giovane critica - n. 29 - inverno 1971

2 fflU/Ollnl EDITORE DAI SOMMARI DEI NUMERI PRECEDENTI GIOVANE CRITICA 14, 1967 L. 1500 Federico Stame La pratica sociale Goffredo Fof1 11 teatro del Fronte Popolare Leone Trock,1 Ccl1ne e Poincaré GIOVANE CRITICA 18, 1968 / L. 1500 Abbiamo nebbia O,scussmne con Ernst Bloc;h e Rudi Outschke Edoarda Masi Linee d1 storia del Partito Comunista Cinese Stefano Meri! Sui problemi della ricerca cons,l,are nel movi• mento operaio 1tal1ano Giovanni Mottura AppunI1 sulle prospettive d1 un'azione po· l1t1canel mezzog,orno GIOVANE CRITICA 19, 1969 / L. 1 000 Sergio G1ani, Anlonio Leonardi / Sviluppo cap1talis11coe lolle bracc1ant1li nell'agricoltura 1tahana Il d1batuto d1 "Potere Operaio" (Pisa) sull'organizzazione / InterventI d1 Luciano Della Mea, Lia Grande, Adriano Sofri, Romano Luperini Marco Macciò La Cecoslovacchia e la strategia sovietica Gyorgy Lukats / La questione del parlamentarismo G10VANE CRITICA 20, 1969 / L. 1 000 Collettivo "Carlo Marx" dì Castrovillari / Note su alcune esperienze d, lavoro politico in Calabria Quattro domande al compagno André Gorz Karl Korsch / La co1lett1vizzazione m Spagna GIOVANE CRITICA 21. 1969 / L 1 000 Pino Ferraris / Appunti sulla lotta alla Fiat Marco Macciò I Partito. tecnici e classe operaia nella rivoluzione cmese Moshe Lewin / L'1mmed1ato retroterra della colleltlvizzazione sovIet1ca Robert Paris / Il Gramsci d1 tutt1 GIOVANE CRITICA 22/23, 1970 / L. 1 000 La "Questione meridionale" degli anni '70, a cura del Centro Studi Marxisti (Roma) Giovanni Arrighi / Struttura d1 classe e struttura coloniale nell'anal1s1del sottosviluppo Ester Fano / E' es,st,to un s,stema economico fascistaJ Centro Coordinamento Campano / Contributo allo studio del• la scuola capitalistica In 1talla d1fetto,e G,amp+ero Mughm, I respon~bile Pio Baldelh ,ed.anone via della Tun1tà de, Pellegrmi 19, 00186 Roma tel 06'653448 amm,n,s1•al1one Ed,10,e Musohn,, v,a P1anezza 14, 10149 To,,no tel 011/2S2832,ccp 2/5007. Toflno au1onznmone 3 1 1964 n 292 T11bunale d• Catania progeuo g,ahco fanU$1:tei 4, Roma stampalo alla S.TI.L.E., To11no ahbonamen10 annuale 15 nume"I L 2 300 I estero L 2 700 GIOVANE CRITICA 24, 1970 I L. 1 000 Vittorio Foa / Dopo Reggio di Calabria Centro Studi marxisti (Roma} / "Consigli" e "Partito" nella storia e nella teoria del movimento operaio federazione Psiup Piacenza / Una federazione militante Alberto Asor Rosa / Subordinare l'unità del partito alla ch,arezza politica Lotta continua / S1tuaz1onepol1t1ca generale e i nostri compi· ti (con un commento politico d1 Luciano Della Mea) GIOVANE CRITICA 25, 1971 I L. 1 000 Pino Ferraris / I cento giorni d1 Reggio Eric J.Hobsbawm / Un primo bilancio della guerriglia in Amenca Latina Lisa Foa / Ritornando da un viaggio in Cina Marco Boato / Sottosviluppo e repressione: la via trentina al centro-sinistra GIOVANE CRITICA 26, 1971 / L. 1 000 Antonio Carlo, La natura socI0-economIca dell'Urss GIOVANE CRITICA 27, 1971 / L. 800 Vittorio Foa / Alcune indicazioni per una lotta politica sul salario Nucleo studenti del Psiup (Catania) / Strutture formative e sviluppo economico nel meridione Sergio Garavini / Un'unità sindacale per la lotta politica su una vasta scala di massa Clara De Marco / La costituzione della Confederazione genera• le del lavoro e la scissione di "Montesanto" ( 1943-44). GIOVANE CRITICA 28, 1971 / L. 800 Saverio Tutino / Bolivia: una sconfitta. una lezione Stefano Merli / Un bilancio critico e storiografico della parabola del Psiup Luciano Della Mea / Il 2· convegno nazionale di "Lotta continua" Bruno Rizzi / Sulla natura sociale de11'Urss Mario lsnenghi / La stampa quotidiana del centro-sud. 1

A partire da questo numero Giovane c;ritica viene edita da Tommaso Musolini, via Pianezza 14, 10149 Torino. Resta immutato il prezzo, tra L. 500 e l. 600 per un numero di cane/le che varieranno tra fe 240 e le 300. L'abbonamento annuale, che dà diritto adesso a cinque numeri anziche quattro, passa da L. 2000 a L. 2300. Abbonamenti, richieste di copie, rifornimenti per le librerie vanno d'ora in poi inviati a Torino. Le richieste di numeri arretrati, dal 28 in giù, vanno invece latte all'indirizzo redazionale della rivista, via della Trinità dei Pellegrini 19, 00186 Roma. Editorialmente l'operazione si traduce in aumento (pressochfJ raddoppio) della tiratura; in una distribuzione più articolata e diffusa, Stiamo esaminando l'ipotesi di investire le edicole. Come sempre ci saranno molto utUi consigli e suggerimenti dei compagni. Sollecitiamo, com'è d'uopo, un sostegno da parte di questi ultimi che si esprima in una quota di abbonamento. Abbiamo più volte ricordato quanto sia incredibilmente basso, se rapportato al numero di copie distribuite e vendute in libreria, il numero dei nostri abbonati. Tenete presente che su cento lire da voi pagate in libreria noi ne incassiamo cinquanta; e questo dopo aver fissato un prezzo di copertina che è un prezzo squisitamen• te politico. Inizia cosi il nono anno di vita della rivista. Il nostro spazio editoriale e politico? Quello che abbiamo cercato di occupare: cioè un interesse spiccato per tutto ciò che il turbinio di questi ultim, anni ha comportato nel tessuto sociale e nella coscienza delle masse; un desiderio di confronto aperto e vivace fra le varie componenti che si agitano nella sinistra storica ed extra• parlamentare. E, infine, il bisogno di dare voce ad esperienze nuove e radicali di lotta, di ricerca, di vita collettiva, che la "moderna" organizzazione del sapere, non solo quella borghese, tende a circoscrivere come in un ghetto. LE LOTTE OPERAIE DEGLI ANNI SESSANTA SERGIO GARAVINI Due form1dab1l1 esplosioni d, lotte operaie hanno caratterizza• to l'inizio e la fine degli anni sessanta. Nell'un caso come nel• l'altro, al centro di queste esplos,on, v1 è stata la lotta con• trattuale dei metallurgici - nel 1962 e nel 1969 - precedu1a da forti lotte aziendali e locali ed accompagnata e seguita dal• le battaglie contrattuali negli altri princ1pah senori industriati. Queste lotte aziendali e di categoria hanno avuto in tutti e due gli episodi una sorta di introduzione in grandi sciopen generali: nel luglio 1960, con una caratterizzazione politica più netta; nel 1968. per te pensioni. con una caratterizzazione Politica meno diretta ma pure notevole. Scioperi generali, quel• li del '60 e del '68, dichiarati dalla sola CGIL, in contradd1· ztone con il carattere unitario delle altre lotte. Apparentemente, questi episodi di lotta di classe, fra i più significativi nella storia d'Italia, non hanno inciso