Tre domande politiche Il carattere tipico del movimento dei delegati, cosi come è apparso con assoluta chiarezza nella sua prima fase, risiede nel legame tra esigenze immediate di mutamento delle condi• zioni di lavoro ed espansione di aree di potere operaio. Per questo l'esperienza dei delegati, con il suo carattere di massa e politico, ha rappresentato il primo concreto apparire di una possibilità rivoluzionaria in un paese a capitalismo maturo, seppure ovviamente in embrione e come tendenza. Occorre compiere una analisi della fabbrica moderna e delle "lotte nuove", individuare il processo di rovesciamento in ricomposizione soggettiva dell'unità minima di lavoro che permette di bloccare il fiosso e fonda nello scasso del ciclo di lavoro la autonomia di classe. occorre cogliere la radice profonda della lotta operaia nella messa in discussione del potere capitalistico cosi come esso è oggettivato nell'organizzazione del lavoro, per arrivare a sottolineare il dato di fondo, irreversibile - al di là delle fasi particolari e locali del movimento di massa, a1 di là dei livelli di organizzazione e di coscienza politica che esso esprime - rappresentato dall'attacco all'organizzazione capitalistica del lavoro attraverso le unità omogenee di lavorazione, che può anche non diventare mai attacco allo Stato e al potere sociale del capitale, ma che certamente costituisce un fattore di instabilità permanente. E occorre avere presenti questi elementi per avere chiaro che il fenomeno dei delegati, cioè degli embrioni del movimento politico di massa. è un fenomeno direttamente legato alla reahà specifica della fabbrica mod\'!'rna, ed è qlfindi un fenomeno di fondo, contro ogni rischio di sopravvalutazione nel breve periodo e di ideologizzazione del delegato. ma anche contro ogni sottovalutazione della sua importanza. Questa considerazione ci pare non secon• daria in quanto l'esperienza dei delegati, non appena sono comparsi i primi segni di una mancata stabilizzazione del loro ruolo autonomo, da diverse parti è stata data come esperienz• ormai liquidata, passata ad una pura funzione di mediazione istituzionale, e ciò è avvenuto perché non ne sono stati colti i legami specifici tra organizzazione del lavoro, organizzazione della società e del potere e coscienza operaie di massa. E' importante notare che fino a quando si è conservato il rapporto delegato-gruppo omogeneo-lotta contro le condizioni di lavoro, il delegato non è andato in crisi. cioè non si è ridotto a strumento interno al sistema di rappresentanza proprio del potere capitalistico. Questo non si è verificato perché la narura di quel rapporto significa embrionale capovolgimento della democrazia borghese, oltre che della "legalità industriale". La faccia ''selvaggia" e incontrollabile del movimento dei delegati fa parte della crisi delle istituzioni che il 59 movimento politico di massa induce come scasso delle media· zioni politiche. Ed è precisamente lo scasso del meccanismo di rappresentanza che costituisce l'aspetto nuovo - e che contiene in sè le indicazioni più feconde per lo sviluppo del carattere anti·istituzionale delle lotte di massa - , presente nelle lotte operaie più significative del '68-'70. Il rapporto tra organizzazione e movimento, in concreto tra delegato e gruppo operaio omogeneo in fabbrica, così come si presenta nella fase in cui l'iniziativa è nelle mani degli operai, è il rovesciamento del rapporto di rappresentanza istituzionale. L'organizzazione non si rapporta infatti al "ge· nerale", cioè all'apparato di mediazione attraverso cui lo Stato si presenta come canale predisposto di risoluzioni di interessi particolari in relazione ad altri interessi particolari, ma unicamente alle "Unilaterali" necessità di sviluppo del movi• mento di massa. In questo senso preciso il punto di vista operaio tende a diventare generale, poiché rifiuta le regole istituzionali che tendono a ridurlo ad interesse particolare. Nè il carattere anti•istituzionale e "unilaterale" dell'organizzazione di fabbrica è in contraddizione con la costruzione delle alleanze: ne costituisce anzi la condizione. In una società che si modella sulla fabbrica, che appare configurata secondo il dispotismo dei rapporti di produzione, le altre classi subalterne trovano il proprio unico riferimento antagonistico nel rovesciamento della fabbrica. Nel momento in cui, nel '68-'70. cominciano ad apparire le forme organizzate dell'autonomia operaia, si dimostra la pos· sibilità della rottura dello Stato. della "disorganizzazione organizzata" dell'apparato di mediazione dello Stato moderno. Ma il movimento del "maggio" è entrato in crisi, l'iniziativa è passata all'avversario di classe e la controffensiva capitalisti• ca è venuta avanti con sempre maggior forza. Nasce a questo punto una questione di fondo che consiste nel vedere come e perché il movimento è andato in crisi: dalla risposta a questa domanda può derivare la riproposizione di una pratica politica improduttiva a subalterna, oppure può derivare il tentativo di porsi in modo coerente rispetto alle tendenze presenti nel movimento del '68-'70. C'è un primo modo di rtspondere a questa domanda, ed una prima risposta: le potenzialità del ·•maggio" sono andate disperse perché è prevalsa la linea del PCI, che ha ricondotto il movimento dentro le istituzioni, lo ha fiaccato e quindi liquidato, aprendo così la strada alla reazione capitalistica. In sostanza, il PCI ha fatto prevalere la sua linea perché è forte e organizzato, e noi no;
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