di una tensione unitaria e internazionalista? Tutti sappiamo la strumentalizzazione economica che il capitalismo fa dell'emigrazione (utilizzazione gratuita di manodo• pera già formata, manovrabile secondo le esigenze quantitative e temporali dello sviluppo economico, rifornimento di "operai sen• za qualità" per le linee, creazione di un utile mercato nel Sud at· traverso le "rimesse" ecc.); ma non esiste una nostra analisi del perché e del come l'uso politico dell'emigrazione. da parte del e~ pitale, è in gran parte fallito. non c'è un nostro sforzo per allargare ulteriormente te potenzialità politiche di classe che oggi l'emi· grazione ha innescato nelle metropoli del Nord e può aiutare a determinare nelle campagne del Sud. Come le centinaia di migliaia di lavoratori che sono portato• ri in carne e ossa della visione proletaria dell'unita contradditoria di Nord e Sud, di città e campagna. possono cosciente• mente darsi un ruolo di dilatazione politica della lotta anticapita• listica di fabbrica o di categoria, promuovendo dal basso. nella classeoperaia, la consapevolezza del fatto che la propria avanzata non ha prospettive di penetrare in avanti, se il suo orizzonte non si estende in larghezza, per articolarsi e sincronizzarsi col potenziale di rivolte dei disoccupati, della povera gente. dei "marginali" del sottosviluppo? Come fare perché l'emigrato porti al Sud una "rimessa" politi• ca? Perché non torni ad esibire l'automobile nuova e nemmeno a parlare soltanto nel gergo dei "cottimi" e dei "dati bio· statistici". ma riesca a discutere, come di questioni proprie, con i fratelli, con gli amici rimasti, della legge De Marzi-Cipol• la, del controllo del collocamento, della irrigazione, della trasformazione comunitaria agricola, industriale, commerciale delle campagne, facendo sì che prospettive di lotta, utopisti· che e disperate se chiuse nella solitudine della "riseiva" del sottosviluppo, prendano forza e credibilità nel raccordo con la capacità dì urto e ta efficacia politica della massa del pro, letariato metropolitano? Qui si apre uno spazio immenso di ricerca. di lavoro politico immediato, di comunicazione e di collegamento di base, per costruire l'unità di un fronte anticapitalistico, non sulle scrivanie delle burocrazie romane o nelle "idee universali" dei contestatori, ma dentro una grande forza sociale vivente: l'esercito del proletariato emigrato. Basterebbe rivedere che cosa ha voluto dire la gestione politi· ca dell'emigrazione proletaria nella storia della I· lnternaziona• le (ed anche della 11· e della 11n, per avere a sufficienza di che vergognarci delle nostre colpevoli inadempienze. 89 6. Non è causale che i compagni del Centro d1 Coordmamento Campano, che sviluppano la loro analisi e ti loro lavoro politico all'interno della più grande metropoli del sottosviluppo, che percepiscono con acuta puntualità l'accentuarsi del dualismo interno al Mezzog1orno, con I suoi rischi d1 d1vancare e con· trapporre le masse nello scontro tra un interclassismo integrato del sottoprivilegio ed un interclassismo ribellistico degli "esclu• si". pongano con forza all'ordine del giorno la battaglia politica "per superare gli errori di populismo e di operaismo". E questi compagni, dentro la specifica esigenza meridionale del· la difficile e complessa costruzione di un fronte proletario che uni~ca "Bagnoli" (operai occupati) e i "quartieri" (1 ghetti della disoccupazione). maturano un discorso generate che riconosce la necessità di "approfondire ed evidenziare le concrete convergenze degli interessi di classe che esistono tra i proletari e 1 semi·proletari del Sud e del Nord". Rispetto a questo compito, ogni semplificazione intellettualistica, estratta da frettolose letture e da meccaniche importazioni d1 teorie terzamondiste, e almeno inutile e astratta quanto gll schematici modelli operaisti o le importazioni di ideologie aurocentriste. Il recupero di una "identità", sull'idea-forza della "sub nazione meridionale", affermata attraverso una "scissione", che privilegia il momento della separazione territoriate (Nord-Sud), su quello dell'antagonismo sociale, non e che il frutto di una impaziente operazione intellettuale, che salta sbrigativamente i compiti prati• ci, difficili. di costruire, pezzo per pezzo, collegamenti specifici tra ì "quartieri della fame" delle città meridionali e le fabbriche neocapitalistiche, tra la resistenza delle comunità contadine delle zone interne e le classi subalterne cittadine, tra gli sfruttati del "colonialismo interno" del capitale padano e gli emarginati dei molti "Mezzogiorno" interni allo sviluppo della metropoli europea, lavorando, giorno dopo giorno, per unire tutto ciò che il capitale e sistematicamente applicato a dividere. Se non si pone in cima a tutto, tenendolo ben fermo. il compito di unificare e di dividere secondo la limpida discriminante sociale, anche il recupero in una strategia di lotta (difficilmente eludibile nella situazione meridionale), della comunità territoriale, rischia di rovesciarsi immediatamente in favore dell'avversario di classe. Ed allora. su questo terreno, invece di ottenere l'ipotetica identità nazionale di un Mezzogiorno del "quinto stato"(il demos degli esclusi, dei periferici, dei tributari). si realizza la sua "balcanizzazione", tutta gestita dai ruderi squallidi del "primo stato".
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