giovane critica - n. 28 - autunno 1971

mente Il formarsi della nuova classe ed ebbe il coraggio di denunciarla pubblicimente. Molto di pili non poteva fare poiché non aveva capito che Il regime dittatoriale proveniva dall'economia di stato e non da Stalin, da Tito o comunque da uomini che volevano imporre un regime dittatoriale. Né poteva aiutarci nella ricerca di un sistéma economico soclalista poiché non si era persuaso che nazionalizzazioni e programmazioni di Stato s'erano rivelate misure antisocialiste. I compagni cinesi constatano la degenerazione nazional• Imperialista dell'Urss. denunciano che i • popoli fratelli • sono In realtà tenuti in vassallagglo ed ostentano la loro verginità marxista. Sono commoventi per quello che han fatto e sofferto. ma ci pare che si trovino pressapoco al livello concettuale di Babeuf ne11aquestione soclale. Non hanno afferrato che il Soclallsmo può venire al mondo solo attraverso la previa Instaurazione dell'economia socialista e che quest'ultima non è quella di Stato, né quella delle comuni, né quella della rlvoluzlone culturale come I fatti stanno a dimostrare. Se non si produce e distribuisce a mezzo di aziende che non permettono lo sfruttamento umano, gli uomini non saranno mal llberi. Bisogna trovarla quest'azienda, sperimentarla e poi applicarla su larga scala. Ma deve anche ridurre i costi plU delle Imprese capltatlste altrimenti condurremmo I consumatori alla povertà Invece di portarli al benessere. Ebbene, questi carissimi com• pagnl cinesi sono ancora lontani le mille mtgtla da questi pre>+ bleml e, purtroppo, non loro soltanto. Parlare di produzione di valori d'uso. come fa Antonio Carlo, prima d'avere saturato positivamente li mercato è roba da sognatori e non da ece>+ nomlstl come dobbiamo essere noi. Mao sta Introducendo una religione. non un'Economia superiore. Può creare eroi del se>+ clallsmo ed egli ne è Il primo. non la società socialista. Per quest'ultima occorre un sistema economico plU razionale e potente di quello capitalista. capace a1tresl di ellmlnare le tare Insite nel sistema economico capitalista. Non si tratta di legiferare o di predicare dal seggio rivoluzionarlo In favore del lavoratori. Lenin e Trockij 50 anni fa decretarono che la terra e le fabbriche passavano al proletarlato. ma questi le ha avute per sudarci sopra pili di prima perdendo anche quelle poche Ubertà umane e quel llvello di vita che Il capltalismo può concedere al lavoratori. la questione va risolta là dove I produttori incidono ogni giorno Il loro tormento. E' nel tempio del lavoro (e dove avrebbe dovuto essere?) che si compie Il destino del Proletariato. della Civiltà Occidentale e dell'avvenire del mondo. Il capita• llsmo ha compiuto prodeue mal viste In tutto Il corso della Storia, ma rappresenta sempre l'ultimo gradino della Barbarie tutt'ora invalicata. Se dopo una giomata di lavoro non si può essere certi che nessuno potrà appropriarsi del frutto delle nostre fatiche, il Socialismo resterà sempre un sogno. Se l'ordine aziendale non convoglia i singoli sforzi in un modo pili razionale che nella produzione capitalista (In termini di costi). Il progresso ed il benessere resteranno sempre una aspirazione insoddisfatta. Se l'organo di distribuzione dei prodotti non spingerà automaticamente verso scelte produttive nel luoghi piu adatti ed a mezzo dei pili capaci, rimpiangeremo il capitalismo e non avremo mai un'Internazionale. Soltanto un mercato sempre più vasto fino ad essere mon• diale aiuterà a ridurre I tempi di produzione In uno coi progressi della tecnica, spinta a sua volta da un mercato pili potente e allora si potrà accorciare la giornata lavorativa. Non è possibUe eliminare il mercato allorquando Il gettito produnivo non è ancora all'altezza di soddisfare i bisogni piu urgenti dell'uomo. Divideremmo valorl d'uso tra affamati: meglio accontentarsi ancora di merci razionalmente distribuite. Il mercato non va eliminato. ma ridotto e moralizzato. Infatti con una nuova formula del profitto aziendale che armonizzi gli interessi del venditore con quello del compratore e che elimini nel contempo Il lavoro-merce, lo scopo è raggiunto. Questi sono I problemi da risolvere. Non ce li siamo ancora posti e l'azienda socialista resta ancora nella luna. Cercare la soluzinne del Socialismo fuori dell'azienda significa votarsi a quegli insuccessi che cl hanno accompagnato fino ad oggi. Per quanto ml concerne dite che avrei ragione di soste• nere che anche la forza,lavoro risulta monopolizzata dallo Stato nell'oltrecortina: • ma solo in senso tendenziale•, aggiungete. come se in Russia Il monopolio da parte dello Stato della forza.lavoro fosse una tendenza e non la regola quotidiana. Pre>+ babilmente I lavoratori di quei paesi • tendono • ad offrire a qualcun altro le loro braccia. ma è raro trovare un Impiego privato là dove lo Stato monopolizza I mezzi di produzione. • Il dominio dello stato sulla forza-lavoro è prevalente. non assoluto • soggiungete. E quando mai ho preteso che fosse assoluto? Nessuna società umana si presenta pura nella realtà storica: due o tre sistemi economici sono sempre presenti. ma uno prevale e quello di Stato • nettamente • in Rus• sia, dite voi stessi. Quando Roma era schiavista prevalevano gll schiavi, ma sussistevano ancora frange di artigiani e di capltatlstl. Chi minacciò Roma di morte però. fu Spartaco. Né tutti erano servi della gleba durante l'Età Feudale, né tutti sono proletari allorquando la società viene chiamata capitalista. Criticando Inutilmente, Antonio Carlo non fa onore alla 55

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