notevolmente negli schieramenti politici, nella alleanza e nei programmi stra• tegici di Governo. Il centro•sinistra era nato come disegno po• litico prima degli anni sessanta, e la scelta socialista di cam• biamento delle alleanze era stata se mai più dettata da una ne• cessità di ricuperare "nella stanza dei bottoni" una caduta di incisività e di forza delle lotte sociali della classe operaia - '!,fedi la crisi del sindacalismo classista a metà degli anni cinquan• ta - che dalla volontà di rendersi interpreti di una nuova spinta alla lotta. Lo stesso centro-sinistra ha reagito allo scoppio delle lotte operaie, nei due episodi indicati, in un modo analogo, sul terreno della politica economica, cioè con una poti· t1ca economica di contenimento, volta ad alleggerire la pressione sindacale sulle aziende ed a consentire un ricupero di pro• fitti attraverso l'intensificazione del lavoro ed il lavoro straor• dinario. Da questa manovra della politica economica sono ve• nuti i cicli recessivi iniziati nel 1964 e nel 1971. La risposta data alle lotte operaie con l'avvio della programmazione economica e stata presa molto sul serio, ma si è rivela• ta un bluff disastroso. Alla programmazione aziendale dei grup. pi capitalistici dominanti, non è stata nemmeno contrapposta una efficace politica tradizionale della spesa pubblica. Gli investimenti sociali previsti dal piano Giolitti sono completamen• te rimasti sulla carta ed altrettanto quelli destinati a profondi mutamenti nell'agricoltura, i cui orientamenti colturali sono stastati esattamente !"opposto di quelli del piano. La spinta alla espo~•azione si è risolta in un surplus della bilancia dei pagamenti che ha sottratto una massa enorme di capitali agli investimenti interni. L'occupazione, misurata in termini di popo· !azione realmente attiva (cioè esclusi i disoccupati), è scesa in cinque anni fino al 35 per cento della popolazione, un vero e

4 proprio pnmato mondiate negativo. Naturalmente. gli squili• bri fra Nord e Sud sono ulteriormente accresc1ut1, mentre negli anni sessanta l'em19raz1one dal Sud a1 Nord ed all'estero ha comvolto addirittura un sesto della popolazione. S1 potrebbe dire che gli ep,sod, più acuti ed estesi della lotta d, classe. in I tal,a, hanno camb,ato tutto e niente nel decen• nio trascorso. Il sistema ha palesato le sue contraddizioni in misura gigantesca e l'alleanza d, centro-sinistra ha dimostrato d, essere una difesa tutto sommato moderna ed eff1c1ente del sistema, proprio perché e riuscita nei fatti a mantenere ferma una politica economica p1\J che mai espressione degli mteresst cap1tal,st1c1, malg1ado i paurosi cost1 sociah dì questa operazione. E. tuttavia, questa politica di profonda conservaz10ne sociale non regge pili una lunga prospettiva. Un fremito per• corre tutti I ceti capitalistici del paese, che si sono salvati ma temono il peggio: voci fasciste e reazionarte hanno un ascolto d1 massa che sembra ripetere il fenomeno del "qualunquismo" dell'immediato dopo-guerra. Niente e tutto è cambiato, nel senso che le grandi lotte ope· raie degli anni sessanta hanno m reatta operato uno scasso profondo. che l'esplosione delle lotte studentesche da1 1968 m avanti ha ancora potenziato, reso molto più dirompente. Una ulteriore riflessione sul senso di quegli eventi è, allora, assolutamente necessaria. E bisogna cominciare proprio dal punto centrate cioè dal ruoto delle lotte operaie in quanto ta• li: che senso hanno avuto queste lotte e che prospettive sembrano 1nd1care. Una durissima offensiva padronale All'esplosione delle lotte operaie all'inizio degli anni sessanta hanno contribuito due fattori concomitanti: il peso di un lungo blocco dei salari - da1 '48 alla fine degli anni ·so i salari di fatto sono aumentati solo in misura minimamente supe· riore all'aumento del costo della vita - e l'aggravamento del• le condiz1on1 d1 lavoro. connesso ad una notevole perdita di peso organizzativo e d1 potere contrattuale dei sindacati dal 1952-'53 in avanti. L'aumento della occupazione operaia - abbastanza notevole tra il 1954•'55 ed il 1962·'63 - se da un lato. in parte compensava la stasi dei salari indiv1du.ali e dunque poteva contenere e ritardare il malcontento dei la• voratori, dall'altro lato, allentando la tensione tradizionale sul mercato del lavoro per il prevalere della domanda di lavoro rendeva meno efficace il ricatto padronale sul posto di lavo.ro e dunque facilitava 11manifestarsi in lotta aperta dello stesso malcontento. Ma questi fattori si presentavano In una storia del movimento, che bisogna avere presente nei suoi termini essenziali. Una du• nssIma offensiva politica ed economica aveva pesantemente colpito la classe operaia fra il 1948 e il 1955 ed oltre. Licenziamenti e ricatto sul lavoro, scissione sindacale, repressione padronale e del Governo. erano stati i mezzi usati spietatamente per dividere e piegare i lavoratori nelle fabbriche, a pochi anni dalla Liberazione. Non si può dire che l'offensiva reazionaria avesse vinto completamente, in quel periodo, ma il col· po portato era stato durissimo, soprattutto nel senso che era· no state piegate proprio le avanguardie sociali delta classe operaia: valga per tutti il crollo della CGIL alla FIAT nel ·55 ed il fatto che in quelle fabbriche non si scioperò più per ot· to anni. dal 1954 al 1962. Quella sconfitta (anche perché concomitante ad eventi internazionali di enorme rilievo. tutti tendenti a mettere in discussione il punto di riferimento più sicuro, cioè quello dei paesi socialisti, dalle manifestazioni operaie in Polonia ed in Germania orientale, ai fatti dell'Ungheria, dalla denuncia anti•staliniana di Krusciov ai primi segni di rottura fra URSS e Cina) può sembrare retrospettivamente che dovesse mettere in discussio· ne la linea complessiva seguita in particolare dall'avanguardia e guida riconosciuta della classe operaia cioè dal PCI. Questo tipo di interpretazione fu però sostenuto non sulla sinistra ma sulla destra del movimento operaio: fu sostanzialmente, e fa. cendo leva soprattutto negli eventi internazionali, l'interpretazione di Nenni, che di qui iniziò il cammino che lo portò a Pralognan, al centro-sinistra, alla rottura del PSIUP, all'unifica, zione social-democratica. Sulla sinistra del movimento operaio fu respinta la linea di una critica fondamentale al PCI. che appariva in tutto coincidente con la motivazione di fondo dell'offensiva reazionaria in at· to contro la classe operaia. Tutto sommato. l'ottavo congresso fu un momento di grande unità entro e intorno al PCI e al suo gruppo dirigente. Si delineò invece una critica più delimitata, ma in definitiva profonda e fondamentale, su come erano state guidate e organizzate le lotte sociali nel paese. L'interrogativo che ci si pose era relativo alle ragioni per cui proprio le avan· guardie sociali della classe operaia. cioè i raggruppamenti più numerosi e concentrati di operai. erano quelli che avevano cedu• to, come nel caso della FIAT. L'interrogativo poteva portare ad una risposta a suo modo coerente: che l'industria capitalistica più moderna. per i margini di

