Ora, se è lnn8gablle che l'affermarsi dl esperienze di con• tro11o di fabbrica ha sempre comportato U massimo di acutizzazione dello scontro di classe In termini di urto frontale e de• clslvo tra proletarlato e borghesia, dimostrando l'lnconcillabllltà di controllo operalo e democrazia borghese: è altrettanto vero che da questo urto Il proletariato è uscito sempre battuto. Più In particolare tall sconfitte sono state la conseguenza di un Isolamento degli operai occupati nelle grandi aziende dal complesso della classe operala (occupati e disoccupati) e dal • ceti medi • non sfruttatori. In Italia poi, ta1e Isolamento si è ulteriormente caratterizzato con una rottura tra operai di quello che oggi chiamiamo triangolo industriale e masse bracciantili e contadine det Mezzogiorno. Certo, per una acritica difesa di quelle esperienze, si può invocare la mancanza di maturità rivoluzionarla o lo stato arretrato dell'esperienza. Come se di tutto ciò non risentisse pure la • Russia • di Lenin o la • Cina • di Mao. Il fatto è che le esperienze consiliari hanno sempre avuto come presupposto quello di condizionare alla fabbrica, seppure autogestita, l'Intera società, senza tenere presente che la singola unità produttiva è, lo si vogBa o meno. condizionata da un tessuto sociale su cui lo Stato opera mediazioni complessive che non possono essere Ignorate e che ta identificazione Immediata tra grande aziendè e Stato. il cosiddetto • plano del capitate •, è mero vanlloquio operaista. Da questo assunto è scaturita l'Incapacità ormai cronica di rapportare le condizioni di lavoro In fabbrica a quelle complessive del mercato del lavoro per unificare su una linea di potere la lotta salariale a quella per l'occupazione: una lotta insomma che. entro organismi esterni alla fabbrica, saldasse l'attacco al padroni con quello contro l'unico • capitalista collettivo • realmente esistente. lo Stato rappresentativo borghese. Solo sulla crescita di un tale tessuto di potere 1r fronte rivoluzionarlo può realisticamente fondare la propria autonomia dal periodi glollttlanl o autoritari. moderati o di centro-sinistra, per evitare le drammatiche scelte tra urto frontale perdente e lotta per le libertà democratiche. Quanto affermato porta a una rinnovata qualificazione del rapporto democrazia borghese-rivoluzione socialista. E' evidente lntaHi che per gli operai e per I loro alleati rlvoluzlonarl 11primo dlrttto democratico oa "-onqulstare è quello di spezzare Il proprio rapporto di subordinazione alla macchina (quale materlalizzazlone quotidiana di subordinazione alla proprietà capitali• stie.a del meno di produzione) e al processo sociale di valorizzazione. Il che ha come lnevltablll punti di partenza la difesa delle condizioni di lavoro - di salarlo e di occupazione - e di reddito {per gll alleati). Su questa difesa la lotta economica, per speuare la pattuizione tradeunionlstica. deve condizionare le scelte di gestione del capitale - in fabbrica come nella società - alle esigenze di unità della classe operaia e del suo fronte di alleanze: obiettivi sindacali e politici diventano complementari alla crescita materiale di questo potere alternativo. Un tessuto di potere che funzionalizzi alle necessità della classe operala e dei suoi alleati il rapporto con la lotta da svolgere nelle istanze rappresentative statuali. si da Imporre misure di politica economica e di espansione della democrazia suscettibili di difendere immediatamente l'unità del fronte stesso e di ac• crescere Il potere antagonistico dei propri organismi. E. chiaro che tutto ciò ripropone Il problema del frontismo in modo ben diverso da come lo si è affrontato In recenti di· battiti. Non si tratta né di fare atti di fede contro esperienze storiche in col si è pure reatlzzato un avanzamento complessivo del potere reale del movimento operaio, né di passare al microscopio questo o quell'aspetto di quelle esperienze per poi rimanere, nel primo come nel secondo caso, pienamente subordinati - anche se. nel migliore del casi. come opposizione endemicamente minoritaria - alla logica politico-strategica del fronti• smo. SI tratta, al contrario, di capire come le ipotesi frontiste, cioè di rapporto politico con questo o quel comparto della borghesia e delle sue organizzazioni politiche. partono dall'esigenza di dette forze borghesi di avere un rapporto con la classe operaia, per risolvere sulle sue spalle contraddizioni squisitamente ca• pitatlstiche. Lungi dal rifiutare moralisticamente momenti di rapporto con tali forze. si tratta di relegare quel rapporto all'azione sul fronte politico-parlamentare. senza per questo smorzare la crescita del potere autonomo del fronte rivoluzionarlo, utillzzando bensf la lotta democratica per la rlvoluzlone socialista. Siamo dunque arrivati al problema del rapporto tra Sindacato e partito rivoluzionarlo del proletariato. Resta ovviamente escluso quatslasl rapporto del tipo • cinghia di trasmissione•, cioè di delega politica del movimento slndacale al partiti politici a trasformare entro U fronte politico (Il parlamento) le spinte • corporative • In Interesse generale democratico, cioè capitalistico tout court. Ma cosa sostltuire a ciò che si nega? A noi sembra che una soluzione di tale problema possa essere riproposta se 11punto di riferimento del rapporto non sarà plU un determinato fronte partitico quale prefigurazione del raggrup. pamento di forze antagonistiche da lstituzlonaBzzare In • nuova democrazia • o quale fronte sociale da Istituzionalizzare entro il Parlamento In nuova maggioranza governativa. quanto piuttosto la strategia del controllo da lstituzlonalizzarsl in organismi rappresentativi del fronte di alleanze per la rlvoluzlone socialista. Tutto ciò porta In primo luogo a riaffermare l'autonomia oggettiva. Immediatamente fattuale. della lotta economlco-stnda- - 91
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