8 cell1z2az1one. di una certa mobilità tra mansioni diverse, di una almeno apparente libertà di determinare una parte delle proprie prestazioni di lavoro. Ma. comunque. sia regolata, que,. sta dispon1b1lità ad un certo grado il capitale pretende che sia assoluta: quella è la tecnica in atto e quella tecnica bisogna subire. Su questo punto, da1 ·54 a1 '67 il recupero del capitale è stato notevole. e dal '70 in avanti, siamo al più impegnato confronto del movimento sindacale con il padronato "pri· vato" e "pubblico" e il Governo. Una "critica sociale" che emerge dalle lotte Un confronto di questo tipo, che connette al movimento di massa una critica radicale a1 capitalismo. entro la concretezza della sua organizzazione produttiva. ed anche fuori di essa, attraverso la estensione della critica alla "oggett1vità" della tecnologia e della scienza, pane, d'altra parte, il problema dei risultati palit1ci immediati dell'azione di contestazione della organizzazione capitalistica del lavoro e. per estensione, della tecnologia e della scienza. Su questa questione. e non su essa soltanto. il modello di comportamento. per essere efficace, deve riferirsi alla classe operaia. La quale classe operaia incarna una contraddizione, fra la necessità e la volontà di negare la sua condizione di sfruttamento. e l'obbligo di subirla, per vivere nella società capitalistica che così l'ha prodotta, come classe oppressa di sfruttati. Di qui il bisogno della classe operaia di collocare le sue lotte nell'orizzonte di una prospettiva rivoluzionaria di rovesciamento del sistema e. nello stesso tempo, sul terreno di approdi immediati, in termini di modifica parziale delle sue condiz1oni di sfruttamento e di nuovi strumenti di orga• nizzazione per difendere ed estendere le conquiste immediate. in quell'orizzonte rivoluzionario. Ma questo stesso bisogno di una risposta dialettica reale ad una contraddizione sociale in atto, è presente anche fuori dell'organizzazione produttiva, nei vari ruoli sociali subalterni che compona la complessa articolazione della societil capitalis1ica, entro i quali la lona de· v! mu?v_ern tra la volontà e la necessità di negarli e l'obbligo d1 sub1rl1,ma entro una prospettiva rivoluzionaria e su1 terreno di una lotta per loro cambiamenti parziali ma reali. Si è così sottolineata la forza di una critica alla società capitalistica eh~ sia teorizzazione costruita su una reale esperienza del movimento e della classe operaia. Ciò vale per alcuni elementi essenziali di questa critica maturati nel fuoco delle lotte degli anni sessanta. Si considerino i due problemi particolari che sono già stati citati: l'ambiente di lavoro e le qualifiche. L'approccio ai problemi dell'ambiente di lavoro dal punto di vista della classe operaia, e quindi della necessità di presentarsi davanti a questi problemi in una Posizione di classe non subordi• nata, parta, nella esperienza delle lotte, ad una elaborazione concettuale di grande rilievo. Si tratta in primo luogo della ri· conquista del concetto di non oggettività della tecnologia. Ma una tecnologia non oggettiva non si modifica che contrapponen• do un punto di vista della classe operaia. che parta dalle esigenze degli operai e le confronti con l'organizzazione capitalistica del lavoro. Questo punto di vista non può esseredelegato ad altri dagli operai interessati; può esserematurato ed arricchito in rapporto alle conoscenze dei tecnici, ma deve essere espresso senza delega. Però il concetto di non-delega ha valore se riferito alla composizione sociale reale della classe operaia, nella articolazione concreta del processo produttivo. L'analisi dell'ambiente e delle condizioni di lavoro può essere reale e non delegata in quanto ha il suo fondamento non nell'individuo o nella massa indifferenziata. ma nel gruppo di operai che ha una collocazione omogenea nella produzione. Questi concetti di non-delega e di gruppo operaio omogeneo hanno una forza notevole di proiezione. come metodo di critica sociale del capitalismo che passa dalla fabbrica alle altre orga• nizzazioni composite della società capitalista, e come criterio di organizzazione dei lavoratori nelle aziende, per formare le esperienze delle assemblee e dei delegati di gruppo operaio omogeneo e. poi, dei consigli di fabbrica. L'irrompere nella lotta delle grandi schiere dei senza-qualifiche impone una riflessione di fondo. La crisi - relativa ma reale - delte qualifiche tradizionali; il dilagare di lavoro non qualificato; il trasferimento alle macchine e all'organizzazione del lavoro di elementi quantitativi e qualitativi decisivi del processo di lavoro: tutti questi fattori hanno accresciuto il distacco della figura sociale dell'operaio da1 "mestiere". I processi produttivi chiedono al lavoratore non di essere "scimmia", ma un uomo intelligen· te, capace di adattarsi alla molteplicità di mansioni elementari che gli sono richieste; e. tuttavia, in ognuna delle mansioni con• crete che gli sono richieste, nella sua ripetizione, la sua intelli· genza è poi mortificata nel modo più grave e, potrebbe dirsi, ol• traggioso. Di qui il rifiuto di farsi dividere nel frazionamento delle categorie, come nell'annullamento della qualifica nelle va-- rie forme di paghe di mansione. ad una spinta egalitaria, che è nello stesso tempo critica alla organizzazione capitalistica del la• voro e volontil di cambiarla. Anche questa consapevolezza critica passadalla fabbrica alla so· cietil; nella figura dell'operaio comune e nel suo destino. si
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