98 complessival e ha qu,nd1 reso p,u acuta per le imprese ch1m1che l'esigenza d1 9J1ant1rs1 gli sbocchi d1 mercato. o attraverso invest+ment, collaterali d1re1t1. d1vcnut1 via v,a p,U costosi, o attraverso fusioni cd accordi tra imprese Ne, paesi nordeuropei si e per tempo verificata appunto una radicale concentr,u1one delle imprese ch1m1che. su base SO· prattutto naz1onate. cu, nello stesso tempo ha fatto riscontro un complesso ed articolato mtrecc,o d1 accordi, anche transnaz1onall, tra imprese chimiche e tra queste e quelle petroli• fere entrate nella pe1rolch1m1ca Ne e risultato non solo un diverso assetto ftnanz,ano e produttivo del settore chim,co. ma anche un diverso .issetto territoriale, caratterizzato da una estesa rete d1 et1lenodott1 che attraversa tutta l'area chimica tede~a belga-olandese e abbracc,a una parte dello stesso territono francese p1u settentrionale A quest'area dovrebbe con-- g1ungers1nel decennio quella che sta sorgendo nella Francia merid,onale (FoH•alle del Rodano). Il programma per la promozione della chimica d1 base fa sua questa "logica" e cerca !malamente) d1 applicarla al caso ,tal,ano. Esso md1v1dua a tale scopo quattro grandi aree ch1m,chc: tre nel mezzogiorno (Bond1s1, Sicilia e Sardegna). una nel settore settentrionale (11 triangolo Porto Marghera, Mantova, Ferrara. Ravenna) L'area forte viene considerata quella s1c1llana. messa direttamente ,n concorrenza con l'area d1 Mars1glia-Fos, per lo sfruttamento del mercato nordeuropeo. G1a questo fatto da la misura della superf1c1ahtà del programmatore. Md m effetti quello che conta nella logica del Piano e quel suo "proiettarsi al d1 fuori". la preferenza accordata al mercato esterno ospetto a quello interno D1 conseguenza la scelta mertd1ona1e fatta nel Piano è d1 mera cor,erturd l'area chimica forte. quella che può rapidamente collegarsi col mercato e m prospettiva con gli et1lenodotti del nordeuropa restano la Padan1a, Porto Marghera e Ra· venna Altrimenti l'et1lenodotto multerebbe, sul piano naz,onale. scarsamente utile e ut1hzzab,le per ragioni connesse alla geografia, anzitutto. Previste, infatti, quattro distinte aree chimiche (d1 cu, due msulari) la 1pot1zzata rete d1 eti• lenodot11 non opererebbe l'allacciamento delle vane aree (secondo quanto accade nella grande area nordeurooea presa a modello). ma presenterebbe una funzione meramente zonale. Il programma, qumd1, si rivelerebbe zoppicante propno sul piano della proposta soluzione eff1cient1suca e tecnocratica, de, problemi: la scelta merid,onahst1ca entrando 1n contradd1· z1one con gli sv1lupp1 che sul piano dell'eff1c1enza produtti· va logicamente comporterebbe la scelta degli et1lenodott1. La 1llog1c1ta.nella logica del Piano, della scelta merid1onalist1 ca, apre 11problema generale della vahd1ta degli ob1ett1v1 ult1m1 che 11Prnno stesso s1pone. Ouest• possono essere ri• dotti ad uno solo: la ricosrnuz1one della compet1t1v,tà dell' industria chimica italiana ne, confronti d1 quella estera, cioè, nelle cond1z1on1 imposte dall'attuale s,stema, la ncost1tuz1one dei mar91n1d1 profitto. In effetti, 11grande capitale ch1m1co italiano, pubblico e privato, sente l'affanno nella gara mtrapresa con I grandi gruppi internazionali: ,n seguito alla liberal,zzaz,one dei mercati e per l'ins1p,cnza dei gruppi cap1talist1c1 privati che l'hanno smo ad 0991 diretta, l'mdustna ch1m,ca 1taltana ha d, fatto perso rapidamente terreno nel confronto ravv,cinato con i grandi gruppi ch1m1c1e petrolch1m1c1 d'oltralpe e rischia seriamente d1 ridursi ad un ruolo d1 mera comparsa. 11 tentativo d1 ri· lancio, partito dal capitalismo pubblico, ha puntato in un pri• mo tempo ad una riorganizzazione manageriale complessiva ed è ora teso verso una ristrutturazione radicale del settore per una drastica riduzione dei costi d1 produzione e d1 mvest1mento: attraverso lo sfruttamento delle economie di scala, massicci licenz1ament1 e la raz1onatizzaz1one e nduz1one dei centri produttivi nel primo caso; attraverso il coordinamento degli invest1ment,, nonché 11massiccio aiuto finanziano dello Stato nel secondo. Il Piano e le decisioni del CIPE in materia d1 1nvest1menti ch1m,c1 avallano il processo d1 ristruttura11one ,n atto, concedono garanzie circa la d1spon1b1htà dello Stato a favorirlo f1nanz1anamente, realizzando la mediazione, attra• verso la "contrattazione programmata" degli organi della programmazione per la opart1z1one concreta delle competenze e dei mercati fra le vane imprese, na11onah ed estere. A quest'ultimo proposito, 11problema della ripartizione dei mercati è nel Piano strettamente connesso con quello della 1nternaz1onahzzaz1onedel comparto chimico d1 base. Il Piano si sofferma ripetutamente sulla necessità che le imprese ch,m1· che d1 base s1aprano ad "apport, finanziari. 1mprend1toriah e tecnici esterni". S1 potrebbe sospettare che, nell'ambito del· la divisione internazionale del lavoro, le imprese italiane siano spmte a d,v,dere il mercato interno de, prodom di base con le imprese estere per poter, da un lato, recuperare la propna fetta di mercato internazionale e. dall'altro, ottenere una quota p,U o meno garantita del mercato italiano in talune produ· zionì della chimica secondaria. Da tutto questo discorso 11 mondo del lavoro. le sue esigenze vitali. le sue aspirazioni re~ Il restano completamente tagliate fuori. Non potrebbe essere diversamente. "La funl10ne trainante" del settore chimico
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