~~r:!:,!~;:!~ite discutibile che il passaggio dalla fase dell'uniti, 5 antifascista a quella della uscita dal Governo dei comunisti sia avvenuto all'insegna. di una continuitiJ di collaborazione per la produzione: al contrario concessioni salariali che sono consentiti nell'ambito di tecno,. logie che aumentano fortemente e continuamente la produtti• vità del lavoro, e per il fatto di collocarsi nel quadro di una trasformazione dei consumi che rende panecipi i lavoratori di consumi che stanno ben oltre il limite della pura riproduzione della forza di lavoro, determina in questi gruppi operai una posizione di collaborazione di classe (li integra nel sistema come consumatori; ne elimina la coscienza di classe per degradarla a sensibilità corporativa di un gruppo sociale fra altri gruppi sociali in una società pluralistica; questa ed altre definizioni più peninenti sono state date al fenomeno, ma non siamo nella sede di una ricerca specifica e ci si può ac• contentare di una prima approssimazione). La premessa dell' analisi critica fu proprio il rifiuto di questa risposta, non solo perché coincidente con le pasizioni sostenute dalla propaganda padronale e governativa. ma perché sfuggivano cosi, in una statica valutazione sociologica, i dati essenziali del movimento nelle fabbriche e della sua crisi. Il movimento nelle fabbriche era stato diretto ed organizzato sulla base di una autentica preoccupazione di unità di classe. E' assolutamente discutibile che il passaggio dalla fase della ri• costruzione e della unità antifascista a quella della uscita dal Governo dei comunisti e dei socialisti e della rottura dell'unità antifascista, sia avvenuto nelle fabbriche all'insegna di una continuità di collaborazione per la produzione: al contrario, la forza organizzativa dei Sindacati fu fatta pesare, soprattutto nelle grandi fabbriche, proprio per condizionare efficacemen• te l'attività produttiva in una industria largamente risanata dai più gravi danni di guerra, alle esigenze dei lavoratori. e proprio contro questo condizionamento fu portato tutto il peso della scissione sindacale, dei licenziamenti di rappresaglia, di trasferimenti, della chiusura di reparti ed aziende come armi di attacco generale alla occupazione e di conseguente ricatto sul lavoro. Non a caso. la polemica anti-comunista e anti-CGIL da parte della FIAT fu centrata sull'antagonismo fra costrutto· ri e distruttori entro lo stesso movimento sindacale. Vi era. invece. la preoccupazione opposta, per cosi dire da sinistra, che l'azione sindacale aziendale, per essere chiusa nella fabbrica e per il suo carattere inevitabilmente anch;, di aumento salariale aziendale, desse luogo a posizioni aziendalistiche e corporative. aprisse maggiori distanze salariali e quindi divisioni fra gli operai occupati,.distaccasse gli occupati dai disoccu• pati. gli operai di fabbrica dai lavoratori delle campagne. offulCalll la coscienza di avanguardia di uno schieramento nazio- ~ di cl- proprio nei reparti più concentrati e combattivi degli operai. Quindi, lo schieramento che si tendeva a determinare nell'azione era sempre il più vasto schieramento socia· le: rivendicazioni orizzontali, eminentemente salariati, per i la· voratori occupati; rapporto con le masse di lavoratori semi-oc• cupati e disoccupati; solidarietà con i lavoratori delle campagne; risposta alle repressioni politiche. L'insuccesso di questa linea non fu certo sui punti più politi· ci ai quali fece riferimento. La risposta agli eccidi della poli· zia di Scelba, la solidarietà con i braccianti in lotta per la ter· ra, lo slancio stesso degli operai a sostegno di tutte le lotte per avere lavoro delle masse di disoccupati: sono, queste. pagine importanti della storia delle lotte operaie fra il 1947 e il 1952. L'insuccesso appariva legato invece a due punti precisi: it distacco dalla realtà viva della condizione di sfruttamento in fabbrica, per Ione rivendicative condotte su piattaforme ridotte al minimo denominatore comune di richieste valide per tut• ti; il carattere prevalentemente di supplenza ai limiti della espansione produttiva promossa dal capitale, ma non fuori dalla logica di questa espansione. delle proposte tendenti ad inci• dere positivamente sulla occupazione. come prevalentemente è vero per il "piano del lavoro" e per le istanze produttivistiche che vi hanno fatto seguito, tipo "vetturetta" FIAT. A proposito di questo secondo punto, va notato che anche le posizioni tendenti a sottolineare il carattere riformatore, di trasformazione della società, che deve assumere l'azione sinda• cale, tipo un famoso articolo di Togliatti su Rinascita nel 1949. partivano da una netta sottovalutazione degli elementi di dinamica produttivistica presenti già acutamente nel 1948• 1949 in una parte delta grande industria. In definitiva, ciò che la critica suite ragioni della sconfitta degli anni cinquanta tendeva allora a mettere in evidenza era un errore nella concezione del ruolo di avanguardia dei settori pili concentrati della classe operaia della grande industria. Questo ruolo era fatto necessaria• mente di consapevolezza Politica di essereguida del piU vasto schieramento sociale. Ma tale stessaconsapevolezza politica non poteva reggere, se non si rinnovava e verificava prima di tutto in fabbrica, nella condizione di lavoro, sui problemi dello sfrut• tamento operaio in fabbrica: come dire che anche a metà del ventesimo secolo, il Capitale di Carlo Marx comincia sempre dal primo volume. La condizione di lavoro e di sfruttamento in fabbrica é la realtà centrale di tutto lo scontro di classe e sem• pre cominciando da quella realtà una avanguardia reale della classe operaia. costituita dai suoi reparti più numerosi e concen• trati, può reggere il suo ruolo nella lotta. Naturalmente, l'asprezza della discriminazione e della rappresaglia contavano in misu-

