essere semplicemente saltati, se non si vuole creare una spaccatura irrimediabile e politicamente sterile tra avanguardie e masse. Proprio il movimento torinese dei consigli dimostra come la preoccupazione maggiore di Gramsci alla vigilia della lotta dell'occupazione delle fabbriche fosse la frattura a livello nazionale tra il movimento torinese da una parte, e il partito e il sindacato chiusi l'uno nella sfera propagandistica ed elettorale e l'altro nel rivendicazionismo ed inoltre la frattura tra la spontaneità della lotta e la direzione politica. La debolezza del movimento torinese - non la sola ma certamente una delle principali ai fini del nostro discorso - consistette nel non aver avuto la forza e la capacità di porti come movimento nazionale, cioè di imprimere la nuova dinamica strutturale e politica non solo a un settore, per quanto importante, ma a tutta l'organizzazione nazionale del movimento operaio. Per cui se fu relativamente facile a Bordiga costituire una organizzazione autonoma di quadri a livello nazionale, quel partito di tipo settario cui puntava; fu invece. come ho detto, piu difficile sostanziare questa organizzazione volontaristica e burocratica prima con una base operaia e poi con un movimento di massa: infatti se Il movimento comunista fu per molti anni dopo la sua
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