giovane critica - n. 29 - inverno 1971

Tre domande politiche di una risposta necessariamente riduttiva. non fosse altro per ragioni di spazio, devo ripetere che ritengo questa eredita del mar• xismo inessenziale e perciò espungibile. senza che dell'edificio crolli, se non una parte e non la più importante. anche se fino oggi esso è stata considerata tale; a condizione si intende che la critica sia rigorosa ed impietosa: sono d'accordo difatti con Lelio Basso che il marxismo. lungi dall'essere superato. ha ancora da essere tutto esplorato. Se si accetta senza timidezze e senza angoscie la necessità d1 legare le nuove esperienze rivoluzionarie ad una ininteriotta critica marxista del marxismo (e non soltanto, come sI è cominciato a fare. ad una critica marxista delle esperienze storiche attuali del marxismo. anche essa necessaria!. allora vengono in luce nodi importanti, oscurità da chiarire, contraddizioni da risolvere per finalmente uscire anche sul terreno teorico da quella che fu di fatto (ancora in larga misura lo è) almeno nei paesi europei, la ideologia reale (e non quel· la professata) suggerita a, e praticata dalle masse. un misto cioè di umanitarismo borghese, di progressismo positivista, di caritatismo cristiano. in fondo di populismo. C'è, per esempio, da domandarsi perché, e senza alcuna spie· gazione critica, siano entrati a far parte del movimento rivoluzionario ideologemi tipici del mondo borghese e addirittura dell'ala pili conservatrice del mondo borghese (o di quello precapitalista! ): ta famiglia, la comunità locale, i particolari• smi linguistici e regionali. per non parlare dei movimenti di liberazione della donna, per la libertà sessuale e via dicendo: acquisizioni o riacquisizioni che sono certamente essenziali per una strategia rivoluzionaria, ma a condizione che esse vengano non semplicemente ereditate, così come il mondo borghese le ha trasmesse. ma rielaborate, non foss'altro (e ciò mi pare importante) perché bisogna pure rendersi conto anche sul terreno teorico se perché e come esse sono riduci· bili al tema fondamentale della lotta dì classe o se per avventura non siano inaccessibili ad una rigorosa interpretazione classìsta. Credo appaia chiaro che per me, il nodo più sìgni· ficativo da sciogliere per una rinnovata strategia rivoluzionaria è quello della ideologia produttivistica e della sua espunzione dal marxismo. Fra ra1tro, il criterio (che appunto il marxismo ereditò dalla sua matrice capitalistica) del produttivismo in• definito come condizione materiale per una società comunisti• ca pienamente dispiegata (produttivismo che anzi solo una società comunistica avrebbe garantito) oggi sta diventando un nonsenso scientifico, una volta dimostrato, a parte le superfetazioni futuribili degli ecologi, che esso é incompatibile ed a 47 breve non a lungh1ss1mascadenza, con l'esistenza stessa della biosfera (smentita pili solenne non poteva venire al mito borghese del progresso mdefm1to, ma anche a chi l'ha ereditato). Del resto. mI sembra che settori ImportantI del movimento operaio mostrino di avere acquIs,to l'essenzialiti:t d1 questo punto, se debbo giudicare dalfa risposta della CFOT francese a I' Humanité. ove 11rifiuto del produttivismo è posto ener· gIcamente come motivo d1 lotta del movimento sindacale. M1 sembra perciò che la saldatura fra le esigenze espresse dalle grandi contestazioni giovanili. studentesche, operaie di questi anni con le impostazioni delle forze politiche tradiz10· nali. vada ricercata nella comune coscienza che la strategia rivoluzionaria di queste ultime deve essere aggiornata e cali· brata, non certamente acquisendo quella o quelle incerte, con• fuse e appross1matIve o primitive suggerite dai movImentI, ma le esigenze che essi esprimono senza compiacenze e senza fughe ai tropici. ma senza neppure autocompiacenze. E se ciò deve rimettere m questione non ciò che è vivo del leninismo, ma la dogmatica del leninismo, ebbene, la si rimetta in questione. E' m questo contesto che va rice,cato un tentativo di rispo• sta alla prima delle vostre questioni, riguardante l'eredità e la reviviscenza dell'apporto importante del non dimenticato Raniero Panzieri a una strategia operaia; apporto coevo con quello dell'é,quipe di Socialisme ou barbarie (dissoltasi proprio atla vigilia del maggio francese che doveva apportare la pili robusta delle conferme alla sua elaborazione! ). Il problema cioè che possiamo riassumere sinteticamente (ma in modo certamente riduttivo) in quello dell'autogestione, é strettamente legato a una revisione critica del leninismo. Non è di fatto l'ultima delle anomalie e delle contraddizioni di questa stagione l'etichetta marxista leninista rivendicata da molti dei gruppi che hanno posto energicamente le esigenze antiautoritarie. autogest1onali, antigerarchiche cioè libertarie, poiché nel pensiero e nell'azione di Lenin esiste ad un certo punto, come ha rilevato Claude Berger in un saggio su Politique aujourd'hui una "strana coabitazione del Lenin amarxista col Lenin leninista". La contraddizione, o, meglio, la svolta nell'azione rivoluiionaria e nella teoria ha una data ben precisa che si può riferire alla pubblicazione de La catastrofe imminente e alla risposta al gruppo bolscevico della "opposizione operaia" del 1921, quan· do appunto Lenin opta per 1Isocialismo di stato. abbandona

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