20 d1 concentrare I colpi su queste ultime. 11 ragionamento ad esso sotteso, poi. riteneva possibile d1 po_rta· re avanti, attraverso un'alleanza a livello polit1co fra democristiani e socialisti ed livello soc1dlE. frci u,,.i cl.issc poht1c.J n~nova· ta e la nuova cultura urban1st1ca ed Cl:onomica. un programma riformatore in grado d1 determinare una nuova realtà economica e sociale. Queste due ipotesi hanno in breve rivelato la loro fragihtà. Il nostro sistema economico-sociale, dopo un anno e mezzo d1 c.s. ha nuovamente conosciuto gh alt, e bassi, gli stop and go tipici di una realtà 11cui dinamismo si basava proprio sulla totale staticità della situazione politica e d1 Quella sociale. L'interruzione della curva ascendente del reddito e della pro• duz1one ha messo subito allo scoperto 11fatto che l'operazione non riusciva ad andare oltre un confine nettamente riformista, il cui fondamento si basava sulla red,str,buzione del surplus scremato dai livelli di accumulazione e d1 profitto che dal 54-55 al 60-61 sono stati fra I pilJ elevati m Europa. Nel momento 1n cui questo meccanismo si inceppava, tutto il progetto riformatore veniva travolto, proprio perche I gruppi dommant1 l'avevano visto come un'operazione di parziale redistribuzione d1 reddito 1nuna fase d1 sviluppo sempre p1Uascen• dente. Il d1batt1to sul rapporto fra congiuntura e riforme sta appunto m questo nodo. La scelta di anteporre it risanamento della congiuntura all'attuazione delle riforme ha avuto appunto il signif1ca10 d'imporre all'operazione una sorta d1 sovranita limitata. L'esistenza di questa profonda contraddizione interna si è rilevata ancor di più nel dibamto sul rapporto fra profitto e rendita nella nostra economia. Paradossalmente su questo argomento si verificò una convergenza di analisi fra il "centro" dello schieramento di c.s. (morote1, destra socialista, parte della cultura urbanistica ed economica) e l'estrema sinistra del movimento operaio. Entrambe queste forze sostenevano l'esistenza d1 una contraddizione profonda fra i gruppi cap11alisttci e le posizioni della rendita per cui ntenevano, con opposti giud1z1dt merito, che si trattava di un'operazione di raz1onahzzaz1onefac,tmente realizzabile. Su questo terreno, invece, 11g1udiz10tombardiano divergeva nettamente, nel senso che esso tendeva a sottolineare l'esistenza di un intreccio profondo, nel capitalismo italiano, fra le posizioni di profitto e quelle di rendita, per cui una linea di attacco coerente a queste ultime, pur non configurandosi come una secca operazione ant1capitahsta, tuttavia configurava uno sconvolgi· mento delle connessioni strutturali di questo sistema economico sociale. I fatti dimostrarono paradossalmente la validità di questo assunto nel senso che provocarono la sconfitta proprio di chi lo sosteneva. Il motivo della sconfitta del disegno lombar• diano d, centro-smistra sta nel fatto che da un lato non c'era coerenza fra la luc1d1tà dell'analisi economica sopra ricordata e l'analisi pol1t1ca e, dall'altro lato, per gh errori politici che provocarono la scissione del PSI non dopo, ma prima della stretta decisiva. Infatti se i contenuti programmatici dell'operazione politica avevano comunque una carica dirompente non rispetto ad un astratto modello d1 capitalismo ma rispetto al nostro sistema economico, allora l'impianto su cui era stato costruito il centro-sinistra non era in grado di sorreggerlo. La DC arrivava a stento a fare un'operazione di razionalizzazione. Aldo Moro, nel momento in cui si accorse che il programma del Congresso di Napoli aveva presunto troppo dalla società italiana, tirò i remi in barca e puntò tutte le sue carte su un'operazione di stabilizzazione moderata. A 1spetto a questa realtà della DC, non era stato messo 1n moto nessun meccanismo reale d1 pressione sociale. Tutta l'ope· razione aveva un'impronta nettamente verticistica ed intellet· tual1st1ca. Per d1 più ,I movimento sindacate cominciava in quegli anni a raggiungere una maturit8 rivendicativa (contrattazione articolata). ma sul terreno delle nforme, nel migliore dei casi, faceva dei comunicati. Sul piano politico, poi, l'accettazione della delimitazione della maggioranza, - che per al· cuni settori del PSI significava una sostanziale adesione dal1' anticomunismo, mentre per altri sottintendeva un velleitario disegno d1 "autarchia" socialista sul terreno delle riforme - comportò una pericolosa divisione del movimento operaio e una perdita secca d1 forza politica nei confronti della DC. A tutto questo occorre aggiungere che il PSI, alla resa dei conti, venne meno clamorosamente alla prova. Quando la battaglia politica del centro-sinistra divampò, il PSI risultò di· viso fra 11"populismo piagnone" della destra socialista e il "leninismo primitivo" di quello che poco dopo doveva diventare il PSIUP. Per la "destra socialista" le "ragioni della tor· mula" prevalevano su tutte: essa pedinò la destra dorotea con il fiuto di un impareggiabile detective seguendola come un'orn· bra in tutti i suoi spostamenti a destra. La sinistra del PSI. a sua volta, tagliò la corda per non sporcarsi te mani quando lo scontro era appena iniziato, dando quindi un valido con· tributo at suo esito disastroso. La successiva storia del PSIUP ha dimostrato la piattaforma asfittica di quella scissione e la
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