giovane critica - n. 31/32 - autunno 1972

130 ma non quelle di: classe • oppressione • conflitto sociale. Quest'ultimo fu ripreso in America appena dal Coser e in Germania dal Dahrendorf. in polemica sia con la teoria marxiana sia con quella essenzialmente conservatrice, funzionale e strutturale di Talcott Parsons; i conflitti sociali non si dovrebbero ora considerare come disfunzioni e rotture del sistema sociale, né solamente sotto l'aspetto della loro anomalia, ma piuttosto come motore necessario alla • conservazione. alla rettifica o all'adattamento dei rapporti sociali e delle strutture sociali • 1 • Vi sono qui palesi riferimenti al trattato sul conflitto di Georg Simmel. in cui il conflitto appunto. accolto come una forma della socializzazione, s'era trasformato in categoria sociologica positiva. almeno fintanto che i contendenti evitavano d'eliminare materialmente l'awersario, • caso limite • questo per Simmel, uomo dall'ingenuo liberalismo. La lotta significava comunque per loro • il rimedio contro il dualismo divergente • 2 , rimedio che doveva realizzarsi a priori soltanto nell'ambito di norme comunemente accettate. Per motivi di sociologia formale, Simmel era incline a ipostatizzare la categoria del conflitto; ma che è veramente decisivo: che il conflitto è sf necessario e legittimo per superare una cattiva condizione antagonistica, necessario e legittimo quindi come mezzo per raggiungere una pace radicale, in cui gli antagonismi siano materialmente eliminati, ma che è invece inaccettabile in sé e per sé, in ragione di una astratta e sfrenata idea di dinamismo - tutto ciò rimane in Simmel marginale. La sua dottrina trae in complesso le invarianti dalla situazione antagonistica, che egli accetta - dopo averle attribuito la struttura fondamentale propria del fatto sociale - come immutabile. Il Coser si riallaccia a Simmel in quanto la sua apologia del conflitto di gruppo, che giustamente si oppone alle analisi idilliche della società costituita, pone in rilievo la funzione delle disfunzioni stesse. Ciò malgrado egli non vuole sacrificare il modello di sistemi sociali tenuti in stabile equilibrio dal consenso. Solo in un saggio piu tardo, Gewalt und gesellschaftlicher Wandel (Violenza e mutamenti sociali)•. dopo aver studiato la struttura di rivolte generalmente bollate come accadimenti irrazionali, egli si vede costretto ad abbandonare la sua posizione autunno 196 7 iniziale e a riconoscere alle sollevazioni, persino a quelle accompagnate dalla distruzione delle macchine, un quantum di razionai ità sociale maggiore di quella ammessa dal modello di una società riproducentesi per quanto possibile senza inconvenienti. La sociologia viene cosf spinta dal suo stesso oggetto alla riscoperta della dialettica. La Teoria del conflitto sociale• di Dahrendorf si serve espressamente di un modello che poggia sulla • accettazione della storicità, dell'esplosività, della disfunzional ità e del carattere di necessità proprio delle società umane•. Ciò che per lo schema strutturale di Parson era mero accidente, ridiventa ora essenziale. • Posto su questo piano, il conflitto appare un fattore indispensabile in tutti i processi metamorfici. Un tale orientamento esclude inoltre sia l'utopia d'un sistema sociale stabile e funzionante senza scosse, sia quella della • società senza classi • e del • Paradiso in terra •, e per questo s'awicina piu di quanto non faccia la teoria del consenso, tanto alla realtà sociale. quanto, nel campo della teoria politica, all'idea di libertà••. Viene apertamente ammesso il carattere antagonistico (produttore di conflitti sociali) della società ancorché trasformato in una invariante affinché non si corra il rischio di uscire dai binari di una trasformazione sociale addomesticata, cui non è stato neppure chiesto di legittimarsi. Dahrendorf riprende il metodo dei modelli ideali [idealtypische Methode] di Max Weber, nonché la sua concezione della società necessariamente strutturata in categorie superiori e inferiori, che si manifestano nell'autorità di alcuni gruppi di potere. Il conflitto sociale sarebbe allora un conflitto che • si può derivare dalla struttura delle unità sociali - di natura quindi superindividuale. [ ...] Da un lato si verificano spesso all'interno di unità sociali molto piccole (parti. gruppi) dei contrasti strutturalmente irrilevanti - ai quali cioè non può venire applicata una teoria del conflitto sociale; dall'altro c'è motivo di supporre che anche alcuni dissidi fra unità sociali molto vaste abbisognino di spiegazioni psicologiche piuttosto che sociologiche. Sembra che ad alcune guerre della storia non sia del tutto estraneo un certo arbitrio sociale • •. Ma quando sia stata constatata la preponderanza della

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