Tre domande politiche/ Fausto Tortora solo la capacità di gestire il riflusso, magari anche attraverso la ripresa produttiva, ma la forza di costruire momenti in cui s,a la classe operaia all'offensiva. consapevolmente. Queste sono a mio avviso le domande che questo decennio, olue le geremiadi dei commentatori politici che parlano di centro·sinistra senza alternative, consegna ai militanti d, classe. Il socialismo degli anni settanta Si parla sempre più spesso. perfino in ambienti pagati dalla Confindustria, di rivoluzione e d1 socialismo: più spesso ancora d1 "rivoluzione culturale". S1sta perc,ò spargendo in giro un'idea della rivoluzione come aspirazione sentimentale che nulla ha a che vedere con la necessità, che emerge all'interno d1 una cena fase storica, caratterizzata da determinati rapporti di produzione, d1 passare da una forma di civiltà, quella borghese. ad un'altra organizzazione economico·sociale. Questa idea della "rivoluzione come sentimento", insieme a11a sua complementare, della "scelta per il socialismo" come opz10• ne possibile tra altre scelte, tutte ugualmente legittime. denun• eia tutti i limiti e le insufficienze sul piano teorico di molto personale politico della cosiddetta "nuova sinistra". Ciò è tanto più grave, se si vuol costruire una strategia di classe incisiva e storicamente adeguata, proprio perché l'incidenza della "so• vrastruttura". cioè la capacità del sistema di lanciare messaggi di integrazione e di cooptazione è in continuo e costante au• mento; si è estesa anzi fino a tentare di esorcizzare formule quali la "rivoluzione culturale", fornendo di questo avvenimento storico diverse interpretazioni ad uso occidentale. In realtà. a me pare che la c1uestione [)ÌÙ rilevante. prima di pensare a quale volto debba avere il socialismo, sia quella di creare coscienza di classe anche sulla riflessione della storia del movimento operaio e, consequentemente, formare dei militanti consapevoli della necessità, ottreche della mevitabilità, di una rottura drammatica con l'ordine esistente. In altre parole è necessario continuare a ripetersi e a ripetere che al socialismo non s, arriva quando i padroni saranno conquistati, affascinati e convi('lli della bontà della "nuova società", ma attraverso uno scontro. L'inevitabilità della rottura rivoluzionaria richiama immediatamente l'idea della violenza rivoluzionaria: questo e probabilmente inevitabile ma forse riduttivo, soprattutto se si fa coincidere la necessità storica della rottu· ra, con la violenza o, peggio. se la violenza e scambiata come unico agente di rottura di equilibri storici consolidati, di rapporti di potere estremamente complessi. 45 Concludendo. se 11soc,at1smo non è Togltatt1grad, non e la "produwv,tà soc1a11sta",non e 11messaggio d, c1v1lta d1 Brez• nevo l'emp1nsmo d1 F1del Castro, ma forse e, p1u veros1mil• mente. la capacita eroica dei contadm1 del V1et·Nam o la volon• tà collettiva del popolo cinese d1 verificare d1a1ett1camente tut· te le conquiste parziali sulla via dell'edif1caz1one del soc1at1smo o la 10tu1z1onedel maggio francese e dell'autunno italiano d1 voler costruire la politica al primo posto, attraverso l',mmag1· nazione delle masse al potere, ciononostante anche questi u1t1· m1diventano slogar,s per una bassa letteratura se. a monte, non esiste una pratica Politica che continuamente riproponga, nelle lotte, le questioni generali emergenti dall'esperienza storica del proletariato 1ns1emealla consapevolezza della inev1tab1htà d1 un momento (o di una intera fase storica). d1 crisi generale del capitalismo.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==