giovane critica - n. 29 - inverno 1971

- è lo stesso programma ctd ammetterlo - è già stata fatta direttamente dalle imprese. E così sappiamo anche "da dove viene" questo Piano. sbandierato dagli uffici della programmazione come radicalmente innovativo delle tendenze tradizionali dell'industria chimica italiana. Per la precisione anagrafica esso è nato negli uffici studi dell'Eni, della Sir e della Montedison: è lo stesso Piccoli ad ammetterlo esplicitamente, per la parte di sua competenza. quando dichiara che "le iniziative studiare ed awiate dall'Eni nel settore chimico hanno assunto la forma di un piano de• cennale di sviluppo della chimica che è stato sostanzialmente concepito dal CIPE" Perciò quando Ruffolo ascrive a merito del programmatore il fatto che "la grande industria chimica italiana (abbia) finito per far propria una logica completamente diversa da quella che le è tradizionale", dimentica o finge di dimenticare che sono stati gli sviluppi tecnologici e produttivi degli ultimi anni, le modifiche intervenute nelle strutture internazionali del settore, e soprattutto i mutati rapporti tra le varie gran• di componenti del capitalismo italiano, a determinare il riget• to di quella "logica tradizionale". La "logica tradizionale" - quella, per intenderci, della verticalizzazione radicale del processo produttivo e della massima autonomia aziendale - era il frutto di uno stato di guerra fra i gruppi capitalistici italiani, che andava ben al di là della semplice concorrenza inter• capitalistica, investendo direttamente il potere politico nella sua più concreta accezione. Negli anni successivi all'industrializzazione dell'industria elettrica, infatti, il settore chimico fu il terreno su cui si affrontarono i vari gruppi capitalistici italiani, prima quegli elettrici e poi i "vecchi" e i "nuovi" padroni. La lotta finì, come si sa, con la sconfitta definitiva dei baroni elettrici, soprattutto per il ruolo e il peso determinante che ebbe nello scontro il sistema capitalistico "pubblico", cioè non solo l'Eni e l'lri. ma anche la Banca d'Italia, la MedK>banca, ecc. che resero possibile la scalata alla Montedison. Ma se l'operazione condotta dall'Eni e dall'lri mise de• finitivamente fuori gioco i gruppi elettrici ed il sistema di al• leanze che ruotava attorno ad essi, essa era tesa a realizzare anche un diverso assetto del settore. Era. cioè. la premessa pei una sua più razionale, sono il profilo capitalistico, inte, grazK>neorizzontale. Questa è la matrice vera del processo di crescente collaborazione tra le imprese chimiche di base e del con11gUente e p.-ziale abbandono della integrazione produtt i· va vtrticale. che W8YI nel "centro petrolchlmico integrato" I!~ più eppari101nt1 manifestazione. Il "centro petrolchi· 97 mico integrato" è costituito da un impianto centrale per la produzione dell'etilene (steam•cracker) cui sono direttamente collegati tutta la serie degli impianti derivati per la completa e razionale utilizzazione della materia prima (etilene) e dei numerosi sottoprodotti ottenuti. Tale soluzione produttiva presupponeva e permetteva a un tempo una politica di totale autonomia aziendale (produttiva e di approvvigionamento). per cui l'utilizzatore esclusivo dell'etilene e degli altri prodotti del cracking ne era contemporaneamente l'esclusivo produttore. Una tale politica è entrata da tempo in crisi perché antieconomica sotto il profilo produttivo, inutile sotto quello politi· co. Non è più necessaria sotto il profilo politico perchè i contrasti di interesse tra le imprese non coinvolgono più di· rettamente problemi di potere. ma riguardano ormai essenzial• mente le rispettive quote di mercato: il coordinamento delle politiche dell'Eni con quelle della Montedison è nei fatti prima che nel Piano, nelle intenzioni di Cefis e di Girotti prima che in quelte di Giolitti. E questo perché gli insoppor• tabili (per la singola impresa) costi iniziali di investimento ri· chiesti da impianti sempre più colossali e complessi, hanno reso antieconomico il centro petrolchimico autosufficiente facente capo ad una sola impresa. Infatti la diversificazione e l'aumento delle produzioni nel comparto della chimica fine e della petrolchimica hanno sostanzialmente modificato il ruolo delle produzioni chimiche di base, conferendo toro la funzione che quelle metallurgi• che hanno nel comparto metalmeccanico. Dallo steam-cracker, fuoriescono contemporaneamente numerosi prodotti, il che ostacola la specializzazione produttiva nella sola chimica di base. mentre, in ogni caso, il basso valore aggiunto che se ne estrae. spinge le imprese a controllare tutto il ciclo pro• duttivo nel tentativo di recuperare nelle produzioni a valle (.chimica fine, parachimica e addirittura industria tessile) i profitti non realizzati a monte. D'altra parte il profitto glo• baie, anche in presenza di un basso saggio di profitto unitario, aumenta progressivamente col crescere della capacità produttiva degli impianti e quando la produzione di etilene e degli altri sottoprodotti non costituisca la fase iniziale della produzione chimica, ma quella terminale del processo di produzione petrolifera. Da cui due conseguenze: l'ingresso delle imprese petrolifere nel settore e l'aumento sempre più colossale degli impianti. Con una. conseguenza ulteriore: che la possibilità di sfruttare economie di scala crescenti comporta. insieme all'aumento delta stock di etilene, anche l'in• cremento dei sottoprodotti (70 per cento della produzione

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