giovane critica - n. 28 - autunno 1971

politicamente (e culturalmente) rosse dove il sistema è politicamente negato e distrutto. La critica spicciativa mossa da gruppi minoritari, secondo cui in definitiva • Lotta continua • proporrebbe delle soluzioni cattoliche, religlosizzanti, affrontando il problema • arretrato • degli obiettivi intermedi. è palesemente pretestuosa. Intanto. bisognerebbe mostrare che cosa il cattolicesimo ha realizzato di analogo In questo campo. Ma forse. piU che al cattolicesimo, si vuol fare riferimento al cristianesimo anche sulla base dl una grossolana valutazione empirica ed epidermica della effettiva presenza di militanti cristiani in • lotta continua •· e· ben vero che nessuno oggi. come prodotto storico. nasce da un rlcciolo di mare, e che quando si contrappone l'altruismo sociale all'egoismo individuale, quando si lotta politicamente contro l'Individualismo. si recuperano certamente anche motivi cri• stiani (cosi come motivi confuciani sono presenti nella rivoluzione culturale cinese). Ma Cristo porgeva l'altra guancia e fece del sacrificio personale l'esempio divino. lndlvidualisttco, di redenzione pacifica dei poveri. Il Cristo della violenza materiale. non verbale, è il Cristo che, una volta tanto. lmpugnò la frusta per • prendersi e liberare il tempio •. Se Cristo avesse usato sempre quella frusta. e avesse crocifisso i nemici del popolo. con il popolo. per un potere terreno dei proletari sui ricchi e i farisei. allora 1a critica a • Lotta continua • sarebbe pertinente Ma cosi non è, e perciò il • prendersi 1a città • non significa prendersi la città di Cristo solo attraverso esperienze pacifiche e pacifiste di amore. non violente. ma comporta la forza po1itic8 proletaria necessaria per contrapporre 1a propria città alla città dei padroni, Imperialista, e distruggerla materialmente dalle fondamenta. Probabilmente. fra il modo di concepire la stessa violenza In • lotta continua • (o In buona parte di essai e la concezione diciamo cosi potereoperaistica. vi è una sostanziale differenza Per un militante comunista la violenza è una necessità sociale, punto e basta, e costituisce una giusta reazione polltlca e morale a condizioni materiali dell'uomo che sono disumane, subumane, antiumane rispetto agli ideali e alle esigenze, pure materiali, di eman,clpazlone. Ma nella storia del movimento operaio c'è anche un filone di violenza Idealistica. avanguardistica e, al limite, individuati• stica. che Induce nelle masse arbitrariamente ciò che non c'è, ciò che sovente è una faticosa conquista, la giusta violenza rivoluzionaria che è distruttiva nell'atto stesso che, spazzando via collettivamente quanto piU è posslblle dell'ldeologla borghese. costruisce un modo di vivere nuovo. E la violenza avanguardlstica, quando ha finito di Interpretare trionfalisticamente e con eccessi di volontarismo esplosioni momentanee di massa. 40 tende a sostituirsi alle masse con la pretesa di dare ad esse un punto di riferimento essenziale. e usa - sovente nel modo piU cieco. unllaterale e impolitico - la violenza (Firenze docet anche a questo proposito). Hanno perciò reagito correttamente I compagni di • Lotta continua • - la maggior parte di essi - attaccando episodi di violenza gratuita. volontaristica, idealistica e al limite provocatoria. Anche in via Tibaldi, quando fu necessaria e la direzione politica proletaria ritenne che fosse necessaria, fu usata, eccome. la violenza. La violenza volontaristica, Idealistica, individualistica non può essere mal considerata violenza da compagni. In questa fase. tuttavia. nulla è perduto e tutto è recuperabile. e quindi si può e si deve discutere fino In fondo. con pazienza e spirito fraterno, anche con i • compagni • insurrezlonallsti e con quelli avventuristi: e sotto questo aspetto. anzi. non sono d'accordo con le posizioni eccessivamente pole, miche e rigoriste con cui la stragrande maggioranza di • lotta continua • ha affrontato un ristretto numero di compagni impegnati In situazioni difficili. A me pare che si possa fare opera di persuasione riferendosi anche. appunto, alla storia del movimento operaio, al filone sorellano o pseudo sorellano. cui fecero capo gli anarco-slndacallstl e che venava anche superficialmente il • socialismo • di Mussolini, per fondare opportune analogie e ravvisare I pericoli relativi. Tornando al programma • prendersi la città •. ho accennato agli obiettivi intermedi. Non si risolve infatti la contradizione tra il finalismo di un programma politico, l'ideale Insomma. e I bisogni di tutti I giorni, negando questi bisogni e !'esigenza della loro soddisfazione materiale Immediata. Si tratta. infatti. di una negazione eroica e ascetica. che intanto è pressoché lrrealizzablle anche In un ristretto numero di compagni, e che poi è palesemente Idealista o spiritualista. Di qui l'Importanza di Istituzionalizzare non solo determinate conquiste di nuovi rapporti po11tlci ma anche determinate conquiste materiali. collettlve. sociali. Un compagno dirigente di • Lotta continua • ha ricordato giustamente le cooperative. valutando il peso che esse hanno avuto e tuttora hanno nella ideologia e nel potere riformista In Toscana e piU ancora In Emilia e Romagna. L'opera di uomini quatl Baldlnl e Massarentl in effetti non è andata perduta. Essa si rifece alla linea riformista. turatlana, del movimento operalo e soclalista italiano, e I socialisti masslmallsti ebbero poco di sostanziale da opporle. Le cooperative furono una creazione proletaria cosi come le case del popolo. Il fatto che si siano rannicchiate nel s.Jstema. assumendone tutte le Impronte mercantili e capitalistiche. dipende dal gradualismo con cui esse furono concepite

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