giovane critica - n. 29 - inverno 1971

risvegli. Ora, non c'è nulla d, peggio che spaventare la borghesia sen· za colpirla effettivamente. Può succedere d1 tutto. Per questo siamo m corsa con 11temp0. lo siamo nella duplice e con• traddittoria consapevolezza che 1e fughe 1n avanti sono con• troproducenti. ma che non è nemmeno possibile fermare tut· to e mettere le brache alla storia per evitare I rischi. Da tutto quello che ho detto risulta 1mphc1tamente anche la mia risposta sul modello socialista. Nella misura in cui sia l'espressione non d1 un salto d1 quali• tà puramente volontaristico, effettuato da un partito rivolu• z,onario che, con la sua intelligenza polì11ca e la sua capacità organ1zzat1va. fa violenza ad una società arretrata Ima ,n questo caso occorre anche un contorno fauo d1 collassi dell' apparato burocratico-militare ecc.) 11socialismo non può risolversi soltanto nell'espropriazione dei mezz, d, produzione. Per intenderci, il termine "socializzazione dei mezzi d1 produzione" va rest1tu1to alla sua acceZ1one più vera ed autentica, nel senso d1 un'effettiva capacità d1 direzione e di gestione dei mezzi d1 produzione da parte delle forze produmve. Una classe operaia realmente sovrana ne. luoghi d1 lavoro, dun• que, in coerenza con un processo reale di maturazione già all'interno dell'attuale sistema econom1co·sociale. In società complesse come quetle ad alto sviluppo industriale. non s, può però pensare ad un governo "disaggregato" 1n una moltitudine di consigli. Un intreccio fra democrazia d1· retta e democrazia rappresentativa è indispensabile. Va costrui• ta una sintesi politica definita attraverso il confronto dialet· tico fra diverse proposte. Il piano va elaborato nel confronto con le vane realtil sociali. ma è indispensabile che "qualcuno" tiri le fila, Ora intorno a questo "qualcuno" si gioca tutta la partita della democrazia socialista. Così come non è ipotizzabile un s1• stema governato unicamente dai consigli. è molto pericolosa la giustapposizione d1 un governo monohtico ed accentrato ad una rete di consigli di fabbrica. In questo caso o vince l'anarchia oppure prevale lo stalinismo. Non si può pensare. d'altra parte, che una volta avvenuto il salto di qualità la storia si fermi e scompaia. La dialenica è destinata a continuare. anche se in forme nuove, più avanzate. Per questo ritengo che i partiti, quali si presenteranno dopo un profondo nvolg1m1nto sociale, continuino ad euere. in una Tre domande p_olltiche / Fabrizio Cicchitto Nemmeno la "r,voluL10ne culturale" r,solve complet;,mente la quest,one, perche se effettuata una volta ogm 15 o 20 ann, costituisce un grande fallo nuovo, non r,solve tuttavia ,1 problema di come s, governa nel corso de, vent'anni. c,oe ne, periodi di relativa stabdità soc,eta socialista, un fondamentale canale d1 confronto demo crat1co attraverso lo sviluppo d1 una democrazia rappresenta t1va che s, intrecci con la democ,az,a diretta. Plunpart1t1smo. elez1on1, parlamento, governo. consigli d1 fabbrica. d1 qua,- t,ere. Occorre definire 11rapporto fra società e 1st1tuz1on1. Senza una reale tensione sociale, le 1sutuz1on1 si deformano e s1 osS1f1cano, ma una tensione sociale priva d1 canali 1st1tuz10• nati alla lunga non riesce a trovare sbocchi democra11c1. La nvoluz,one culturale ci ha insegnato che quando c·e uno scontro pol1t1co. esso non va risolto nel ch,uso del Comitato Centrale, - perché ciò è l'anticamera de11o stal1n1smo - ma va portato davanti alle masse. anche a costo d1 buttare per aria un'intera società. Anche la "rivoluzione culturale". però. non risolve completa• mente la questione. perché se "una rivoluzione nella r1voluz10· ne" (cioè un mutamento d, equ1l1bno sociale e pol!t1co nel corso stesso dell'esperienza socialista). effettuata una volta ogni 15 o 20 anni, cost1tu1sce un grande fatto nuovo, tuttavia non risolve 11 problema d1 come si governa nel corso de, venl'ann,, ci0e ne, periodi d1 relativa tranquilllta e stabilità. Questo nodo non m, sembra che l'abbiamo sciolto ancora nemmeno i compagni cines1. Una socializzazione dei mezzi di produzione a cui si accom• pagni la rigidità de, ruoli soc1al1, ,I conformismo. le scale salariali, l'omogeneità 1deolog1ca. p0l111ca. culturale. la concentrazione del potere, Il monollt1smo. non è socialismo. E' una società diversa dal capitalismo che introduce un grosso fatto nuovo nella dialettica storica. e che, nell'ambito di una dia• lett,ca statuale, può rappresentare un grosso ostacolo ai disegni dell'imperialismo. Una società. uno stato, un sistema d, stati con i quali si possono fare alleanze e convergenze poli• tiche, ma con cui non è possibile l'1dentif1eaz1one. Non è solo un problema di vie diverse al socialismo. E' ,n discussione la qualità stessa del socialismo. Un sistema di stati in cui alla media di una volta ogni cinque anni scoppia una nvolta della classe operaia che viene repressa nel sangue e 1n cu, una volta ogni quindici lo stato guida deve "limitare la sovranità" d1 qualche altro stato e del suo popolo. non è offuscato da qual• che "errore" ma esprime una sua logica. che è una logica comprensibile se non le si appioppa l'etichetta di socialismo. Questa confusione di etichette e d, sigle, infatti, non c, aiuta affatto nella lotta per 11 socialismo in Italia. la gente, anche la dasse operaia, fa i suoi confronti. l'alternativa fra una situaz:10• ne caratterizzata da una divisione di classe del tutto iniqua, ma

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