68 t confl1tt1 che 11 cap1tal1smo genera non sono tuttavia rappresentabdi come un fatto d, stona naturale: come una sene d1 reaz1on1ch1rn1che che s, osolvono necessariamente 1n un'esplosione. Non v• è alcun catalizzatore interno al sistema che ne garantisca la generallzzaz,one e l'innalzamento al livello d1 totaht/J d1 una coscienza rivoluzionaria. Il proletariato industriale continua ad esercitare un ruolo centrale e strategico nel conflitto industriate. Ma esso non si pone, come "classe generale", come soggetto della coscienza storica, catalizzatore e nsolutore d1 tutti i confl1tt1 11catal 1zzatore non può che essere esterno al sistema. E non puo trattarsi d1 un semplice "detonatore", azionato da mmoranze rivoluzionarie; perché ti problema fondamentale del socialismo è d, opporre allo sviluppo negativo del capitalismo, alla sua espansione cieca e distruttrice, un progetto positivo, un'alternativa. Il detonatore può anche in certe condizioni, d1ff1c1lmente preved1b1h,scatenare una reazione a catena; ma 11movimento insurrezionale che ne segue. quando anche v,ttonoso, ha d1 fronte a sè 11compito d1 gestire il potere conquistato tn una società complessa e differenziata. Se non ha maturato gl1 ob1ewvi, preparato I mezzi, def1nit1 i percorsi della sua azione, è destinato, o a perdere il potere 1n poco tempo nel riflusso che tutti i problemi da risolvere determinano, o a consel"\larlo a prezzo d1 una violenza che finirà per uccidere 1a ragione stessadel movimento operaio. Coloro che credono nella virtù dei "detonatori" soffrono d1 una ingenua fiduciosa sopravvalutazione del cap,talismo. Credono che esso abbia risolto tutti I problemi "materiali" di una società mdustnale avanzata, e che sia sufficiente mstallars1 al posto d1 guida. Anche i rivoluzionari p1u fieri fm1scono per diventare v1tt1me del mito della "stanza de1 bottoni". 8. Il Progetto socialista è la strategia esplicita di un nuovo movimento sociallsta che in essa ritrovi la sua ragione, la sua unità, la sua concretezza: soprattutto, la presa reale sulla so· c1età, e il 11tolo a guidarne lo sviluppo. M1 sembra che I punti quallf1cant1 d1 questa strategia possano essere1dentlf1cati: al - nella capacità d1 anticipare concretamente, nel tempo reale, gli ob1ett1v1e le configurazioni d1 un nuovo assetto della SOCtP.tàb;) · nella capacità d1 suscitare un movimento che rispecchi in se stesso il modello di una società socialista. Qualche parola su questi due punti. In una società, come quella tecnocratica, percorsa da una corTre domande politiche/ Giorgio Ruffolo Ouando gli scopi sociali di un processo tecnico sono chiariti e delimti. allora le "tecmcalità" divengono largamente indifferenti. I cibernetici direbbero che essesono rinchiuse in una "scatola nera" la società è interessata soltanto a cii>che vi entra, ma e toralmenre mdlfferente a c,0 che vi sta dentro rente impetuosa e continua d1 cambiamenti, 11problema del potere - per un movimento soc1a\1sta- è mestricabilmente connesso con la capacità di costruire modelli operacivi del futuro. L'assenza d1 scopo (che non sia quello, che non è uno scopo, della pura e semplice espans1one) tipica della società tecnocratica, trasforma la comunità in una massa di esecutori di un processo che non trova mai una sintesi al di fuori di sé; e si riproduce, qu1nd1, ampliando continuamente la sfera delta divisione del lavoro. nella quale il processo stesso consiste, attraverso una sempre più intensa frammentazione dei compiti, che togl1e al lavoro ogri• significato. In tal modo, nata dalla necessità della divisione del lavoro, la tecnocrazia tende a riprodurla e ad estenderla, accrescendo la base del suo potere nell'assenza d1 un controllo sociale. Dare un senso all'attività pmdutt1va, f1ssadedegli obiettivi, degli scopi sociali s1gmfica porre i termmi del controllo sociale e definire il campo entro 11quale la tecnocrazia deve operare: campo non eliminabile, ma riducibile entro I margini della visione del lavoro effettivamente necessaria e funzionale rispetto a quegli scopi. Se quegli scopi non sono fissati, se un sistema d1 controllosociale sugli obiettivi non è stabilito, la tecnocrazia si riprodurrà fatalmente, anche dopo una conquista del potere politico. D'altra parte: la pretesa tecnocratica, secondo la quale un'organizzazione industriale moderna, complessa e d1fferenz1ata, non può esseregestita democraticamente. somiglia molto a quella delle antiche caste sacerdotali che nascondevano con compl1cat1 riti a1popolo il calendario delle stagioni. Una tecmca, o un insieme di tecniche è misterioso solo finché non se ne conoscano le finalità. La differenza tra i tecnocrati e i sacerdoti è solo questa: che i tecnocrati non conoscono essi stessi lo scopo dei loro riti. Del resto, come nell'ambito della burocrazia è antica abitudine quella di seppellire i responsabili politici sotto una valanga d1 frivolezze ammimstrat1ve per disorientarne le capacità di giudizio, cosi è buona regola dei "tecnici" d1 usare l'ermetismo come paravento a una responsabilità sociale, della quale essi stessi non hanno una chiara coscienza. Quando gli scopi sociali di un processo tecnico sono chiariti e definiti, allora le "tecnica1ità" divengono largamente indifferenti. I cibernetici direbbero che essesono rinchiuse in una "scatola nera": la società è mteressata soltanto a ciò che vi entra e a ciò che ne esce, ma è totalmente indifferente a ciò che vi sta dentro. Inoltre, la definizione, attraverso un progetto operativo di ob1et-
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