giovane critica - n. 29 - inverno 1971

84 talei"addetto d1 61 m1hon1,dovrebbero creare, entro 5 o 6 anni, 120·130 mila nuovi p0st1 di lavoro nell'mdustria manifatturiera. Essi assorbono ormai poco meno d• 3.000 m11iard1 d, incentivi sui 4 m11a previsti dalla Cassa per il Mezzog,omo. Fiat. P1relh, Montechson. SIR. Rum,anca, Industria d, Stato, sono I grandi protagonisti d• questo pacchetto d1 1nvest1menti. Alcun, pubbll· cisti sp~1allzzat1, come Enzo Va11eca (Rassegna Economica. ma9910-91ugno 19711. pongono "l'accento sul carattere nuovo" d• questi invest1ment1. Dalla netta prevalenza riservata alle 1ndustne di base. del petrolio. della ch1m,ca e della s1derurg1a, s1 passerebbe a dare un maggior rilievo alle 1ndustr1e manifatturiere d, seconda lavorazione e a quelle produttrici d1 beni stru· mentali e f1nah. Prendendo per buona questa "novità" (per al· tro molto relativa), queste industrie di seconda lavorazione do• v1ebbero avere una pili alta 1ntens1tàdi occupazione. una mag· g1orecapac,ta di provocare elfettt diffusivi di industrial1zzazio• ne, e si differenzierebbero, rispetto alle 1ndustr,e di base che hanno bisogno d1 poche economie esterne e che, a loro volta. poche economie esterne creano. per una loro assoluta esigenza d, poter usufruire d1 quelle economie esterne che possono offrire soltanto sistemi metropolttam sufficientemente evoluti. Le "cattedrali" petrolchimiche e siderurgiche potevano sorgere nel "deserto", e rappresentano un punto di compromesso tra le tecnologie avveniristiche del nuovo potere managenale e la struttura "saudita" de, vecch1 "emirati" locali dell'agraria. A Gela, la presenza separata del villaggio degli operai dell'ANIC ha lasciato intatto 11mercato delle braccia nella piazza della vecchia città contadina. Le industrie manifatturiere invece, ad esempio l'Alfa-Sud, "non si calano in un deserto. ma si SO· vrappongono ad un tessuto produttivo preesistente. con effetti dirompenti". Infatti. la strategia di locallzzaz1one industriale nel Mezzogiorno delineata dal Piano, fa perno sui cosiddetti "sistemi d1 riequ1l1brio". che non rappresentano altro che il punto ott1male di insediamento delle grandi industrie manifatturiere: parzialmente periferici rispetto alle grandi aree metropolitane del Sud per avere spazi liberi e scarsa congestione, ma abbastanza vicini ad esse per ut1l1zzare in pieno le economie esterne del sistema metropolitano. Le prime considerazioni che si possono fare sono essenzialmente due: - essi polarizzano ulteriormente il dualismo interno al Sud tra i tre sistemi metropolitani (Campania, Puglia, Sicilia or1entale) e la estesa "cabilia" contadina, il duro "osso" di miseria delle zone interne; - essi agiscono, in questo ca<;e, direttamente sulle strutture produttive arretrate locali accelerando la loro crisi. "L'apparire d1 una grande impresa non rappresenta l'apertura d1 uno sbocco per le piccole. che sono le pili attive nel settore dei beni d1 consumo e che. se agiscono nel campo dei beni strumentali, non possiedono i requisiti tecnici necessari per soddisfare le esigenze delle imprese maggiori. Al centrano, la comparsa d, una grande impresa significa. per la piccola aumento repent1no dei salari e perdita della manodopera migliore; fattori questi che certo non ne rendono più taci· le la sopravvivenza" (A. Graziani, Grandi Imprese e Intervento Pubblico, Economia Pubblica, maggio '71). Contestuale a questo disegno appare la politica dei progetti speciali, "complessi organici di infrastrutture e di servizi di preminente interesse industriale". i quali (eccetto i due inter· ventt "anti•tensione" del v·centro s,derurg1co in Calabria e dell'insediamento ENI nella Sardegna interna) si configurano come strumenti della Cassa del Mezzogiorno e del Governo per l'ampliamento e la razionalizzazione dei tre sistemi urbani meridionali, in collaborazione e in funzione esclusiva delle grandi imprese che decentrano a1 Sud alcuni 1oro "reparti". La Cassa del Mezzogiorno viene progressivamente sottratta al saccheggio delle clientele agrarie e delle camorre immobiliari, per essere funzionalizzata alla "contrattazione programmata". In parole più chiare, la spesa pubblica va sempre pili a li· nanziare attività d1 grandi imprese per realizzare poi strutture totalmente finalizzate alla grande azienda industriale. Ada Collidà, interpretando "al di là della vaghezza delle enun· ciazioni, la specificazione fornita dalla legge", così descrive la strutturazione e la strumentalizzazione dei "progetti specia• li": "autostrade e superstrade (IRI); desalinizzazione (EFIMt. complessi ospedalieri. ecc. (Condotte d'Acqua, IRI); assi at· trezzati (IAI, ltalstat); reperimento e utilizzazione di risorse (= acque7). infrastrutture per l'industria (cioè per la Fiat. l'ENI, l'IAI, ecc.); attrezzatura di aree metropolitane (IAI, SME, Beni Stabili, ecc.)" (Economia Pubblica, maggio '71). Sono sufficienti questi cenni per comprendere che stiamo en· trando in una fase di svolta ulteriore nella gestione e nella destinazione della colossale massa di risorse pubbliche che viene convogliata verso il Sud, emarginando progressivamente il vecchio "circuito economico interno" del Mezzogiorno. strappando ad esso le clientele e le mafie. che diventano sempre pili gli strumenti diretti di mediazione locale e urbana della grande industria, facendo della torbida corruzione camor· rista il volto meridionale delta "lucida" programmazione tecno-

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