giovane critica - n. 29 - inverno 1971

IL RUOLO 51 DELLE FORZE SOCIALI STA PER DIVENTARE DECISIVO ANTONIO GIOLITTI Non risponderò partitamente alle tre stimolanti e pertinenti (e talvolta opportunamente impertinenti) domande di Giovane critica. Articolerò in cinque punti alcune variazioni sui temi che in modo esplicito o anche soltanto ,mpllcito quelle domande evocano. presumendo di poter recare cosi non certo un contributo originale di pensiero ma almeno la test1mon1an• za di un'esperienza personale maturata in alcuni anni d1 medi· tazione e di azione politica. Intendo dire. cioè. che non mi propongo di esporre giudizi ma piuttosto di espormi al giudizio dei giovani critici. 1. Non credo che si riesca a dire qualcosa di utile per distri• care il groviglio di problemi enunciati nelle tre domande se non si tien conto del peso che sulle vicende de1 manosmo e del socialismo dell'ultimo mezzo secolo hanno avuto e hanno tuttora due fallimenti di dimensioni, ormai. "secolari": il falli· mento del tentativo di fare dell'espeneriza sovietica un pri• mo esempio di esperienza statuale socialista; il fallimento delle reiterate previsioni di "crisi generale" e di "crotlo" del capita· lismo. Credo di potermi considerare un personaggio abbastan· za rappresentativo di quella parte della mia generazione che è passata non indenne attraverso te esperienze intellettuali e politiche del marxismo nel ventennio tra il 1936 e il 1956 (dalla guerra di Spagna e dal Front populaire, dalle letture di Antonio Labriola e del Soviet Communism dei Webb al rap• porto Kruscev e alla rivoluzione ungherese) per affermare che per almeno un decennio (i dubbi cominciarono a sorgere di fronte alle inoccultabili degenerazioni dello zdanovismo e del Cominform e di fronte alle capacità di ricostruzione dell'eco• nom.a capitalistica) ci siamo nutriti di fiducia nell'URSS e di attesa della crisi catastrofica del capitalismo. Non mi soffermo sulle ragioni storiche di tale obnubilamento del giudizio critico. Credo che essesiano sufficienti per salvare dalla squalifica intellettuale e politica quanti della mia generazione di tale obnubilamento sono stati in parte vittime e in parte artefici; ma certo non esimono dalle conseguenze che se ne devono trarre in termini di autocritica e di umiltà. Ciò nonostante, il dogmatismo perdura, sia pure con varianti e chiose in chiave di "neo•storicismo" e di "new economics" che però non in• frangono i limiti dell'ortodossia. E allora bisogna ancora in• fierire, ricordare che dopo più di mezzo secolo dalla rivolu• zione del 1917 e dopo quasi mezzo secolo dalla crisi del 1929 il marxismo e il socialismo degli anni '70 non hanno ancora smaltito e riassorbito le conseguenze devastatrici di quel duplice fallimento. Bisogna ancora infierire, anche perché si profila il pericolo che quegli errori di giudizio e di strategia abbiano a npeIers1. 2. C'è un aspetto che mI attrae m quegli errori e ne dimostra al tempo stesso la pencolos1ta e. d1re1. le generos1ta. Al fon· do, infatti. c'è Ila componente utop1stica. che è un aspetto meliminabile. d1 grande valore 1nteltettuale, letterario e urna-- no. del socialismo: 11suo afflato universale, la sua generosità, appunto. che intende e intraprende la politica come costruzione dell.i potts e non soltanto come lotta per il do· m;r,;o della polis. Ma 11pericolo è che 11disegno utopistico si irrigidisca e isterilisca in idolo e dogma. Ad evitarlo, giova ricordare l'ammonimento di Machiavelli: "gli uomini fanno questo errore, che non sanno porre termtne alle speranze IO• ro; ed in su quelle fondandosi, senza misurarsi altrimenti, ro· vinano" (Discorsi. XXVII). Appunto, l'orizzonte 1ndefin1to di quelle speranze è un impulso generoso all'azione; ma bisogna sapergli porre un termine. Invece, ancor oggi le speranze vengono rivolte a "modelli" che affascinano f:)erché sembra eh~ si aprano a un avvenire che non pone alcun termme alla rivoluzione politica, sociale. culturale. Ah1me. dopo e nonostante il fallimento del massimo modello. del massimo sistema, giovani di tutto il mondo che hanno da perdere molto di più delle loro catene si uniscono per proclamare e imitare nuovi modelli. Voltate le spalle all'Occidente. li cercano a Cuba. in Cina, in Africa. Su questa strada davvero dovrebbero trovare "che tutto è già accaduto". Purché se ne accorgano in tempo. Verrebbe voglia di invitarli a leggere il famoso capitolo sui cannibali degli E$Saisdi Montaigne: si accorgeranno che la polemica antieuropea. il mito del paradiso terrestre e l'esaltazione della vita dei selvaggi hanno lontane origini. Ancora ricerca di modelli e - parallelamente e inesorabilmente - ancora profezie sul crollo del capitalismo, che se non marcirà per dissoluzione interna sarà scardinato dalla dialetti· ca storica con i suoi antagonisti esterni. quelli appunto che creeranno o accoglieranno i nuovi modelli. Fallito l'attacco attraverso le contraddizioni interne, fallita la sfida lanciata dal modello sovietico, la contestazione e la dissoluzione verra dal Terzo Mondo. 3. So benissimo di essere stato un po' troppo disinvoltamente irriverente verso idee. aneliti e qualche volta anche analisi degne di rispetto e non prive di argomenti. Ma il veleno del mio argomento vuol essereun contravveleno a quella che mi sem• bra una intossicazione dilagante. L'iconoclastia anti-occidentale alimentata dall'attrazione emoti· va verso modelli esotici e non da un'analisi raziocinante della

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