giovane critica - n. 31/32 - autunno 1972

struttura sociale su qualsiasi azione particolare e Individuale, diventa problematico postulare conflitti strutturalmente Irrilevanti - quasi una trasposizione della divisione scientifica del lavoro sull'oggetto della conoscenza sociologica. Non convince poi affatto la supposizione che alcuni conflitti sociali di vastissime proporzioni, come le guerre, possano venir meglio lumeggiati psicologicamente che socialmente. Le reazioni psicologiche primarie dei singoli, siano essi i capi o i subalterni, sono Irrilevanti rispetto allo strapotere dei rapporti In cui essi si trovano inquadrati. Sono questi rapporti superindividuali che Impongono loro in larga misura certi atteggiamenti, anche se non è da sottovalutare il fatto che le tendenze oggettive non potrebbero imporsi in modo cosi terribile se non impegnassero anche la vita psichica contro gli interessi del viventi stessi. Ma nel campo storico la psicologia - in seguito alla reificazione delle Istituzioni - non è che un elemento secondario, tanto piii che i cosi spesso Invocati atteggiamenti e deviazioni del duci vengono, per motivi ideologici, soprawalutati all'eccesso. Perfino il dittatore, alla cui discrezione sono realmente affidate la vita e la morte dei sudditi, è, nelle sue decisioni politiche, condizionato dalle possibilità ed alternative con le quali è posto a confronto. Proprio l'osservazione psicologica dà adito alla supposizione che sia Il dittatore a porre al servizio di obbiettivi politici I suoi Istinti e non viceversa. La distinzione postulata da Dahrendorf di conflitti sociali strutturali da un lato e conflitti semplicemente psicologici dall'altro, permette un'elegante selezione pratica del materiate sociologico, ma rischia d'Ignorare dei fenomeni dal quali si possono ricavare Indizi socialmente essenziali. L'integrazione della lotta di classe nella concorrenza Istituzionalizzata di gruppi e partiti, motiva lo schema delle attuali teorie sul conflitti propense a riconoscere Il conflitto ma a disinnescarne contemporaneamente la carica. Coser traspone la tesi slmmeliana dell'effetto unificante del conflitto (tesi d'origine liberale che Simmel derivò dalla lotta della concorrenza economica) alle cosiddette società pluralistiche attuati. I conflitti fra I molteplici gruppi Interdipendenti hanno, 131 elidendosi a vicenda, la funzione di tener unito il sistema sociale e nel contempo di evitarne le calcificazioni 7 • Sotto sotto è stata recuperata la tesi di Spencer, secondo la quale l'Integrazione progressiva andrebbe a braccetto con una progressiva differenziazione. Nel frattempo però la quantità dell'Integrazione si è capovolta nella qualità contrarla, ha cioè impedito quella differenziazione vigorosa che s'era per la prima volta confermata nel libero sviluppo degli individui. L'apparente molteplicità di lotte ufficialmente stimolate (ma che si svolgono in effetti sotto lo stesso tetto). e di conflitti sociali già previsti però da uno schema ben collaudato, maschera la profonda frattura classista che ancora esiste in funzione del mantenimento della società costituita. Le teorie correnti sul conflitto sociale, che non possono piii chiudere gli occhi davanti alla sua realtà, ne colgono solo quanto - al di qua dell'immutata violenza nascosta sotto la riproduzione sociale - è articolato e oggettivato in ruoli e situazioni. Almeno implicitamente si pongono già il problema del controllo sociale dei conflitti che dovrebbero venire • regolati •, • guidati • da precisi • Interventi • e • canalizzati • 8 . Certo Dahrendorf non si nasconde che • un'efficiente regolamentazione dei conflitti avrebbe bisogno d'una serie di premesse•; gli interessati dovrebbero cosf essersi resi conto del significato e dell'Inevitabilità dei conflitti ed essersi potenzialmente accordati su precise regole per la loro composizione. Condizione questa che esclude categoricamente il caso critico in cui I conflitti mandino all'aria le regole stabilite; senza contare che le regole non sono affatto liberamente scelte, ma anch'esse sedimenti. di processi sociali. Ed è proprio tale oggettività del conflitto che sfugge a Dahrendorf: anch'egli • pone • infatti le strutture sociali produttrici di conflitti al di là della storia e s'attende l'addomesticamento dei conflitti dalla ragione soggettiva, nel senso che • ogni Intervento nell'ambito• dei conflitti deve limitarsi a regolamentarne· le forme, rinunciando al vano tentativo di eliminarne le cause • •. La tesi della vanità d'un tale tentativo decretata a priori appare difficilmente conclllablle con l'antidogmatlca• apertura positivistica, propria per esempio dello sperimentalismo di Dewey. La • teoria, della necessità sociale • [Zwangstheorle dar Gesellschllft], da Dahrendorf

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