giovane critica - n. 29 - inverno 1971

~~r:!:,!~;:!~ite discutibile che il passaggio dalla fase dell'uniti, 5 antifascista a quella della uscita dal Governo dei comunisti sia avvenuto all'insegna. di una continuitiJ di collaborazione per la produzione: al contrario concessioni salariali che sono consentiti nell'ambito di tecno,. logie che aumentano fortemente e continuamente la produtti• vità del lavoro, e per il fatto di collocarsi nel quadro di una trasformazione dei consumi che rende panecipi i lavoratori di consumi che stanno ben oltre il limite della pura riproduzione della forza di lavoro, determina in questi gruppi operai una posizione di collaborazione di classe (li integra nel sistema come consumatori; ne elimina la coscienza di classe per degradarla a sensibilità corporativa di un gruppo sociale fra altri gruppi sociali in una società pluralistica; questa ed altre definizioni più peninenti sono state date al fenomeno, ma non siamo nella sede di una ricerca specifica e ci si può ac• contentare di una prima approssimazione). La premessa dell' analisi critica fu proprio il rifiuto di questa risposta, non solo perché coincidente con le pasizioni sostenute dalla propaganda padronale e governativa. ma perché sfuggivano cosi, in una statica valutazione sociologica, i dati essenziali del movimento nelle fabbriche e della sua crisi. Il movimento nelle fabbriche era stato diretto ed organizzato sulla base di una autentica preoccupazione di unità di classe. E' assolutamente discutibile che il passaggio dalla fase della ri• costruzione e della unità antifascista a quella della uscita dal Governo dei comunisti e dei socialisti e della rottura dell'unità antifascista, sia avvenuto nelle fabbriche all'insegna di una continuità di collaborazione per la produzione: al contrario, la forza organizzativa dei Sindacati fu fatta pesare, soprattutto nelle grandi fabbriche, proprio per condizionare efficacemen• te l'attività produttiva in una industria largamente risanata dai più gravi danni di guerra, alle esigenze dei lavoratori. e proprio contro questo condizionamento fu portato tutto il peso della scissione sindacale, dei licenziamenti di rappresaglia, di trasferimenti, della chiusura di reparti ed aziende come armi di attacco generale alla occupazione e di conseguente ricatto sul lavoro. Non a caso. la polemica anti-comunista e anti-CGIL da parte della FIAT fu centrata sull'antagonismo fra costrutto· ri e distruttori entro lo stesso movimento sindacale. Vi era. invece. la preoccupazione opposta, per cosi dire da sinistra, che l'azione sindacale aziendale, per essere chiusa nella fabbrica e per il suo carattere inevitabilmente anch;, di aumento salariale aziendale, desse luogo a posizioni aziendalistiche e corporative. aprisse maggiori distanze salariali e quindi divisioni fra gli operai occupati,.distaccasse gli occupati dai disoccu• pati. gli operai di fabbrica dai lavoratori delle campagne. offulCalll la coscienza di avanguardia di uno schieramento nazio- ~ di cl- proprio nei reparti più concentrati e combattivi degli operai. Quindi, lo schieramento che si tendeva a determinare nell'azione era sempre il più vasto schieramento socia· le: rivendicazioni orizzontali, eminentemente salariati, per i la· voratori occupati; rapporto con le masse di lavoratori semi-oc• cupati e disoccupati; solidarietà con i lavoratori delle campagne; risposta alle repressioni politiche. L'insuccesso di questa linea non fu certo sui punti più politi· ci ai quali fece riferimento. La risposta agli eccidi della poli· zia di Scelba, la solidarietà con i braccianti in lotta per la ter· ra, lo slancio stesso degli operai a sostegno di tutte le lotte per avere lavoro delle masse di disoccupati: sono, queste. pagine importanti della storia delle lotte operaie fra il 1947 e il 1952. L'insuccesso appariva legato invece a due punti precisi: it distacco dalla realtà viva della condizione di sfruttamento in fabbrica, per Ione rivendicative condotte su piattaforme ridotte al minimo denominatore comune di richieste valide per tut• ti; il carattere prevalentemente di supplenza ai limiti della espansione produttiva promossa dal capitale, ma non fuori dalla logica di questa espansione. delle proposte tendenti ad inci• dere positivamente sulla occupazione. come prevalentemente è vero per il "piano del lavoro" e per le istanze produttivistiche che vi hanno fatto seguito, tipo "vetturetta" FIAT. A proposito di questo secondo punto, va notato che anche le posizioni tendenti a sottolineare il carattere riformatore, di trasformazione della società, che deve assumere l'azione sinda• cale, tipo un famoso articolo di Togliatti su Rinascita nel 1949. partivano da una netta sottovalutazione degli elementi di dinamica produttivistica presenti già acutamente nel 1948• 1949 in una parte delta grande industria. In definitiva, ciò che la critica suite ragioni della sconfitta degli anni cinquanta tendeva allora a mettere in evidenza era un errore nella concezione del ruolo di avanguardia dei settori pili concentrati della classe operaia della grande industria. Questo ruolo era fatto necessaria• mente di consapevolezza Politica di essereguida del piU vasto schieramento sociale. Ma tale stessaconsapevolezza politica non poteva reggere, se non si rinnovava e verificava prima di tutto in fabbrica, nella condizione di lavoro, sui problemi dello sfrut• tamento operaio in fabbrica: come dire che anche a metà del ventesimo secolo, il Capitale di Carlo Marx comincia sempre dal primo volume. La condizione di lavoro e di sfruttamento in fabbrica é la realtà centrale di tutto lo scontro di classe e sem• pre cominciando da quella realtà una avanguardia reale della classe operaia. costituita dai suoi reparti più numerosi e concen• trati, può reggere il suo ruolo nella lotta. Naturalmente, l'asprezza della discriminazione e della rappresaglia contavano in misu-

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