Sergio Garavini citti, specialmente nel mezzogiorno, ingigantite al d1 fuori di ogni processo di estesa industrializzazione, il ritorno alla semi occupazione ed al sottosalario con il la\loro a domicilio spezza l'omogeneiti della classe operaia in fabbrica e disperde una parte del proletariato. Qui dunque compare un limite della scelta della fabbrica. che però non si elimina affatto rin• negando questa scelta, tornando ad una concezione del ruolo di avanguardia dei reparti più concentrati della classe operaia che ha rivelato il suo errore profondo nella esperienza degli anni cinquanta. 11 problema è allora come fare la scelta della fabbrica in modo che comprenda una più vastd unità dei la· \/Oratori. Si è ricordata l'ampiezza degli scioperi per le pensioni e sulle "zone", a cui hanno poi fatto seguito i grandi scioperi locali e nazionali per le riforme nell'estate•autunno del 1969. Ciò che costituisce la forza degli scioperi per le pensioni e sulle "zone" è stata la concretezza dell'obiettivo, la passibilitit di misurarsi su obiettivi e risultati reali per le più grandi masse dei lavoratori, il carattere contrattuale. vertenziale delle riven• dicazioni di riforma pensionistica e di abolizione delle "zone". La forza immensa dello sciopero generale per le riforme del novembre del 1969 corrisponde alla fase montante del mo\li• mento, ma due limiti vi do\lranno essere registrati. Il pnmo d1 essi sta nel carattere molto generale e di sostegno a progetti di legge. non di stringente rapporto contrattuale con il Governo, che hanno le richieste presentate. 11 secondo è che all'inizio del movimento per le riforme sono fuori dalle nvendicazionì presentate i problemi delta occupazione, delle campagne, della scuola, dei trasporti. E l'attacco all'occupa,, zione. la ripresa in mano conservatrice della scuola, la costi• tuzione di larghi schieramenti sociali di possidenti contro leggi come quelle sulla casa, sulla mezzadria e sui fitti agrari, all' inizio degli anni settanta, sono invece atti concreti di rispo. sta socidle reazionaria, d1 contrattacco nei confronti delle clas• si l.woratrici in lotta e di stretta condizionatrice nei confronti del Governo. D'altra parte, vi sono vastissimi gruppi sociali, che non sono affatto elementi marginali nella composizione sociale della classe operaia e delle classi lav:>ratrici in genera· le, 1 quali hanno partecipato solo marginalmente al mov1men• to di lotta ed in ogni caso non hanno avuto dalle lotte una risposta parziale ma reale a, loro problemi: pensiamo ad esem• pio a più d1 un milione d• lavoranti a domicilio e a settecen• tomila lavoratori studenti. Una es,genza che si propone cri• ticamente dalle lotte degli anni sessanta è dunque quella del· ti! estensione del fronte sociale d1 lotta, partendo dalla fab• 11 brica e intorno alla fabbrica. Questa estensione l'esperienza insegna che può essere reale a condiziom molto precise: una elaborazione di obiettivi che abbiano la stessa concretezza che ha assunto la elaborazione degli obiettivi di lotta sulle condi· zioni di lavoro e che a questa si ispiri; che su questi obietti· vi il movimento punti a realizzare con il padronato e con il Governo un rapporto concreto, di confronto e d1 contratta• zione reali ed articolati e non semplicemente di appoggio a progetti di legge, di riferimento ad una dialettica da un ceno punto in poi interamente delegata entro le assemblee elettive. Questo tipo di estensione nel fronte di lotta, insieme alla qualità degli obiettivi, a cominciare da quelli relativi alla condizione di lavoro. è una via reale per una lotta che passi il confine della lotta economica 00 entri nella sfera delta tona politica, attraverso un processo sociale e non seguendo scorciatoie ideologiche. La contrapposizione della fabbrica - CO· me punto di organizzazione e di potere della classe operaia - allo Stato, e la sostituzione pura e semplice della lotta sociale alla lotta politica, sono appunto scorciatoie ideologiche che si staccano dalla realtà delle lotte e dalla loro esperienza. E, tuttavia, è un fatto con il quale occorre misurarsi che, con il crescere delle tensioni e delle lotte sociali negli anni sessanta, si è ridotta la possibilità delle masse di identificare pienamente, anche nei termini della loro partecipazione, la lotta politica con la battaglia entro le assemblee elette dal suffragio universale e con i relativi schieramenti dei Partiti. Questa identificazione è stata piena in battaglie politiche di grande peso, che sono state condotte in una dialettica fra azione entro te assemblee elettive e movimento delle masse. che non ha presentato soluzione di continuità; si pensi alla lotta contro t'asservimento dell'Italia all'imperialismo americano, tramite il patto atlantico, contro la preparazione d1 una svolta reazionaria, dagli eccidi della polizia di Scelba alla legge truffa del '53, ed all'episodio di Tambroni nel 1960. Ma in tale situazione è intervenuto negli anni sessanta un cambia· mento in due direzioni. Da un lato, il centro sinistra ha aperto una fase nella quale ha avuto più possibilità di succes• so la tradizionale manovra dell'interclassismo democristiano, tendente a ridurre la battaglia politica entro le assemblee elettive ed i problemi di schieramento dei parrni in dimen· sioni corporative, di scontro di interessi di gruppo, di lotta su singoli problemi, di confronto su questioni particolari che ammettono soluzioni socialmente confuse. ti PCI, proprio nella misura in cui si è sottratto a questa manovra, e nella concretezza delle situazioni si è presentato come grande
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