LO SCONTRO SOCIALE RESTA APERTO ELIO GIOVANNINI Non wno conv1rlto che si Possa liquidare con una generica dichiarazione di fallimento le esperienze che una genera· zione di mi11tantt e l'insieme del movimento hanno vissuto negli ultimi anni. E non m1 pare vero che il problema della costruzione di una risposta strategica consista nel raccogliere fra i cocci del gruppettismo e dell'avventurismo, o nella bancarotta del burocratismo delle forze 1sutuz1onali, qualche reperto da ut1l,zzare per il nuovo disegno. Il 1968-69 italiano non e stata una "coda". ma una antic,paz1one: andare a scuola da questa esperienza non significa p,angere una occasione perduta, ma preparare, alla lotta che vtene. Questo m1 pare il primo punto da discutere: se l'elemento dominante della situazione è rappresentato dalla crisi (che c'è certamen· te) delle diverse proposte della sinistra, o dal fatto che resta· no sostanzialmente aperti i termini di un grande scontro socia• le (ed è questa la mia opimonel. Poiché è ridicolo dividerci tra ottimisti e pessimisti, si tratta di partire da una analisi il più possibile obiettiva di quello che c'è nel movimento. senza perdere di vista 11quadro complessivo del sistema, e la sua dinamica reale (economica e politica). E qui. il 91udiz10 sulle debolezze dei margini riformistici e sulla instabilità che ne deriva mi pare che può essere netto. Stiamo raschiando 1\ fon• do del barile del "miracolo" in una situazione d1 diffusa insi· curezza "imprenditoriale" e di guerra commerciale internazto• nale; manca una proposta unificante del fronte padronale in avanti, per un nuovo disegno generale di politica 1ndustna1e; la programmazione e le scelte concrete del CIPE e del Gover· no ne prendono atto e, rinunciando ai sogni del Piano Pierac• cmi, si impegnano su di una linea di concentrazione (Piano Chimico) che tende a trasferire alcuni settori nel paradiso del• le multinazionali, abbandonando tutto il resto (industria mi· nore, agricoltura, mezzogiorno) alla politica assistenziale dello Stato. In queste condizioni, le possibilità del sistema di acquis1re consensi importanti m1 paiono fortemente ridotte. se si esclu· de l'allargamento di una base sociale derivante dalla trasfor· mazione dell'intero Paese in una specie di grande Mezzogiorno. Per questo oggi l'operazione riformista non può passare per la cattura neo•gioli1tiana d1 una inesistente aristocrazia ope• raia, ma per la terziarizzazione clientelare del Paese e delle sue istituzioni. Se non mi sbaglio completamente è abbastanza difficile che il capitalismo italiano recuperi quel consenso di massache è stato rotto dalle lotte degli ultimi anni. L'ipote· si di una intesa con la OC per un comune "governo" dell'eco• nomia, certamente presente in importanti settori delle sini· 49 stre, una volta depurata degli elementi d1 velleitarismo ed, avventurismo che pure contiene, e destinata a scontrars1 con diff1colta analoghe a quelle che hanno messo 1n crisi Il PSI nella fase m111aledell'esperienza di cen1ro-s1n1stra 11PSI e mancato come gestore del rapporto con le masse non perche fosse meno forte e meno ascoltato del partito comunista, ma perché 11disegno del centro-sm1stra non aveva nulla da off11· re alle masse lavoratoci. E' accaduto cosi che mentre I g,upp1 comvolt1 nella opera· z1one riformista si un1f1cavano nell'intento d1 allargare le ba· s1di massa del sistema e d1 stabilizzarlo. la unificazione delle lotte allargava l'area del dissenso schierando all'oppos1z1one i lavoratori soc1alls11e quelli cattolici. Proprio perche nessu· no può pensare che 11PCI metta tranquillamente a repentaglio quel rapporto con le masse che ne ha fatto storicamente il partito della classe operaia italiana. ci pare realistico e possibile combattere la battaglia contro le tendenze riformiste. In questo quadro le scelte (e le non scelte) del prossimo Congresso comunista (come su piani d1vers1quelli delle ACLI e del PSI) avranno una notevole influenza sull'orientamento del movimento m tutta questa fase. Quello che sta avvenendo sul piano smdacale ci pare con• fermare questa 1potes1d1 fondo. Non ignoriamo l'egemonia che I riform1s11 hanno nel processo d1 unificazione sindacale. e la organ1c1ta dei loro collegamenti con un vasto arco d1 forze politiche esterne al sindacato. la forza dell'ala riformi· sta del sindacato non sta soltanto nella sua capacità di rappre· sentare un settore assai ampio del mondo del lavoro. ma nel suo apparente "realismo", e nell'intreccio personale. politico. culturale che la lega alla prospettiva d1 una stabilizzazione democratica del capitalismo. lo sforzo che si sta facendo (Con· fmdustna. Governo) nei confronti del smdacato mira alla de· fmizione di una grande accordo sulle procedure. che consen• ta una "partecipazione" al piano ed alle scelte economiche come autorita salariale, e non ad un accordo politico su conte• nuti definiti di cui mancano le cond1z1on1effettive. In questo sta però la d~bolezza di una proposta che non è obiettiva• mente in grado di offrire al sindacato alcuna contropartita reale. E per queste ragioni la sinistra smdacale, malgrado 11 suo totale isolamento a livello d, schieramento poht1co, è m grado di condurre una battaglia contro l'integrazione e di far fallire il tentativo di usare l'unità sindacale per la stabiliz• zazione del sistema. La fase che si apre è destinata a ridurre, e non ad allargare. le basi sociali del sistema capitalistico italiano: e sul terreno dello scontro soc,ale (obiettivi e forme
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