giovane critica - n. 29 - inverno 1971

identificano parte decisiva di tecnici, impiegati, insegnanti, ri• cercatori, medici. La disoccupazione dei diplomati e dei laureati, rispetto a ruoli sociali e di lavoro tradizionalmente ri· conducibili a quel livello di scuola e di "cultura", e un aspetto di un processo generale di dequalificazione. La stessa scuola, sia come fabbrica di consenso. al fine di preparare alla discipli• na e alla subalternità del lavoro nella organizzazione capitali· stica del lavoro, sia come strumento di discriminazione sociale a favore delle classi possidenti. sia per ta sua genericita e nello stesso tempo per la sua produzione di distinzioni culturali apparenti e non reali. appare del tutto funzionale a questo stesso processo. E, dunque. la rivolta contro questo tipo di scuola ha un senso preciso, una connessione reale con la problematica sollevata dalle grandi lotte operaie. La questione non é se questi elementi di elaborazione sono, o meno, completi: conta intanto la loro forza come vivente filosofia della prassi, critica sociale emersa realmente dal movimento e dalle lotte. Non esageriamo, naturalmente. La cultura è memoria, la politica è storia: bisogna non bruciare i panti alle proprie spalle, ma passare e ripassare sui ponti gettati dalla teorizzazione passata e presente. Eppure la rabbia contro i libri di parte del movimento studentesco, ai suoi inizi. ha un elemento di forza non solo perché respinge una cultura accademica, ma perché ripropone una teorizzazione fondata sul valore del movimento e dell'esperienza vissuta; è una estremizzazione provocatoria, ma entro la quale c'è una istan• za viva ed importante. 11rapporto movimento-organizzazione Da queste stesse elaborazioni si affaccia il tema del rapporto movimento-organizzazione. La traccia su cui si muove la lotta è quella segnata dalla grande esperienza delle organizzazioni tradizionali, i Sindacati e i Partiti operai. Ma la ricchezza dei contenuti e delle forme del movimento è anche e largamente nuova. La tensione che allora si produce fra movimen• to e forme organizzate é già notevole nei primi anni sessanta, ma è massima fra il 1968 e il 1969. anche per la contemporanea esplosione del movimento nelle scuole. dove la sua con• traddizione con le specifiche e tradizionali forma di organizzazione degli studenti è davvero e drammaticamente stridente. 11problema che allora si pone è affrontato fondamentalmente su tre posizioni. La prima Posizione, come sempre più larllffllflle nella realtà che nelle teorizzazioni, è di orientamento oonarvatore, tendente a ricondurre il movimento interamente BR'.lf tctr,M tradi1ionali dell'organizzazione operaia. La seconSergio Garavini Lo sviluppo dei Consigli di fabbrica e. m questa fase. del/' unita sindacale come unita di classe, e certo tema fra , più difficili degli anni settanta da propone un cambiamento profondo delle forme di organizzazione, puntando in primo luogo sulla fabbrica e sulla trasformazione. che vuote dire anche un1til. del Sindacato. La terza posizione intende portare la tensione fra movimento e forme tradizionali di organizzazione fino alla rottura; una rottura con i Partiti e il Sindacato; oppure rottura con i Part1t1 in una riproposizione del Sindacato in chiave pansindacale. In questo difficile contrasto, può bene affermarsi che il problema è aperto. ma bisogna anche guardare alla evoluzione reale dell'organizzazione delle masse. La trasformazione della organizzazione sindacale di fabbrica; la formazione generalizzata dei Consigli di fabbrica; l'importanza dello scontro che, per essere sulla contrattazione di azienda, é sui consigli di fabbrica stessi e sulla concreta proposta consiliare che questi costituiscono entro la realtà del sindacato; la spinta all'unitil sindacale sulla base dei nuovi organi di democrazia e di potere dei lavoratori in azienda. Tutti questi sono fatti, non generali, ma che impegnano milioni di lavoratori, e come tali di enorme importanza. Ma sono anche fatti collocati in una fase certamente transitoria, essendo dati organizzativi e di potere non ancora irreversibili, poiché sono il prodotto terminale delle lotte degli anni sessanta. fra il 1969 e il 1970, soprattutto. nei quali ancora non si è consolidata una provata esperienza di lotta e di organizzazione. I nuovi organismi sono nati e devono vivere vincendo la du· plice pressione del padronato e di una parte minoritaria ma reale delle stesse organizzazioni sindacali, che li osteggia sia con la resistenza alla unitil sindacale organica. sia entro lo stesso processo per l'unità. tracciando ti quadro di un nuovo sindacato centralizzato e, al suo interno, autoritario. Dunque la vita e lo sviluppo di questi nuovi organismi. e, su questa base, della unità sindacale come unità di classe. è certo tema fra i più difficili degli anni settanta. Che questo sia punto decisivo del problema posto dalle lotte in tema di rapporto tra movimento ed organizzazione può essere negato. Si può sottolineare che i nuovi organismi di fabbrica rappresentano solo un momento di rinnovamento del sindacato, nel quadro della positiva stabilità delle forme organizzative tradizionali della classe operaia, ma che la realizzazione dell'unità sindacale organica, costituendo di per sè un potenziamento decisivo del sindacato e quindi anche condizione di maggiore forza dei partiti operai. per avere tutti dentro l'unità può anche esserepagata rinunciando, in parte almeno, agli aspetti più nettamente consiliari dei nuovi organismi di fabbrica. E questa stessa negazione può essere soste-

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