giovane critica - n. 31/32 - autunno 1972

140 generosità paternalistica offerte dalle minerve della rivoluzione al movimento operaio nella sua attuale lotta, peccano appunto di intellettualismo e di idealismo, siano esse il frutto di pensamenti filologico-tecnocratici o di sperimentazioni sociali in vitro (o in corpore vili): sorvolano cioè su questa realtà storica organizzata che è o semplicemente ignorata o del tutto liquidata, con il risultato di degradare la ricerca teorica in ideologia mistificata; di avere una responsabilità nelle lentezze dello sviluppo del movimento permanentizzando la scissione tra avanguardie e partito. avanguardie e masse; con il risultato anche in alcuni casi di trasformarsi in aspetti ribellistici della crisi borghese, non nuovi, nei rancori della piccola borghesia intellettuale. Questa esigenza di un ancoraggio nella realtà storica e politica del movimento operaio è però più sentita oggi che non all'inizio della esplosione di quel fenomeno che poi si chiamò gruppo quando l'illusione del rapporto diretto con la • classe • sembrava una realtà immediatamente data e viene fuori proprio nella crisi del gruppismo sia nel la fase di guerra di posizione sia in quella della massificazione della rivolta, quando il minoritario non può né politicamente né organizzativamente tenere. Però non mi sembra che da parte delle avanguardia ci si ponga con responsabilità e realismo il problema del recupero e del riutilizzo ai nuovi livelli della lotta di questa realtà del movimento operaio, che da noi è massiccia e determinante, che non è una realtà brada e che pertanto richiede una metodologia unitaria verso le organizzazioni storiche. Mi sembra anzi che si sia più preoccupati di avere un pedigree teorico, un biglietto da visita con cui presentarsi. Si assiste allora a illuministici viaggi nelle nuove lcarie delle teorizzazioni internazionali, come pure alla fondazione di nuovi sperimentali colonie Cecilia. Brancolamenti alla ricerca di un punto cui aggrapparsi estremamente significativi del bisogno (per quanto solo illuministicamente espresso) di ancorarsi in una realtà che sia nella tradizione e nella organizzazione del movimento operaio internazionale. Questo legame è mancato da parte primavera 1968 del gruppo o da parte delle tendenze o da parte delle entranze (e la gestione di alcune oasi sperimentali non fanno testo perché non generalizzabili) e l'accentuarsi della loro vocazione verso il problema internazionale, più che particolare sensibilità per l'internazionalismo e capacità di apporto a una sua soluzione strategica unitaria, a me pare una fuga dai problemi reali sotto il pungolo della incapacità a risolverli sul piano della organizzazione politica. Il problema di un aggiornamento strategico e della nuova organizzazione funzionale alla classe operaia nella fabbrica moderna e in una situazione di egemonia monopolistica pone il problema della fondazione di una metodologia di classe nelle sue dimensioni retrospettive, teoriche e politiche. Dal '56 in poi molte sinistre hanno preteso alla candidatura di una egemonia strategica e ogni stagione politica ha avuto le sue mode e questa strada è un cimitero di velleitarismi e di illusioni costruite sul presupposto che il '56 o il '60 fossero frutti spontanei non maturati da forze implicite al movimento operaio. A circa dieci anni da quegli avvenimenti noi troviamo che la riscoperta e lo sviluppo nella ricerca teorica, nella ricerca della lotta e della organizzazione di una linea di politica unitaria di classe, possa essere considerato il risultato politico più avanzato e più originale che si è aggiunto al bagaglio di esperienze della lotta di classe in Italia. Riveste quindi, in sede critica, particolare importanza metodologica e politica, ripercorrere le tappe per cui dalla crisi del riformismo e dalle crepe del nazionalepopolare sono progressivamente riemersi gli ancoraggi teorico-politici della impostazione di una teoria e di una politica di classe. Al punto cui è ora questo processo non c'è solo una visione più critica delle difficoltà per il movimento di uscire dai limiti progressivi della lotta, non c'è solo una visione più meditata del gramscismo, non ci sono solo alcune indicazioni di lavoro teorico e di lavoro politico, ma ci sono quadri di nuova estrazione, c'è una nuova sperimentazione sociale e organizzativa, una diversa concezione del potere, un diverso modo quindi di intendere e di

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