6 ra decisiva per la sconfitta, ma 11punto centrale era l'aver per• so d, vista. eò aperto cos, un varco all'azione padronale, che 11 centro della lo1ta e del1'un,tit per tutti i lavoratori sono le cond1z,on1 d1 lavoro 111fabbnca: d, qu, s1 doveva ripartire per una r1scossa operaia, per ntrnvare lo stesso soggetto d1 una polioca d1 unita dei lavoratori e d1 alleanze. Il congresso della CGIL. te• nuto a Milano nel 1959, pose questo problema nel modo p,U coerente. Una qualità nuova negli obienivi rivendicativi Dunque. , mot1v1 che spingevano verso un'esplosione d, lotte operaie non solo ag,vano profondamente come tendenze spontanee fra i lavoraton. ma trovavano 1n una parte del movimento organizzato, praticamente 10 tutta la sinistra del movimento operaio, una sens1b1htàmolto acuta ed una volontà accanitamente tesa a ritrovare la via della lotta. Fu Giorgio Amendola a dire con forza, in un Congresso del Partito Comunista nel periodo più difftcile del movimento negli anni '50, che il proble• ma dei problemi era d• ritrovare la via della lotta alla FIAT. E l'esplosione della lotta operaia agli inizi del 1960 palesò su• bito non a caso un carattere originale, che poneva un grosso problema politico e culturale: che, per dirla semplicemente, la nvenchcaz,one salariale era solo un aspetto, decisivo ma non unico, delle 1ot1estesse. Accanto alla rivendicaz1one della rottura del blocco salariale, compariva una motivazione politica delle lotte che associava una istanza politica generale (contro il fascismo e la repress1onepadronale, per riforme e trasformazioni sociali) ad una istanza politica più specifica: cambiare i rapporti d1 potere e qumd1 le condizioni di lavoro in azienda. Che questa specifica istanza sia stata presente nessuno certamente può negare, ma. sul peso che bisogna attribuirle e sul modo come mterpretarla. si è aperta, fin dall'inizio degli anni sessanta. una discussione e una polemica di grande importanza ed attualità, entro i sindacati e i partiti operai e fuori di essi. e· una discus• s,one e una polemica da rapportare al movimento e ai suoi ri· sultati. nelle grandi ondate del 1961-1963 e del 1968-1970. Nella prima ondata di lotte. 1e rivendicazioni salariali sono ancora poste in termini tradiz1onah nei Contratti - aumenti percentuali - mentre m azienda razione si concentra sui premi aziendali, affrontando solo marginalmente il tema de, cottimi e delle qualifiche. La richiesta di camb1amento dei rapporti di potere e delle condizioni di lavoro non vanno molto oltre le di· chiarazioni di princ1p10 e la creazione di organi tradizionali - "comm1ss1on1" - mentre le conquiste politiche maggiori stanno nella caduta, o nella attenuazione, delle principali d1scri• mInazIon1 e nelle pratiche sistematiche dt rappresaglia contro 1 lavoratori e i sindacati. La struttura sindacale in fabbrica non muta, mantenendo al suo centro la Commissione interna, e le forme dt lotta sono ancora prevalentemente tradizionali. Nelta seconda ondata d1 lotta. te nvendicazioni salariali contrat· tuali sono egualitarie e cosi quelle aziendali; le lotte aziendali affrontano nel merito problemi d1 organizzazione del lavoro e di ambiente d1 lavoro, modificando cottimi, organici, ritmi di lavoro; dalle prime riduzioni d1 orario si giunge alle 40 ore setti· manali; i sindacati si "trasformano In fabbrica in senso consiliare - delegati e consigli d, fabbrica - e sostituiscono le commiss10nI mterne. Le forme di lotta assumono largamente 11carattere di un movimento governato democraticamente dagli stessi lavo• ratori. Dopo il 1963, l'attacco alla occupazione coincide con un ricupero padronale notevole in termini di intensificazione del lavoro; ciò avviene in misura minore fra il 1970 e il 1971. Questo crescendo di qualità negli obiett1v1 rivendicativi, e nelle forme di organ,zzaz,one e di lotta e qui tradotto in uno schema: ma si tratta di uno schema che in definitiva inquadra con una notevole approssimazione la complessità del movimento. E' un processo nel quale sembra che nella classe operaia ta volontà consapevole di mutare i rapporti di forza e le condizioni di lavoro in azienda acquisti in misura crescente un peso tale da da· re chiaramente ragione alla te,;i che riconosceva, fin nel periodo critico precedente l'esplosione delte lotte, che quella era la questione più esplosiva e quindi il terreno più importante su cui misurarsi per un nuovo sviluppo di lotte operaie. Ma, al momen· to stesso in cui si è entrati nel fuoco di questa lotta. grossi problemi teorici e pratici si sono posti al movimento, che non stan• no se non in parte nella esperienza critica delle lotte degli anni immediatamente successivi alla Liberazione e delle difficoltà di azione e di organizzazione nella seconda metà degli anni '50. Questi problemi sono approssimativamente riassumibili in quat· tro punti: il rapporto della classe operaia con la tecnologia e l'organizzazione det lavoro; 11riferimento delle questioni sociali che stanno per cosi dire fuori dalla fabbrica, alla condizione dell'operaio in fabbrica; i rapporti fra organizzazione e movimento; la relazione dell'organizzazione operaia m azienda con le istitu· zioni dello Stato. Raniero Panzieri e i ··Quaderni rossi'' La classe operaia vive, nei venti anni che comprendono gli anni cinquanta e sessanta, una esperienza di lavoro dura e, per molti aspetti, sconvolgente. La tecnologia produttiva e l'organizzazio·

ne del lavoro subiscono modifiche radicali e generali, mentre radicali e generali sono i cambiamenti nella composizione sociale stessadella classe operaia. per l'ingresso delle nuove generazioni, l'emigrazione ed il passaggio dalla terra all'industria. dal· la campagna alla città Larga parte di questo processo ha avuto luogo in condizioni di piena ed illimitata disponibilità della for• za.lavoro per il capitale. in termini sia di quantità di forza-lavoro disponibile sul mercato che di possibilità di utilizzo in fabbrica della forza-lavoro stessa. In questa esperienza stanno davanti ai lavoratori. brutalmente e su vasta scala, il carattere oppressivo della tecnologia e dell' organizzazione capitalistica del lavoro in cui prevale un vero e proprio asservimento dell'uomo. e il presentarsi in tanta sua parte della fabbrica come prigione dell'uomo, per il modo come vi è organizzata la produzione e come vi sono disciplinati ed inquadrati gerarchicamente i lavoratori. Sono dati di fatto che così improntano profondamente la rinnovata presa di coscienza delle sue condizioni di sfruttamento di una classe operaia in tanta parte nuov~. Il padrone - cioè l'industriale - c'è - non solo nelle aziende minori, ma Agnelli e Pirelli - o è più anonimo; ma è anche padrone il capo, è padrone il modo come si è costretti a lavorare sulle macchine e sulle linee, è