giovane critica - n. 29 - inverno 1971

Pino Ferraris tofe commerciale; che procuri una condizione operaia a livel· lo nazionale a poche migliaia di lavoratori dell'Alfa•Sud, facendo passare migliaia e migliaia di operai delle piccole e arretrate industrie. da una penosa condizione di lavoro "coloniale", alla condizione tragica dei senza lavoro; che tenda a dare pili stabilità e paghe pili decenti ai salariati fiss1 della grande impresa agricola capitalistica, buttando sul lastrico migliaia di contadini già ai limiti della sopravvivenza e negando persino una giornata di lavoro a tanti altri braccianti che da "occasionali" nel lavoro, diventano stabili negli elechi dei disoccupati. Occorre incominciare a considerare tutta la sua portata questa operazione, che cerca di creare per settori proletari una offerta ristretta di migliore condizione di vita e di occupazione, costruita direttamente e visivamente sul peggioramento delle condizioni di esistenza di larghe masse. che. dalla sottoccupazione, da super-sfruttati integrati (n un vecchio sistema "rapace", si trasformano in emarginati senza speranza da parte di un nuovo sistema "efficiente". E' in questa ottica che occorre vedere e approfondire le acu• te osservazioni di Ada Co11idà (Giovane critica n. 27) sulle "divaricazioni" (non semplicemente e nemmeno prevalente· mente territoriali) dei movimenti di lotta nel Mezzogiorno. Da una parte "le lotte operaie e bracciantili che hanno avuto eccezionale sviluppo in questi anni ed hanno realizzato obietti· vi quantitativi e qualitativi nettamente più avanzati e sono rimaste isolate"; dall'altra parte "le masse dei sottoproletari, dei lavoratori senza contratto, senza difesa, dei senza speranza, che ingrossano gli eserciti degli agrari e dei notabili, probabilmente più perché ciò consente loro di esternare in qualche modo la protesta, che non perché credano alle sterili promesse ventilate". Il tentativo di integrazione, insieme corporativa e clientelare, del "salariato•consumatore dipendente", dentro il modello di vita. di costume e di consumo metropolitano. che ha. come asse portante, il potere delegato e camorrista, la ricchezza affaristica e parassitaria di una borghesia cittadina enormemen• te e artificiosamente gonfiata, e alimentata dalle funzioni di intermediazione sulla spesa pubblica e dai ruoti di "filiale" periferica della grande industria del Nord per la raccolta spregiudicata di nuove rendite e per l'organizzazione autoritaria e mafiosa della sicurezza politica e sociale, rappresenta appunto. nei suoi tratti essenziali, quel nuovo disegno di rifondazione di un presidio sociale all'interno del Mezzogiorno, economicamente e Politicamente funzionale al controllo neocqlmlille. Qui si dovrebbe costituire la nuova forza d'ordine, 87 i1 nuovo ammortizzatore del conflitto sociale, attraverso la gestione capitalistica del "sottoprivileg10 dell'occupato" m opposizione alla miseria dei ghetti urbani delta d1soccupaz10ne, e realizzando la configurazione di sistemi metropol11an1 coloniali, tanto subalterni rispetto ai motori econom1c1 e ai centri di decisione "nazionali", quanto esterni ed aggress1v1 rispetto alla sempre più estesa "cabilia" delle emarginate e tribalizzate "zone interne" meridionali. 4. La nuova verticalizzazione del cervello e del potere privali e pubblici. in fuga verso le inaccessibili "sedi nazionali". mentre invece nella periferia meridionale si decentrano sempre più le propaggini produttNe e si incrementano gli effetti subiti di una spesapubblica enorme e importante. sta alla base di una dilatazione tutta moderna di quegli antichi meccanismi di espropriazione politica delle masse meridionali, che funzionano concedendo favori come premio alla passività, dando spazi dt privilegio in cambio della fedeltà clientelare. 0991, ancora più di ien. le sezioni locali dei partiti politici nazionali diventano pas• sive priezioni di "centri esterni" (come i reparti decentrati delta Fiato dell'ENI), e perdono qualsiasi capacità di esprimere in autonoma domanda politica le sistanze collettive periferiche, poiché esse"contano" soltanto in virtù del credito che hanno e dei favori che possono mendicare presso i loro amici che stanno in alto, che stanno "fuori", che stanno presso quelle "sedi nazionali", dove i vertici dell'ENI e della Fiat, i vertici dei ministeri e della burocrazia, possono incontrarsi, dialogare. contrattare, mediare. E' di fronte a questa realtà, dolorosamente vissuta e verificata dalle masse meridionali. da quadri politici, da avanguardie culturali, che esplode la forte esigenza di autonomia politica, la quale giunge a porre. come premessa di un reale "far potiti· ca" nel Mezzogiorno, una organicità piena ai bisogni delle mas· se e delle comunità locali, che sente spesso la necessità di essere sancita con un atto di "separazione" da ogni struttura politica che si presenti già bell'e fatta. nella sua compiutezza nazionale. Per questi militanti si tratta della essenziale esigenza di spezzare alle radici, nel villaggio e nel ghetto rubano, nella fabbrica e nell'ovile. il meccanismo alienante. e trasformare il suddito secolare in moderno protagonista, responsabilizzando in basso, attiviz• zando chi sta giù in fondo rassegnato, poiché, lo spazio vitale preliminare di una ripresa politica di massa nel Mezzogiorno, si conquista evitando di affidare nuovi ruoli di supplenza (alla classe operaia del Nord, al sindacato nazionale. al partito d'op• posizione parlamentare, alla avanguardia della contestazione cittadina). o di rivalutare vecchi ruoli di nuove clientele.

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