di saper leggere la realtà della Sicilia. E a proposito del libro di Pietro Chiara ora pubblicato (ìn questo, forse, sono • letterato •, anche se non benedetto: nel trovare nei libri cèrte sollecitazioni a leggere la realtà), che si intitola Con la faccia per terra, su l'ora del 13 marzo consideravo che davvero slamo con la faccia per terra, come mai siamo stati: noi siciliani, la Sicilia. Con la faccia per terra di fronte all'Italia continentale, di fronte all'Europa. E mi pareva di poter concludere il mio breve discorso osservando che al conflitto che ieri si poneva tra la Sicilia e lo Stato, nei termini della questione meridionale, ora succede un piu vasto ed impari conflitto con quella specie di Stato europeo le cui strutture vengono formandosi e di cui il sud d'Italia sta facendo le spese, come già fece le spese dello Stato unitario, del Reg(lo d'Italia; e che il Mezzogiorno, e la Sicilia in particolare, non può fondare il suo rapporto con l'Europa sulla base del bisogno di schiavi che l'Europa ha; e che il problema va il di là del rilancio dell'Autonomia che si sta attualmente tentando, stante che Il dissidio tra Stato e Regione non ne contiene i dati fondamentali. E • un po' per celia e un po' per non morir • aggiungevo che i problemi della Sicilia piu naturalmente troverebbero soluzione nella Repubblica Araba Unita che nello stato italiano. Il che, manco a dirlo, subito ha fatto pensare a un giornalista dell'Avanti! e a quello di un settimanale democristiano che vagheggiassi una federazione dalla Sicilia alla Rau, alla Tunisia, al Sudan addirittura. In termini paradossali io intendevo dire che l'istituto autonomistico è, oltre che in interno fallimento, esternamente superato: e nel senso che si trova di fronte alla costituzione di uno Stato europeo che rispetto alla Sicilia, su scala piu vasta, ripete la costituzione dello Stato Italiano di cent'anni fa; e nel senso che il risorgimento dei paesi arabi viene a proporre un contesto mediterraneo di cui la Sicilia è storicamente parte e al quale potremmo accedere attraverso un effettuale indipendenza politica (da non confondere con la separazione). Ma evidentemente (è il caso di dirlo) ho parlato arabo. Debbo però ammettere che dal settimanale democristiano ml è venuta l'obiezione plu seria; che è questa: • Venti anni circa di autonomia sono serviti almeno a questo: a 11 dimostrare che non ce la facciamo a sbrogliarcela da soli. L'ostruzionismo dello Stato sarà cosa vera: ma non si può negare che esso ha avuto buonissimo e facilissimo giuoco con una classe dirigente isolana (e non facciamo questione di partiti, per carità!) che, se è tutto quello che la Sicilia sa esprimere, costituisce l'esempio piu deprimente delle nostre incapacità •. lo non avevo toccato il problema della classe dirigente siciliana: ma è senz'altro un punto su cui bisogna riflettere. E si può essere d'accordo che l'Autonomia non è riuscita a suscitare una classe dirigente se non a livello del parlamentarismo piu vieto ed astratto; ma non è il parlamentarismo in cui si esaurisce quasi totalmente l'Assemblea Regionale Siciliana una specie di mimesi del parlamentarismo centrale? E si può in coscienza affermare che la classe dirigente nazionale sia migliore di quella regionale siciliana? Si tratta della stessa materia prima: e che vi si foggino quartare o cisterne, è la stessa cosa. Bisogna poi osservare che ai valori dell'Autonomia tutti fanno mostra di credere ardentemente, partiti e singoli uomini politici: ma in effetti sia i partiti che gli uomini politici si sono serviti dell'Assemblea Regionale come di una palestra di allenamento, di tirocinio; ed appunto ha avuto funzione analoga a quelle che in burocrazia sono denominate • sedi disagiate • e che poi costituiscono titolo nelle carriere. Quanti sono I deputati che dalla prima all'attuale legislatura sono rimasti all'Assemblea regionale, che non sono passati, per promozione loro accordata dai partiti, o soltanto per giubilazione, al Parlamento nazionale? Mentre è evidente che ad una concreta ed efficiente fiducia nell'istituto autonomistico avrebbe dovuto corrispondere un comportamento opposto: cioè l'istanza dei singoli uomini politici siciliani ad entrare o a restare nell'Assemblea, e la preoccupazione dei partiti a promuovere in essa i migliori, i piu esperienti. Ma è poi vero che la Sicilia non può esprimere una classe dirigente? Se una classe dirigente cominciano ad esprimerla paesi ora usciti dalla minorità coloniale, davvero la Sicilia deve rassegnarsi e di· chiarare la sua definitiva incapacità a governarsi? E veramente (per usare i termini del principe di Lampedusa) caduti gattopardi la nostra fauna politica altra
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