padrone l'ambiente di lavoro che viene imposto. La tecnica e l'organizzazione del lavoro, le gerarchie in fabbrica vengono da quella parte. Non esiste una neutralità della tecnologia fra le classi possidente e sfruttata, ma la tecnologia è un modo della classe possidente per dominare e sfruttare la classe operaia. Naturalmente, questa presa di coscienza. nella sua maggiore lucidità. si afferma lentamente, ma è uno dei dati più certi del movimento, e porta nella secon• da metà degli anni sessanta anche ad elaborazioni di notevoli conseguenze concrete nell'azione rivendicativa sui grandi temi dell'ambiente e dei ritmi di lavoro, come delle qualifiche. Il tema della non oggettività, del carattere di classe della tecnologia e dell'organizzazione del lavoro, passa poi a comprendere sotto lo stesso profilo la scienza, il processo di formazione sco· lastica. l'organizzazione sanitaria a cominciare dai suoi aspetti più tragici - il manicomio- in una delle più ricche critiche sociali di massadella società capitalistica. Ma questo vasto proces· so di critica sociale al capitalismo è ~artito dalla fabbrica, ha nella condizione operaia, nel rapporto fra classe operaia e la tecnologia produttiva, la sua base di lotta e il suo fondamento culturale. t.>Mlnil:lo degli anni st111nta. una intuizione di questo nuovo Sergio Garavini L'ipotesi di Panzieri, secondo cui c'è identitJ tra forze p,o, duttive e rapporti di produzione, risente del gusto incellettua• listico di rovesciare le formule in altre formule, ma pure coglie un dato reale, sia pure in una formula estrema e provocatoria processo d1 critica sociale al capitalismo animò una parte della ricerca di un gruppo di giovani intorno a Raniero Panzieri. con la redazione dei Quaderni rossi, attuandosi anche nella forma di una rilettura di Marx e di una riscoperta di suoi testi. come le pagine sull'uso delle macchine ne, Grundrisse. Mentre un h· mite ed un errore di quella espenenza pare evidente nel suo rapporto politico diretto con ,I movimento matto, e vi si ac· cennerà più avanti, nel recente convegno del Gramsci sul "Marxismo negli anni sessanta" si è invece puntato ad una criti• ca proprio su questo, che sembra invece restare un aspetto dei più vivi e stimolanti dei Quaderni rossi. Si è citata in proposito una frase di Panzieri sulla identità fra forze• produttive e rapporti di produzione. la quale risente del gusto intellettuali• stico di rovesciare le formule in altre formule, ma che pure coglie un dato reale, sia pure in una formula estrema e provocatoria. Si può distaccare quell'aspetto delle forze produttive che so· no le macchine e il loro impiego, la conseguente organizzazione del lavoro e più generalmente il conseguente ambiente di lavoro, il condizionamento stretto che ne risulta nell'impiego e nel consumo della forza-lavoro. dal tipa di rapporti di pro· duzione, cioè di rapporti di classe in atto? Non è forse quest'ultima proprio la tesi lungamente vincente del capitale per imporre alla classe operaia 11 suo arbitrio illimitato nell' uso concreto della forza·lavoro in fabbrica. come se questo arbitrio fosse il risultato indiscutibile di una tecnica, anzi di un progresso tecnologico socialmente neutro? E non bisognava e bisogna reagire a questa tesi. proprio per consentire uno sbocco ed una prospettiva validi e reali alla rivolta operaia contro il dominio illimitatamente arbitrario del capitale sulla forza-lavoro? C'è, in questi interrogativi, anche l'avvicinarsi possibile, nella realtà del movimento, ad un punto effettivo di distinzione fra uno sviluppo di lotte che sia un rapporto di subordinazione della classe operaia rispetto al capitale, e un processo di azio• ne e di organizzazione che salvaguardi e consolidi l'autonomia di classe degli operai nei confronti del capitale. E questo punto è almeno in parte precisamente, nell'esperienza del mo· vimento negli anni sessanta, l'accettazione o la contestazione della disponibilità al capitale dell'uso della forza-lavoro. Certamente, questa disponibilità può essere regolata più cautamente o pili brutalmente, può essere massimamente rigida nella parcellizzazione del lavoro, nella determinazione di ogni mansione di lavoro, nell'inquadramento gerarchico dei lavoratori, oppure lasciare degli spazi nel senso di una minore par•

8 cell1z2az1one. di una certa mobilità tra mansioni diverse, di una almeno apparente libertà di determinare una parte delle proprie prestazioni di lavoro. Ma. comunque. sia regolata, que,. sta dispon1b1lità ad un certo grado il capitale pretende che sia assoluta: quella è la tecnica in atto e quella tecnica bisogna subire. Su questo punto, da1 ·54 a1 '67 il recupero del capitale è stato notevole. e dal '70 in avanti, siamo al più impegnato confronto del movimento sindacale con il padronato "pri· vato" e "pubblico" e il Governo. Una "critica sociale" che emerge dalle lotte Un confronto di questo tipo, che connette al movimento di massa una critica radicale a1 capitalismo. entro la concretezza della sua organizzazione produttiva. ed anche fuori di essa, attraverso la estensione della critica alla "oggett1vità" della tecnologia e della scienza, pane, d'altra parte, il problema dei risultati palit1ci immediati dell'azione di contestazione della organizzazione capitalistica del lavoro e. per estensione, della tecnologia e della scienza. Su questa questione. e non su essa soltanto. il modello di comportamento. per essere efficace, deve riferirsi alla classe operaia. La quale classe operaia incarna una contraddizione, fra la necessità e la volontà di negare la sua condizione di sfruttamento. e l'obbligo di subirla, per vivere nella società capitalistica che così l'ha prodotta, come classe oppressa di sfruttati. Di qui il bisogno della classe operaia di collocare le sue lotte nell'orizzonte di una prospettiva rivoluzionaria di rovesciamento del sistema e. nello stesso tempo, sul terreno di approdi immediati, in termini di modifica parziale delle sue condiz1oni di sfruttamento e di nuovi strumenti di orga• nizzazione per difendere ed estendere le conquiste immediate. in quell'orizzonte rivoluzionario. Ma questo stesso bisogno di una risposta dialettica reale ad una contraddizione sociale in atto, è presente anche fuori dell'organizzazione produttiva, nei vari ruoli sociali subalterni che compona la complessa articolazione della societil capitalis1ica, entro i quali la lona de· v! mu?v_ern tra la volontà e la necessità di negarli e l'obbligo d1 sub1rl1,ma entro una prospettiva rivoluzionaria e su1 terreno di una lotta per loro cambiamenti parziali