giovane critica - n. 30 - primavera 1972

58 Franco Belgrado, Sebastiano Timpanaro Su questo punto l'esperienza maoista a noi sembra carente, perché contmua a gestire ,I partito con metodi in parte srali• mani: non pubblicità del dibattiti, mascheramenro dei reali contrasti di interessi e di idee. il silenzio improvviso su dir/• genti che fino a ,eri avevano pos,z,0111 d, grande rilievo che hanno pensato e scntto Marx, Engels e Lenin. In ques1a prospettiva, non c·e dubbio che Trotsk11 divenga clSSa1poco interessante. 11suo 1nternaz1onahsmo e la sua pole· m,ca conlfo la burocrazia appamebbero, tult'al ptù, degni d1 un hm,tato nconosc1mento "storico", ma privi d1 attualità, pe,che ancora nnch1us• 1n quel l1m1tato orizzonte leninista che soltanto la Luxemburg, e poi def1n1t1vamente Mao. avrebbero trasceso. Nella sua forma più elementare. questa obiezione al trotskismo (che e. come abbiamo cercato d1 mostrare. un'ob1e· z1one anche al leninismo) si potrebbe formulare così: "A che scopo attardarsi in una nvend1caz1one delta democrazia interna d, partito. quando Mao ha messo 1n chiaro che 11problema fondamentale e quello del rapporto fra 11 parttto e le masse. e ha arrecato, con ciò, a1 marxismo un arricchimento teorico• pratico d1 tale portata da ridurre le polemiche fra stalin1st1 e trotskist1 a ·1111m fam1gl1a·. nelle quali I trotsk1st1 erano fin dall'mmo destinati ad essere perdenti, proprio per non aver messo in discussione la concezione lenm1sta del partito>". Ora. noi siamo conv,nt1, a differenza d, questi compagni, che 11maoismo rappresenti, sì. un superamento del len1111smo.ma solo per un aspetco. L'1mpostaz1one d1 un rapporto corretto tra partito e masse rappresenta senza alcun dubbio un contn• buto d1 portata storica. un salto qual1tat1vo dovuto sia alla personale genia1,tà d, Mao, sia al modo profondamente d1ver• so con cui si e sviluppata la ovoluz1one cinese in confronto a quella sovietica (quest'ultima ha risentito negativamente del modo con cui 11potere è stato preso dai bolscevichi. con una relativa facilità 1n121alen, on al termine d, una lunga lotta d1 popolo che coinvolgesse ed educasse alla nvoluzione te grandi masse). Ma un rapporto corretto fra partito e masse rende superflua la rivendicazione spec1f1cadella democrazia interna d1 partito> A noi sembra d1 no. e su questo punto l'esperienza maoista ci sembra carente. perché, in contrasto col modo d1 praticare 11rapporto partito-masse. continua a gestire il partito m quanto tale con metodi ancora in parte staliniani: non•pub• blic1tà dei d1batt1t1, mascheramento dei reatt contrasti d1 ,dee e d1 interessi dietro condanne moralistiche, martellante e os· sess,va esaltazione del "pensiero" d1 un capo (non volete chia• marlo culto della personalità per non confonderlo con le ca• ratteristiche specifiche, certo molto più negative. hche ebbe il culto d, Stalin> chiamatelo come volete, ma 11fatto sussiste). 1mprovv1so sllenz10 su d1rigent1 che avevano avuto fino a ieri posizioni d1 pnmo piano. e v,a dicendo. "A Mosca al tempo di Lenin" - per riprendere 11titolo del libro di Rosmer - ciò non accadeva; e ne derivavano conseguenze dt grande 1m• portanza per il movimento operaio internazionale. Ogm mdt· tan1e d1 ogni paese poteva. senza 1roppo sforzo, sapere i ter• m1n1 reali de, d1ssens, fra Lenin e l'Opposizione operaia, fra Lenm e Trotsk11 sulla funzione dei sindacati nello stato sovie· t1co. ecc. Non c'era bisogno de, cremlinologi. proprio perché (pur m una situazione m cui stava maturando la degeneraz10• ne burocratica) la democrazia d1 partito era in notevole mi· sura una realtà, e nel "centralismo democratico" l'aggemvo contava ancora qualcosa. Oggi c'è bisogno dei smolog, {nei ri• guardi dei quali condividiamo le osservazioni d1 Gianni Sofri nel numero 44.45 dei "Quaderni P1acentin1"); e questo confer• ma che, 1n mancanza d• una democrazia di partito. anche il più ampio rapporto partito-masse non può avere una soluzione del tutto soddisfacente. ne sul piano interno nè su quello in• ternaziona1e. Il problema della democrazia d1 partito diventerà davvern irrilevante soltanto il giorno m cui il partito (come lo Statoi s, estinguerà; ma che i compi;;ini c1nes1non abbiano mai inteso la rivoluzione culturale come estinzione, fin da ora, del partito (e che abbiano avuto tutte le ragioni dt non intenderla così) è ormai pacifico. anche se non lo era per tut 11qualche anno fa. Ebbene. se il problema della democrazia d1 paruto e ancora aperto - e se esso. d'altra parte. non dipende da semplici misure statutarie nè da una fiducia nell'onestà dei d1rigent1, ma si collega all'internazionalizzazione della lotta per il comu· nismo e al superamento effettivo del divario tra base e verti· ce - , allora la polemica ant1burocra11ca. intrapresa dall'ultt· mo Lenin e sviluppata da Trotskij sempre m collegamento con il problema della rivoluzione mondiale, non apparirà più tanto superata. tanto meramente "terzmternazionalista" quan• to ancora crede la maggioranza dei compagn, dell'estrema si· nistra. Qui sta, a nostro parere, l'attualità del trotskismo e la necessità che esso sia studiato, discusso. assimilato crit1camen• te anche dai tanti compagni che, come I sottoscritti, non hanno mai appartenuto a grupp, trotsk1st1 e non sentono nem· meno il bisogno d1 dichiararsi specificatamente trotsk1sti. Proprio a questo proposito, un ultimo accenno vorremmo fa. re a quella posizione che potrebbe riassumersi nella formula Trotsk1/ si, i trotskisti no. Ques1a posizione è propria d1 molti compagni m1lttant1 m diversi gruppi d1 estrema sinistra, anche se non è la posizione 'ufhc,ale' d1 nessuno d, quei grup· pi 14) ProbòUilm~r11e Questi C'f'mo,1gni ritengono di non dove 14) L es1s1e,ll.., d, ul\ 1..,rgo ,n1ere~~ "mcontessa10·· per lrolSlc.iJ può a,uta1c1 a spiegare un lano, a prima v1s1a, pa,adossa!e la fortuna ed•· 1onale delle tradul1on1 11atiane d1 opere dt Tro1sk11. ,n contras10 col d1ch1ara10 an111ro1sk1smo o con ros1enia1a 11\d,llerenza per 11pensiero e l'opEH3 d, Tro1slc.'I, che quas, 1u111, p;:11111o1 gruppi della son,stra

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