giovane critica - n. 29 - inverno 1971

86 dell'area r1cca, interesse oltre che economico. anche po/1tico, cost1tu1to 1n sostanza dalla opportunità d, evitare gravi turbamenti nel processo d1 crescita del sistema". tn questo quadro credtamo che trovi una sostanziale conferma (anche se dovrà essere ulteriormente precisata) la nostra chiave d1 1nterpretaz1one dei mot• d1 Reggio Calabria, quando parlavamo d1 un neo-colonialismo dello "Stato 1mprend1toriale", che tenta d, inserirsi "in presa diretta" sulle strutture economtche. sug11 aggregati sociali e sul potere clientelare nel Mezzogiorno. In questa fase d1 transizione, in cui i vecchi equ,hbn crollano e nuovi equilibri non sono ancora stabilizzaH. "11 vecchio circuito mterno d1 dominio e d, sfruttamento agrario-speculativo, indebolito, ma non finito. reso piU imponente e incarognito", vibra I suoi colpi d1 coda, strumentalizzando la rabbia di masse crescenti d1 esclusi e d1 emarginati dalla "razionalizzazione" capitalistica. Da una pa, te. le antiche mafie della speculazione e del potere si agitano in una chiara prospettiva "contrattualistica" d1 insenmento nel nuovo sistema d• dominio politico e d1 fru1• Z1onedelle risorse economiche, d'altra parte, gll "Illuminati" capitalisti del Nord e i moderni programmatori, stanno ormai gestendo il compromesso. premiando e castigando, emarginado e cooptando. conservando e trasformando le clientele della "vecchia Italia"; ma dentro un disegno sostanzialmente aggiornato d, riv1taltzzaz1one delle s1~uazioni d1 rendita e d1 speculazione. d1 trasferimento dei controlli clientelari e d1 riorgan1zzaz1onestessa d1 grupp1 sociali stabilizzanti. Il problema del dominio economico e politico dei grandi gruppi mdustrialt e finanziari del Nord sul Mezzogiorno d'Italia, non si è ma, posto nei termini banali e semplicistici d1 cooptaz10• ne nel loro sistema d1 potere e d1 privilegio d1 una sovrastrut· tura rappresentata dal cos1ddetto "intellettuale parassita meri· diona1e", al fine di avere una fragile rete politica di "missi dom1mc1"; ma sempre ha teso a costruire, dentro al Sud, corpose realtà economiche e sociali cointeressate allo status quo, capaci di costituire dentro al Mezzogiorno loro presidi influenti, propri distaccamenti solidi e ramificati, economicamente funzionali e politicamente efficaci. Proprio il rendersi fili· forme ed evanescente della "rappresentativitil" delle tradizionali élite locali, ripropone al grande capitale, e allo Stato che lo asseconda, la questione della rifondazione delle zone sociali ed economiche solidalmente cointeressate a controllare e a mediare la convivenza del Mezzogiorno dentro il sistema dua· list1co di sfruttamento e d1 subordinazione, funzionale all'at· tua!e meccanismo di sviluppo. Potril apparire sconcertante. turbarci, e sconvolgere cert• nostri schemi, però dobbiamo prendere atto che, se negli anni '50. la figura sociale su cui si puntava, per dare forza diffusiva al dominio delle oligarchie agrarie, era quella del "produttore+profitcatore indipendente". prevalentemente rurale e con un piede in città; oggi, la fran• 91asociale d1 complemento. su cu• sembra puntare il neocapitalismo. a\ fine d1 rivitalizzare e allargare il fronte moderato nel Sud è il "safariato-conwmatore dipendente" (dell'agricol• tura, dell'industria e del terziario), di prevalente collocazione metropolitana; che dovrebbe, grosso modo, sostituire quello che fu ,I ruo1o del ceto contadino, negli anni 'SO. esteso dalla 11forma agraria e saldamente integrato, mediante la Bonomtana la Federconsorzi e le clientele, nel "fronte rurale" egemoniz· zato dalla grande agraria tradizionale. A questo punto varrebbe la pena di sviluppare sino in fondo e di trarre tutte le implicazioni pol1t1che della precisa e sti• molante analisi dei compagni del Centro di Coordinamento Campano, Sulle recenti tendenze dello sviluppo capitalistico in Campania. In questa analisi "sul campo", emerge con chiarezza come la linea d, razionalizzazione produttivistica e consumistica del sottosviluppo meridionale, ai fini dello sviluppo capitalistico degl1 anni '70. passi attraverso una radicalizzazione del duali• smo interno al Mezzogiorno, di carattere territoriale ("polpa" metropolitana e "osso" interno). di carattere settoriale (im· prese nazionali e aziende locali, commercio polverizzato e grandi magazzini, edilizia artigianale ed edilizia industriale, agricoltura contadina delle zone marginali e agricoltura capi· talist1ca delle aree di grande importanza agricola), di carattere occupazionale (drammatica contrapposizione tra una occupa• zione rivalutata e una massiccia disoccupazione senza speran· za). Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto. che tocca piU direttamente il movimento operaio, possiamo prevedere una progressiva evoluzione della occupazione nel Meridione, da una fluida stratificazione di lavoro stabile e sottosalariato. di lavoro precario e stagionale, di reddito misto con qualche giornata d1 lavoro neO'ed1llzia e qualche giornata di lavoro nel proprio magro podere, di lavoro a termine nella piccola industria alimentare e di arrangiamenti personali nel piccolo commercio, verso l'accentuazione di tendenze già operanti. Cioè si potrebbe trovare sempre piU, in futuro, un mercato del lavoro di questo tipo, che offra una condizione "milanese" di occupazione a cento commesse della Rinascente, facendo passare però dalla sottoccupazione alla disoccupazione secca, migliaia di indipendenti, coadiuvanti, ambulanti del set·

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