ma reali. Si è così sottolineata la forza di una critica alla società capitalistica eh~ sia teorizzazione costruita su una reale esperienza del movimento e della classe operaia. Ciò vale per alcuni elementi essenziali di questa critica maturati nel fuoco delle lotte degli anni sessanta. Si considerino i due problemi particolari che sono già stati citati: l'ambiente di lavoro e le qualifiche. L'approccio ai problemi dell'ambiente di lavoro dal punto di vista della classe operaia, e quindi della necessità di presentarsi davanti a questi problemi in una Posizione di classe non subordi• nata, parta, nella esperienza delle lotte, ad una elaborazione concettuale di grande rilievo. Si tratta in primo luogo della ri· conquista del concetto di non oggettività della tecnologia. Ma una tecnologia non oggettiva non si modifica che contrapponen• do un punto di vista della classe operaia. che parta dalle esigenze degli operai e le confronti con l'organizzazione capitalistica del lavoro. Questo punto di vista non può esseredelegato ad altri dagli operai interessati; può esserematurato ed arricchito in rapporto alle conoscenze dei tecnici, ma deve essere espresso senza delega. Però il concetto di non-delega ha valore se riferito alla composizione sociale reale della classe operaia, nella articolazione concreta del processo produttivo. L'analisi dell'ambiente e delle condizioni di lavoro può essere reale e non delegata in quanto ha il suo fondamento non nell'individuo o nella massa indifferenziata. ma nel gruppo di operai che ha una collocazione omogenea nella produzione. Questi concetti di non-delega e di gruppo operaio omogeneo hanno una forza notevole di proiezione. come metodo di critica sociale del capitalismo che passa dalla fabbrica alle altre orga• nizzazioni composite della società capitalista, e come criterio di organizzazione dei lavoratori nelle aziende, per formare le esperienze delle assemblee e dei delegati di gruppo operaio omogeneo e. poi, dei consigli di fabbrica. L'irrompere nella lotta delle grandi schiere dei senza-qualifiche impone una riflessione di fondo. La crisi - relativa ma reale - delte qualifiche tradizionali; il dilagare di lavoro non qualificato; il trasferimento alle macchine e all'organizzazione del lavoro di elementi quantitativi e qualitativi decisivi del processo di lavoro: tutti questi fattori hanno accresciuto il distacco della figura sociale dell'operaio da1 "mestiere". I processi produttivi chiedono al lavoratore non di essere "scimmia", ma un uomo intelligen· te, capace di adattarsi alla molteplicità di mansioni elementari che gli sono richieste; e. tuttavia, in ognuna delle mansioni con• crete che gli sono richieste, nella sua ripetizione, la sua intelli· genza è poi mortificata nel modo più grave e, potrebbe dirsi, ol• traggioso. Di qui il rifiuto di farsi dividere nel frazionamento delle categorie, come nell'annullamento della qualifica nelle va-- rie forme di paghe di mansione. ad una spinta egalitaria, che è nello stesso tempo critica alla organizzazione capitalistica del la• voro e volontil di cambiarla. Anche questa consapevolezza critica passadalla fabbrica alla so· cietil; nella figura dell'operaio comune e nel suo destino. si

identificano parte decisiva di tecnici, impiegati, insegnanti, ri• cercatori, medici. La disoccupazione dei diplomati e dei laureati, rispetto a ruoli sociali e di lavoro tradizionalmente ri· conducibili a quel livello di scuola e di "cultura", e un aspetto di un processo generale di dequalificazione. La stessa scuola, sia come fabbrica di consenso. al fine di preparare alla discipli• na e alla subalternità del lavoro nella organizzazione capitali· stica del lavoro, sia come strumento di discriminazione sociale a favore delle classi possidenti. sia per ta sua genericita e nello stesso tempo per la sua produzione di distinzioni culturali apparenti e non reali. appare del tutto funzionale a questo stesso processo. E, dunque. la rivolta contro questo tipo di scuola ha un senso preciso, una connessione reale con la problematica sollevata dalle grandi lotte operaie. La questione non é se questi elementi di elaborazione sono, o meno, completi: conta intanto la loro forza come vivente filosofia della prassi, critica sociale emersa realmente dal movimento e dalle lotte. Non esageriamo, naturalmente. La cultura è memoria, la politica è storia: bisogna non bruciare i panti alle proprie spalle, ma passare e ripassare sui ponti gettati dalla teorizzazione passata e presente. Eppure la rabbia contro i libri di parte del movimento studentesco, ai suoi inizi. ha un elemento di forza non solo perché respinge una cultura accademica, ma perché ripropone una teorizzazione fondata sul valore del movimento e dell'esperienza vissuta; è una estremizzazione provocatoria, ma entro la quale c'è una istan• za viva ed importante. 11rapporto movimento-organizzazione Da queste stesse elaborazioni si affaccia il tema del rapporto movimento-organizzazione. La traccia su cui si muove la lotta è quella segnata dalla grande esperienza delle organizzazioni tradizionali, i Sindacati e i Partiti operai. Ma la ricchezza dei contenuti e delle forme del movimento è anche e largamente nuova. La tensione che allora si produce fra movimen• to e forme organizzate é già notevole nei primi anni sessanta, ma è massima fra il 1968 e il 1969. anche per la contemporanea esplosione del movimento nelle scuole. dove la sua con• traddizione con le specifiche e tradizionali forma di organizzazione degli studenti è davvero e drammaticamente stridente. 11problema che allora si pone è affrontato fondamentalmente su tre posizioni. La prima Posizione, come sempre più larllffllflle nella realtà che nelle teorizzazioni, è di orientamento oonarvatore, tendente a ricondurre il movimento interamente BR'.lf tctr,M tradi1ionali dell'organizzazione operaia. La seconSergio Garavini Lo sviluppo dei Consigli di fabbrica e. m questa fase. del/' unita sindacale come unita di classe, e certo tema fra , più difficili degli anni settanta da propone un cambiamento profondo delle forme di organizzazione, puntando in primo luogo sulla fabbrica e sulla trasformazione. che vuote dire anche un1til. del Sindacato. La terza posizione intende portare la tensione fra movimento e forme tradizionali di organizzazione fino alla rottura; una rottura con i Partiti e il Sindacato; oppure rottura con i Part1t1 in una riproposizione del Sindacato in chiave pansindacale. In questo difficile contrasto, può bene affermarsi che il problema è aperto. ma bisogna anche guardare alla evoluzione