52 Tre domande polittche / Antonio Giolitti I gruppuscoli sono nostri figli, non soltanto perchil spesso 1 nostn figli ne fanno parte, ma perche la mia generazione e responsabile dello staro di cose che li ha generatt S, ,,parte da zero, dalle macene Una specie d, nuovo monachesimo. dopo le nuove invasioni barbar,che società occidentale moderna non produce altro che frustaz,one (perche que, modelli s1 riveleranno o falsi o non imitabili) e non conduce ad altro che a una posiz10ne subalterna nei confronti della società rifiutata (perché 11 rifiuto è un'affermaz10· ne di libertà morale ma è rinuncia atraz,one potittca che contesti la supremazia sul suo terreno). Infatti, , "gruppuscoli" sono per loro natura - per definizione, s, potrebbe dire - la formula organizzativa (o forse megho si direbbe agglomerati• val che 1st1tuzionalizza la pos1z1onesubalterna perché nnunc1a in partenza a impostare l'azione poht1ca in funzione d1 una "egemonia" (nel senso gramsciano) da conquistare ed esercitare. Sotto questo aspetto, i gruppuscoli sono il prodotto dei due ricordati fallimenti e di tutte le rovine che ne sono deri· vate: sono nostri figli, non soltanto perché spesso I nostri fi• gli ne fanno parte, ma perché la mia generazione è responS& bile dello stato dt cose che li ha generati. Si riparte da zero, dalle macerie. Una specie di nuovo monachesimo, dopo le nuove invasioni barbariche. Ci s1 rifugia nella purezza di una dottrina attinta alla sorgente. o nella ricerca socio•econom1ca della "verità .. che si incarni m on modello e redima. $1 va alla ricerca di nuovi maestri, dopo il ripudio dei vecchi: ma non ci s1 accorge che il guaio non è stato· quello di essere 1ncappat11n maestri cattivi, bensi Quello di esser partiti verso una ricerca sbagliata, la ricerca del verbo, che mist1f1ca quale sia 11maestro che lo propina. Per fortuna , m~estri oggi non si trovano e l'autod1datttsmo a cui sono costretti i gruppuscol, incrementa lo spirito cfltico e la molteplicit'3 degli approcci. E' la strada più lunga, per arrivare sia alla rivoluzione politica sia alla rivoluzione culturale. Il cammino percorso lungo que• sta strada dal "marxismo delle nuove generazioni" non mi sembra che abbia scoperto nuove terre né aperto nuovi oriZ• zonti: ma certo ha reso più difficile alle vecchie generazioni di continuare a mietere sulle terre usate e a dipingere onzzon• t1 di glona; ha investito alla radice aspetti fondamentali del rapporto tra società e cultura, tra proletariato intellettuale ed establishment pseudo-intellettuale. 4. Ebbene, credo che bisogna proseguire questo cammino aspro e tortuoso. spesso ingrato e incompreso. L'idea e la politica so· cial1sta hanno bisogno d1 questo impulso, d1 questa continua sollecitazione utopistica, della inesorabile contestazione verso tutto ciò che sembra stabilizzarsi allentando la tensione ideale verso mete ulteriori. Si potrebbe osservare che non si è qui 1npresenza di una dialet• tica peculiare del socialismo, avendoci Machiavelli ricordato che "la natura ha creato gli uommi in modo che possono desi• derare ogni cosa e non possono conseguire ogni cosa: talché essendo sempre maggiore d desiderio che la potenza dello acqu,stare, ne risulta la mala contentezza d1 quello che si pos• siede, e la poca soddisfazione d'esso" (Discorsi, XXXVIII. Certo tutto é g1à accaduto. Ma la critica marxista e l'utopia socfallsta razionalizzano attraverso l'analisi e finalizzano attra· verso la strategia politica quella perenne inquietudine della natura umana Si rischia però di svoltare in una via senza uscita se la domanda a cui si cerca risposta e quella sul "socialismo degli anni '70". In questo modo. con questo tipo di domanda, l'utopia non è piU contenuta e trattenuta in una dimensione storicisti• ca e non è più capace di stimolare e generare una risposta politica. L'ancoramento storicistico. invece, è a mio avviso indispensabile, irrinunciabile. Solo con la capacità egemonica che può esser data da una v1s1onestoric1st1ca l'rmmaginazione potrà conquistare il potere e conservarlo. Il socialismo degli anni '70 rton esiste e non basta l'immaginazione a crearlo: bisogna costruirlo nella storia, attraverso la storia, in una prospettiva storica. Se a Cuba e m Cina possiamo trovare embrioni o speranze dt socialismo non è perché F1del e Mao abbiano saputo rispondere alla domanda "qual è il socialismo degli an• ni '70" (forse nor1 se la sono mai posta perché avevano ben altro da farei. ma perché alcune soluzioni rocialiste hanno fornito risposte valide alle domande poste dalle società cubana e cinese. Questo appunto occorre fare: prima d1 ce1care la ri• sposta, porsi la domanda giusta. e cioe cogliere il senso esatto delle domande che scatunscono dalla realtà sociale, nella sua dimensione stonca. E allora acquisterà anche un senso la lotta "contro 11sistema". Se la rivoluzione socialista ha come avversario e Come oggetto non il t.ranno ma il sistema, il suo procedimento dev'essere maieutico: si abbatte o st rovescia il ttran• no, ma 11sistema si può soltanto trasformarlo e sostituirlo, è dal grembo del vecchio che scaturisce il nuovo. e questo non basta prefigurarlo immaginando il socialismo degli anni '70 ma bisogna tradurlo via via m nuovi rapporti sociali, nuovi compor• tamenti, nuovi istituti ecc. Siccome il nuovo sistema non è già qui bell'e pronto e neppure c'è chi sa inventarlo, né ci sarebbe· ro le forze sufficienti a mstaurarto, unica via è quella delle ri• forme. 5. Certo. m Italia, e non soltanto"all'alba c1eglianni '60" ma anche dopo, non pochi hanno "scambiato la via italiana al soci• lismo per via XX Settembre", e i loro entusiasmi per il centrosinistra mi hanno ricordato l'esortazione larlciata da un personaggio d1 Balzac: "Ams1, mon cher. deviens le h6ros, l'appui,
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