giovane critica - n. 29 - inverno 1971

104 tembile esperienza vissuta dai letterati Oan,e/ e Ginsburg. L'autore e 11corrispondente da Bonn Plinio Salerno). Oppure Jrt1col! d1 fondo come Oubcek e il PCI. dt Alfredo Azzaron1 (1617 70). dove una volta tanto non s1 esalta Oubcek, ma si avverte che i cap, comun1st1 sono tutti uguali; che "1 comuni· st1 hanno sempre governato con 11 terrore. l'organ1zzaz1one ca• pillare della repressione, il tallone d• ferro della polizia se• greta e l'ombra nera delle torture medioevali nelle celle im• biancate di calce ne, sotterranei segreti tagliati geometricamente", e che Togliatti esercitò in Italia "le funzioni, spesso disumane e crudeli, di un satrapo orientale per di più sconosciuto e misterioso". Nonostante queste coperture e oscillaz1on1 resta il fatto che la nota caratterizzante del Mattino, almeno nell'anno e più a cui si riferiscono queste osservazioni. non è più quella anticomunista, ma quella antifascista. La dottrina degli opposti estrem1sm1,a cui naturalmente il Mattino non dimentica di rendere omaggio da buon foglio d'ordine moderato-riformista, non basta a caratterizzare l'antifascismo del quotidiano napoletano. Un editoriale recente (Giacomo Gh1rardo, Il seme della violenza, 7/ 11/711 permette di meglio intendere quale sia il "fascismo che preoccupa il Mattino. Qui infatti l'a. non si l1m1ta a deplorare "il cedimento morale di una parte della borghesia italiana quando è posta dinanzi a momenti di diffi• coltà politiche", e la "facilità irresponsabile con la quale la cosiddetta gente-bene, dopo aver applaudito l'incivile spettacolo dell'impiccagione di piazzale Loreto. oggi sarebbe pronta ad acclamare 11rovesciamento del regime di libertà, tanto calorosamente accolto ieri nei salotti"; ma esce in espressioni rivelatrici del suo concetto del fascismo. e quindi dell'anti· fascismo. rammaricandosi perché "Sono già dimentichi, questi valentuomini e queste gentildonne, di esser stati sbeffeggiati dalle "mostre antiborghesi" promo5Se durante il Ventennio dai federali fascisti. E sono di nuovo pronti a sfilare per le strade, inalberando cartelli con le ingenue scritte contro i regimi d1 libertà dei paesi "demo-ptuto•giudaico-massonici" dell' Occidente europeo". Per chi non avesse a questo punto ancora bene inteso la vecchia sostanza liberate-moderata della diffidenza per il fascismo - "ant1borghese" e "antiplutocrati· co" - Ghirardo ha m serbo una conclusione anche più chiara: al borghese che riprende oggi a flirtare con il Movimento So· ciate e le sue avanguardie squadriste manca "tempo e voglia di guardare con senso di responsabilità civica al domani, o almeno di tutelare con più dignità i propri Interessi di classe'.'_ A questo punto si potrebbe forse riconoscere che il Mattino Stampa/ Il Mattino Non e poi un erede del tutto degenere del Matti no del , 925 che i fratelli Scarfog/io difendevano dagli assalti del fascismo intransigente di Farinacci, offrendo i propri servigi direttamente al capo del governo. gestore auspicato della normalizzazione d'oggi non è poi un erede del tutto degenere del Mattino del 1925 che I fratelli Scarfoglio difendevano dagli assalti del fa. scismo intransigente di Farinacci e don Preziosi. offrendo 1 propri servigi direttamente al capo del governo, gestore auspi• cato della normalizzazione. Come in questo patetico passaggio della lettera a Mussolini, del 28/11/1925 (cit. in V. Castronovo. La· stampa italiana dall'unità al fascismo, Bari. Laterza 1971, p. 373) con la quale Paolo Scarfoglio fornisce le ragio• ni hegeliane del !egalitarismo del Mattino e quindi del suo passaggio dal liberalismo di destra al fascismo normalizzato: "Si vuol farci passare per oppositori irriducibili e personali, e questo nel momento m cui la nostra fedeltà alla tradizione de giornale ha esaurito 11suo compito, poiché l'Italia non è più liberale; cosi che è venuto nel Mattino il momento d1 uscire dal passato per rispecchiarsi nel presente". Dopodiché il pro· pnetario allega i titoli di mento del giornate. valorizzando il carattere antemarcia della sua politica fitocrispina. autoritaria, africanista e antisocialista. S1 potrebbe forse dire che qualcosa resta. in particolare, s,a pure sotterraneamente. anche di quella mistica coloniale che fece, dal 1891, le fortune editoriali del Mattino. Penso anche agli articoli di fondo in cui si dà per scontato il diritto di intervento degli Stati Uniti nella politica interna e nelle formu te di governo italiane (G. Ghirardo, Prospettive dei colloqui. 19/2/711; ma ci si inalbera. sia pure retrospettivamente e per assicurare che il pericolo è scongiurato. quando si accenna a possibilità dì iniziative unilaterali degli americani nel mare nostrum (G. Ghirardo, Iniziativa di pace, 16/9/70); oppure quando si vagheggia "un raggruppamento di stati in grado per le proprie dimensioni territoriali. numeriche e di potenza pro• duttiva, di competere con i grandi imperi mondiali del nostro tempo". (G. Ghirardo, Il tempo lavora per l'Europa, 31/1/71). Sono solo nostalgie appena accennate, che non pongono in forse il quadro di riferimento pregiudiziale della solidarietà atlantica e della tutela americana. Ma vi sono delle circostanze che fanno giovanilmente scattare il pregiudizio eurocen· trico, il razzismo inconscio o dispiegato e il complesso di su• periorità morale e tecnologica. In particolare essi poswno riemergere e scatenarsi senza freno sotto l'ombrello giustificatorio dell'ondata emotiva suscitata dalle esecuzioni in Guinea (R. Bo· va-Scoppa, L'amaro prezzo della Guinea, edit., 2/2/71 ). Sotto le apparenze di virtuoso sdegno, l'Europa bianca benpen· sante può espettorare finalmente i più lividi complessi colonialisti, esibendo le proprie amarezze pedagogiche per t'irrefrenabi· le barbarie dei negri che non sono voluti venire a scuola di

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