reale dell'organizzazione delle masse. La trasformazione della organizzazione sindacale di fabbrica; la formazione generalizzata dei Consigli di fabbrica; l'importanza dello scontro che, per essere sulla contrattazione di azienda, é sui consigli di fabbrica stessi e sulla concreta proposta consiliare che questi costituiscono entro la realtà del sindacato; la spinta all'unitil sindacale sulla base dei nuovi organi di democrazia e di potere dei lavoratori in azienda. Tutti questi sono fatti, non generali, ma che impegnano milioni di lavoratori, e come tali di enorme importanza. Ma sono anche fatti collocati in una fase certamente transitoria, essendo dati organizzativi e di potere non ancora irreversibili, poiché sono il prodotto terminale delle lotte degli anni sessanta. fra il 1969 e il 1970, soprattutto. nei quali ancora non si è consolidata una provata esperienza di lotta e di organizzazione. I nuovi organismi sono nati e devono vivere vincendo la du· plice pressione del padronato e di una parte minoritaria ma reale delle stesse organizzazioni sindacali, che li osteggia sia con la resistenza alla unitil sindacale organica. sia entro lo stesso processo per l'unità. tracciando ti quadro di un nuovo sindacato centralizzato e, al suo interno, autoritario. Dunque la vita e lo sviluppo di questi nuovi organismi. e, su questa base, della unità sindacale come unità di classe. è certo tema fra i più difficili degli anni settanta. Che questo sia punto decisivo del problema posto dalle lotte in tema di rapporto tra movimento ed organizzazione può essere negato. Si può sottolineare che i nuovi organismi di fabbrica rappresentano solo un momento di rinnovamento del sindacato, nel quadro della positiva stabilità delle forme organizzative tradizionali della classe operaia, ma che la realizzazione dell'unità sindacale organica, costituendo di per sè un potenziamento decisivo del sindacato e quindi anche condizione di maggiore forza dei partiti operai. per avere tutti dentro l'unità può anche esserepagata rinunciando, in parte almeno, agli aspetti più nettamente consiliari dei nuovi organismi di fabbrica. E questa stessa negazione può essere soste-

10 nu1a anche sottolineando che, in ultima analisi. i cons1gll d, fabbrica sono un adattamento d1 importanza non dec,s1va del sindacato, un modo per mascherare la conservazione delle forme trachz1onali della organ1zzaz1one operaia, e del sindacato ,n particolare. d, fronte alle novità radical• che pretende 11 movimento Le due negaz,on1 non sono accostate per dire che sono m sostanza la stessa cosa, ma per avere presenti ambedue I r1svolt1 che la s1tuaz1one presenta. Il nodo può essere sciolto ponendosi un 1nterrogat1vo netto: sono o non sono i Consigli d1 fabbrica l'effettiva. necessaria corrispondenza c,rganizzattva al movimento delle lotte opera,e. ne, loro elementi cost1tutiv1 concreti matu1òt1 anche fat1COSd• mente nelle due ondate d1 scioperi e battaglie sociali a11'1n1z10 e alla fine degli anni sessanta' A questo interrogativo la risposta non puo essere equivoca. perchE! entro quelle lotte sono fatti: da un lato. la generate e. In qualche caso. anche drammatica madeguatezza delle Commissioni interne e delle Sez,001 s1ndacal1d1 az,enda, per la loro 1mposs1b111t3d1 essere espressione dei lavoraton m tutta la complessità della compos,z,one della classe m fabbrica e qu1nd1 del movimento 1n ano; dall'altro lato. 11carattere effimero delle forme organizzative che 1n sostanza hanno contrapposto avanguardie più o meno formalizzate prima alle organ1zzaz1om tradmonali e po,. nel contesto del movimento, anche alla necessità d1 attuare nuove forme d1 organizzaz,one dei lavoratori, come appunto 1 Consigli d, fabbrica. che siano stabile e consolidata espress10• ne d1 tutta la classe Con tutto c,ò. può essere parziale ricondurre essenzialmente a questo tema la problematica attuale de, rapporti tra mov1· mento ed organ1zzaz1one, ma vt è una riflessione che deve essere fatta m proposito. La tentazione di gruppi che hanno inteso assumere posizioni d1 punta. nella ricerca. come nel caso dei Quaderni rossi. o m azIon1 d1 massa, prima nelle scuole e po, anche 1n certe fabbriche e situaz1on1 locali, come nel caso di Lotta continua, d, risolvere attraverso scorciatoie e 1mprovv1saz1onI ti problema della organizzazione delle masse. una volta riconosciutane la necessita, è stata ed è molto grande. Ed è questo il punto realmente più drammatico di frattu_ra non soto con le organizzazioni trad1z1onali della classe operaia. ma pm a fondo con la concretezza del bisogno d1 organ1zzaz1one della classe operaia. una volta che questo è as· sunto su una base d1 rmnovamento dalle c.,rganizzazion1 opera,e_ trad1z1onal♦• Ou, l'errore passato de1 gruppo dei Quaderni rossi fu altrettanto drammatico dell'errore attuale di Lotta continua. Ma Id polemica sul passato e sul presente deve essere fatta per mod1f1care l'avvenire. Oggi, ta sopravvivenza e lo sviluppo dei consigli d1 fabbnca. e la loro proiezione all'esterno delle aziende. in una ripresa reale del movimento almeno ,n parte In atto, è 1erreno fondamentale d1 scon1ro con 11padronato e con il Governo. e d1 lotta pol1t1ca per dare un segno real mente class1s1aalla un,tà sindacale. è cosi m gioco la pIu grande ered11à degli anni sesSélnta.su cui tanto la repressione quanto la manovra del sistema stanno per esercitare la press10• ne più risoluta. Chi sta fuori da questo confronto non si bat• te nel settore pIu d1ff,c1le e decisivo del fronte di lotta. 11 pnmo problema e 0991 la difesa e lo sviluppo dt ciò che concretamente te lotte operaie hanno prodotto come la realtà piu v1cIna ad organi ope1a1 di democrazia diretta e di potere Il processo sociale in atto Connesse a questo problema essenziale, altre questIon1 d, rap· porto fra movimento ed organizzazione sono state poste meno pos1t1vamente dalle lotte degli anni sessanta, prima fra le quali quella della unita della classe operaia e dei lavoratori, nella accezione più larga d1 tale termine. Una riflessione Insuff1c1ente è stata fatta, m proposito, sulla eccezionale portata degli scioperi sulle "zone" e per le pensIon1, che affrontavano due aspetti essenziali delt'un1tà: la relazione fra gh operai delle grandi aree mdustoall del Nord e l'altra parte della classe operaia; 11rapporto fra lavoratori m produzione e pens10• nati. Ma altri aspetti non sono _stati affrontati a fondo: il rapporto fra occupati e disoccupati e generalmente fra i tavo· ratori occupati e la parte pilJ povera e soggetta alla disoccupazione della popolazione urbana; rapporto fra operai, brac• cianll e coloni: presenza d1 vaste aree d1 occupazioni parziali fra cut altamente significativa quella del lavoro a domicilio. Ou, l'ms1d1a è dawero profonda. perché gli effetti del capita• llsmo p1U avanzato sulla composizione sociale della classe ope· raia non sono quelli d• produrre di fronte al capitale un proletariato omogeneo, ma al contrario d1 determinare, intorno a, nuclei d1 classe operaia propriamente detta, una strat1f1ca• z1one complessa delle classi oppresse. come del resto una strat1ficaz1one complessa delle classt possidenti. Mentre entro la classe operaia propriamente detta avanza una coscienza d1 unità di classe ed anche uno spirito egalitario. come hanno provato te lotte degli anni sessanta. aumenta il distacco d1 cond1z1one sociale fra la occupazione nell'industria e la semi occupazione e le retribuzioni molto basse prevalenti 1n agri· coltura, s, esaspera l'ms1curezza dell'occupazione in molte

