giovane critica - n. 29 - inverno 1971

"contestazione". La contestazione esprime qualcosa d1 più della "rivendicazione" e qualcosa di meno della "nvoluz1one". E' un termine in un certo senso intermedio che dà una raffigurazione abbastanza esatta della rabbia sociale espressa dalle lotte operaie di questo periodo e nello stesso tempo del fatto che esse hanno scavalcato un puro e semplice meccanismo ri· vendicativo. ma non hanno innescato un più generale e glo· baie processo rivoluzionario. Questo carattere per cosi dire "intermedio" delle lotte operaie. si è compiutamente riflesso net fatto çhe l'attuale equilibrio sociale e politico è stato messo profondamente in crisi, ma non si è finora riusciti a trovare ta forza "strutturale" in grado di crearne uno radicalmente nuovo. Alla base del disorient,.,mcnto d1 larghe forze della smist1..i. c'è anche questa "oggettiva" doppiezza della situazione. Alcuni hanno creduto di interpretare la qualità det movimento sul terreno prettamente rivendicativo, ritenendo che su quel piano andasse concluso e risolto. Altri, invece, ne hanno tratto una lezione seccamente rivoluzionaria, per cui hanno successiva• mente parlato di "tradimento" e di riformismo. Il tentativo "ambiguo" e difficile operato da alcune forze del movimento sindJCale Ila cosiddetta sinistra sindacale) e anche da alcune componenti politiche, di cogliere il movimento nella sua essenza, nel suo carattere transitorio ed intermedio, CO· struendo su questo una intelaiatura di potere dal basso (dele· gati. consigli, controllo) puntando ad una generalizzazione attraverso la lotta per le riforme e l'accelerazione del proces• so dì unità sindacale mentre. a livello politico, si e perseguita una ripresa di aggregazione a sinistra e l'affermazione di un nuovo corso politico, costituisce tuttora, con tutte le sue con· traddizioni e debolezze, un modo serio per dare una risposta politica parziale ma reale all'autenticJ qualità del movimento. Certo, tutto ciò si lega proprio alle caratteristiche reali del movimento. Da questo punto di vista bisogna anche affrontare il proble· ma rappresentato dal fatto che la classe operaia non esprime sempre, in ogni fase, lo stesso tipo di tensione. Per quello che riguarda la situazione attuale non si può certo parlare di riflusso o di sconfitta. Un riflusso della classe operaia, una sconfitta, non ci sono stati; piuttosto la classe operaia, oggi, è attestata su una linea difensiva, e su questo terreno è in grado di dare delle forti risposte a chi volesse ricacciarla all' indietro: non c'è però il tipo di aggressività, di combattività operaia che hanno caratterizzato il '68-69. In effetti c'è una ciclicità nell'andamento delle lotte che dipende sia dalla Tre domande politiche / Fabrizio Cicchitto L'operaio non è una sorra d1 rivoluzionario di professione; egli non sta ir) fabbrica come se stesse m trincea. Le grandi lotte del '68· '69 rono venute dopo cmque anni di stagnazione. Per evitare lo spontaneismo non si può mitizzare, nf! per eSdltarlo ne per denigrJrlo, il ruolo della organizzazione. L'intreccio fra spontaneira e organizuz,one e molto stretto e gioca a corrente alternata situazione economica, sia dalla realtà soggettiva (coscienza, grado d1 tensione psicologica, somma d1 condiz1on1 personali). L'operaio non è una SOrta d1 rivoluzionario di professione, che per definizione sta 1n fabbnca come se stesse 1n trincea. Le grandi lotte del '68-69 sono venute dopo cinque anni d1 stagnazione. Per evitare lo spontaneismo, non si può mitizza• re, nè per esaltarlo nè per denigrarlo, il ruolo dell'organizza· zione. L'intreccio fra spontaneità e organizzazione è molto stretto e gioca a corrente alternata. Il sindacato può dichiarare tutti gli scioperi che vuole, ma se c'è una coscienza operaia depressa oppure se la piattaforma è sbagliata, la gente non si muove, cosi come se la situazione è incandescente e il sindacato fa il pompiere. esso viene tra• volto. Lo stesso discorso vale per i "gruppi" i quali. a quanto mi consta. non sempre, quando vanno davanti ad una fabbri• ca, trovano le masse operaie pronte a riconoscersi nei loro slogans. Per definire, dunque, le reali possibilità di una prospettiva socialista è indispensabile muoversi sulla base di una riflessione della situazione reale della classe operaia, intorno alla quale continua a ruotare ogni ipotesi di trasformazione del sistema capitalista. Questa analisi riguarda per molti aspetti il passato ed il presente. Sul futuro si vanno profilando prospettive forse più avanzate. Il maggio francese, infatti, ha fatto intravvedere limpidamente uno spaccato sociale in cui cominciano ad emer· gere ipotesi. tuttora minoritarie, di egemonia sullo sviluppo economico e sociale che possono alla lunga configurarsi in un effettivo progetto di trasformazione sociale complessiva. Le componenti fondamentali del maggio sono state essenzia1· mente tre: un movimento studentesco portatore di un· ipotesi confusa ma radicate di globale rovesciamenro del sistema; una spinta rivendicativa molto forte ad opera della maggioranza della classe operaia; una richiesta di nuova gestione dal basso della società sostenuta da una minoranza della classe operaia e da larghi strati tecnici ed intellettuali. Di queste tre sollecitazioni quella che ha finito col prevalere è stata certamente quella rivendicativa. Essa ha prevalso per motivi oggettivi e soggettivi. Per motivi oggettivi, perché era la più forte. quella sostenuta dalla maggioranza della classe operaia francese. Per motivi soggettivi, perché era lo sbocco più facile, quello perseguito dai partiti e dai sindacati come uscita di sicurezza da una situazione che non riuscivano a

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