LA STRATEGIA 11 DELL'AMMINISTRAZIONE NIXON IN INDOCINA GABRIEL KOLKO Relazione presentata all'Assemblea mondiale di Parigi per la pace e l'indi'pendenza dei popoli indocir1esi (Versaifles, 11-13 febbraio 1972}. Fin dal 1969 il tentativo delfamm1n1straz1one N1xon d1 creare l'illusione di un progresso verso la fine della guerra d'Indocina, è stato inseparabile dal suo desiderio d, guadagnare tempo per continuare a combatterla. Date le grandi e a volte appa• rentemente irresistibili pressioni di carattere politico ed econo· mica, interno e internazionale, che si sono esercitate sugli Stati Uniti perché ponessero termine alla guerra, atle prime affermazioni di Washington circa i pretesi "progressi" della conferenza di Parigi seguirono le affermazioni relative a conversazioni segrete coronate da successo o ad accordi che non erano mai stati conclusi. o al successo imminente d1 un pro• gramma di "Vietnamizzazione" che non ha arrestato la decadenza militare, economica e politica del regime di Saigon. e altre voci di questo tipo. E ogni momentaneo allentarsi della pressione che l'amministrazione Nixon è riuscita a ottenere con questi mezzi è stato seguito invariabilmente da una nuova escalation. Il fatto che le operazioni si prolungano e si esten• dono, e che gli Stati Uniti sono impegnati sempre più a fon· do (anche se in modo più complesso) in una guerra orientata in modo irreversibile verso una sconfitta militare, è ìl risultato de1 fatto che essi hanno ripetutamente ignorato le soluzioni politiche ragionevoli che sono state offerte dal Governo Rivo• luzionario Provvisorio a partire dall'inizio della Conferenza di Parigi alla fine del 1968. Ora stiamo entrando in un periodo in cui gli Stati Uniti cercano ancora una volta di suscitare nuove speranze con cui guadagnare altro tempo e. dal punto di vista di Nixon, per vincere le elezioni presidenziali. 1. Le forze "residue" e l'illusione del ritiro La politica di "vietnamizzazione" delineata da Nixon nel no• vembre del 1969 è stata la sua risposta al crescente desiderio del popolo americano di porre termine alla guerra. Il segreta• rio all'Esercito Stanley Resor ha spiegato che l'obiettivo politico interno era quello di "ridurre la guerra a un livello che il popolo americano potesse appoggiare per un considerevole periodo di tempo"; si sperava cosi che il GRP avrebbe accet· tato le condizioni americane e che "avrebbe trattato o sem· pltcemente ridotto il livello dei combattimenti''. Ma non ci potevano esseredubbi, come il generale Westmoreland riconob• be a quel tempo, circa il fatto che "possiamo prevedere di avere forze militari nel Vietnam ancora per parecChi anni" (1). la tisi ufficiate sulle forze "residue" americane che è stata diffusa dall'amministrazione in quel mese di novembre permet• teva esplicitamente a Washington di mterpretare il suo signifi• cato come meglio le conveniva. La cifra del personale ameri· cano sarebbe dipesa da tre criteri: "I 1) i progressi nelle trattative di Parigi; (21 i livelli dell'attività nemica; e (3) il mi· glioramento della capacità del Vietnam meridionale di prov• vedere alla propria difesa" (2). La prima fase di quello che Nixon chiamava il suo plano per porre termine alla guerra. e che si rifiutava di tradurre in scadenze e in cifre. prevedeva che le forze fantoccio sarebbero subentrate in tutti i compi• ti di combattimento terrestre. mentre gli americani avrebbero fornito l'appoggio logistico. aereo e di artiglieria. Nella fase successiva, che era concepita in termini ancora più vaghi, le forze americane sarebbero state addette solo a compiti di ad· destramento e di consulenza. mentre le truppe fantoccio avrebbero rilevato ta maggior parte delle funzioni logistiche, aeree e di artiglieria (3). Era chiaro che i primi due criteri si sottraevano al controllo di Washington, e senatori e giornalisti scettici si chiedevano apertamente come l'esercito fantoccio demoralizzato avrebbe potuto ottenere ciò che i francesi e gli americani. infinita· mente più potenti, non erano riusciti a realizzare in quasi 25 anni. "Penso che un certo numero di truppe americane do· vranno restare nel Vietnam", ammise il segretario alla Difesa Laird quandoi fu messo alle strette su questo pùnto; e circa l'eventualità di una escalati'on in caso di fallimento della vietnamizzazione, disse che non poteva "escludere completamente questa possibilità" (4). Il piano di Nixon. in realtà. era di continuare una guerra prolungata ma meno costosa fino a quando fossero state soddisfatte le sue irrealizzabili condi• zionì preliminari, evitando nello stesso tempo le crescenti pressioni economiche e politiche interne. Fu ciò che sostennero i critici di Nixon in quel momento, e gli avvenimenti successi· vi hanno provato che avevano ragione. Nel 1970 i funzionari americani cercarono di far credere che questa strategia aveva successo per quanto riguardava il terzo punto (i progressi dell'esercito fantoccio). ma respinsero tutti i tentativi di indurli a indicare una data precisa per il ritiro di tutto il personate americano: nemmeno la fine del decennio(S). Essi ammisero comunque di "prevedere un impegno consisten· te dell'aviazione (americana) nell'Asia sudorientale per un con• siderevole periodo di tempo" (6). Ma. a poco a poco. da in• discrezioni raccolte dalla stampa, e da documenti interni di programmazione che finirono per venire alla luce. si potè ar• guire che a Washington si pensava che alla fine del 1972 le forze americane ancora impegnate nella guerra sarebbero state
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