Sergio Garavini citti, specialmente nel mezzogiorno, ingigantite al d1 fuori di ogni processo di estesa industrializzazione, il ritorno alla semi occupazione ed al sottosalario con il la\loro a domicilio spezza l'omogeneiti della classe operaia in fabbrica e disperde una parte del proletariato. Qui dunque compare un limite della scelta della fabbrica. che però non si elimina affatto rin• negando questa scelta, tornando ad una concezione del ruolo di avanguardia dei reparti più concentrati della classe operaia che ha rivelato il suo errore profondo nella esperienza degli anni cinquanta. 11 problema è allora come fare la scelta della fabbrica in modo che comprenda una più vastd unità dei la· \/Oratori. Si è ricordata l'ampiezza degli scioperi per le pensioni e sulle "zone", a cui hanno poi fatto seguito i grandi scioperi locali e nazionali per le riforme nell'estate•autunno del 1969. Ciò che costituisce la forza degli scioperi per le pensioni e sulle "zone" è stata la concretezza dell'obiettivo, la passibilitit di misurarsi su obiettivi e risultati reali per le più grandi masse dei lavoratori, il carattere contrattuale. vertenziale delle riven• dicazioni di riforma pensionistica e di abolizione delle "zone". La forza immensa dello sciopero generale per le riforme del novembre del 1969 corrisponde alla fase montante del mo\li• mento, ma due limiti vi do\lranno essere registrati. Il pnmo d1 essi sta nel carattere molto generale e di sostegno a progetti di legge. non di stringente rapporto contrattuale con il Governo, che hanno le richieste presentate. 11 secondo è che all'inizio del movimento per le riforme sono fuori dalle nvendicazionì presentate i problemi delta occupazione, delle campagne, della scuola, dei trasporti. E l'attacco all'occupa,, zione. la ripresa in mano conservatrice della scuola, la costi• tuzione di larghi schieramenti sociali di possidenti contro leggi come quelle sulla casa, sulla mezzadria e sui fitti agrari, all' inizio degli anni settanta, sono invece atti concreti di rispo. sta socidle reazionaria, d1 contrattacco nei confronti delle clas• si l.woratrici in lotta e di stretta condizionatrice nei confronti del Governo. D'altra parte, vi sono vastissimi gruppi sociali, che non sono affatto elementi marginali nella composizione sociale della classe operaia e delle classi lav:>ratrici in genera· le, 1 quali hanno partecipato solo marginalmente al mov1men• to di lotta ed in ogni caso non hanno avuto dalle lotte una risposta parziale ma reale a, loro problemi: pensiamo ad esem• pio a più d1 un milione d• lavoranti a domicilio e a settecen• tomila lavoratori studenti. Una es,genza che si propone cri• ticamente dalle lotte degli anni sessanta è dunque quella del· ti! estensione del fronte sociale d1 lotta, partendo dalla fab• 11 brica e intorno alla fabbrica. Questa estensione l'esperienza insegna che può essere reale a condiziom molto precise: una elaborazione di obiettivi che abbiano la stessa concretezza che ha assunto la elaborazione degli obiettivi di lotta sulle condi· zioni di lavoro e che a questa si ispiri; che su questi obietti· vi il movimento punti a realizzare con il padronato e con il Governo un rapporto concreto, di confronto e d1 contratta• zione reali ed articolati e non semplicemente di appoggio a progetti di legge, di riferimento ad una dialettica da un ceno punto in poi interamente delegata entro le assemblee elettive. Questo tipo di estensione nel fronte di lotta, insieme alla qualità degli obiettivi, a cominciare da quelli relativi alla condizione di lavoro. è una via reale per una lotta che passi il confine della lotta economica 00 entri nella sfera delta tona politica, attraverso un processo sociale e non seguendo scorciatoie ideologiche. La contrapposizione della fabbrica - CO· me punto di organizzazione e di potere della classe operaia - allo Stato, e la sostituzione pura e semplice della lotta sociale alla lotta politica, sono appunto scorciatoie ideologiche che si staccano dalla realtà delle lotte e dalla loro esperienza. E, tuttavia, è un fatto con il quale occorre misurarsi che, con il crescere delle tensioni e delle lotte sociali negli anni sessanta, si è ridotta la possibilità delle masse di identificare pienamente, anche nei termini della loro partecipazione, la lotta politica con la battaglia entro le assemblee elette dal suffragio universale e con i relativi schieramenti dei Partiti. Questa identificazione è stata piena in battaglie politiche di grande peso, che sono state condotte in una dialettica fra azione entro te assemblee elettive e movimento delle masse. che non ha presentato soluzione di continuità; si pensi alla lotta contro t'asservimento dell'Italia all'imperialismo americano, tramite il patto atlantico, contro la preparazione d1 una svolta reazionaria, dagli eccidi della polizia di Scelba alla legge truffa del '53, ed all'episodio di Tambroni nel 1960. Ma in tale situazione è intervenuto negli anni sessanta un cambia· mento in due direzioni. Da un lato, il centro sinistra ha aperto una fase nella quale ha avuto più possibilità di succes• so la tradizionale manovra dell'interclassismo democristiano, tendente a ridurre la battaglia politica entro le assemblee elettive ed i problemi di schieramento dei parrni in dimen· sioni corporative, di scontro di interessi di gruppo, di lotta su singoli problemi, di confronto su questioni particolari che ammettono soluzioni socialmente confuse. ti PCI, proprio nella misura in cui si è sottratto a questa manovra, e nella concretezza delle situazioni si è presentato come grande

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