giovane critica - n. 26 - primavera 1971

10 1 po1che questi fenomeni implicano la produzione d1 valori d1 scambio rappresentanti un plusvalore da realizzare sul mercato (proprio per questo la crisi viene spesso definita • di realizzo • del plusvalore). Ora però in Russia manca la produzione per il plusvalore e quindi non vi può essere sovraproduzione .. Ciò non contrasta minimamente col caso delle scarpe invendute, riferito in precedenza ioi poiché in quel caso vi fu senza dubbio uno spreco di valori ma non tale da esplodere in una crisi di sovraproduzione. come sarebbe accaduto in una economia capitalistica; in questo caso. dunque. se si vuol parlare di sovraproduzione deve intendersi con questo termine un fenomeno (spreco di valori d'uso) diverso da quello che si verifica nel Si• sterna capitalistico (dove c'è un eccesso di valori di scambio. nonché l'impossibilità di realizzare sul mercato il plusvalore) ed avente una dinamica ben diversa {nel capitalismo si sarebbe avuto un certo tipo di crisi che non si ebbe nel sistema sovietico). Owiamente sono anche da ritenere inapplicabili alla Russia le teorie eclettiche secondo cui le crisi possono derivare da entrambe le cause. Ciò non significa che il sistema sovietico sia esente da crisi e disfunzioni: esse non mancano (e sono gravissime) ma la loro genesi e la loro dinamica si atteggiano, come vedremo, in maniera totalmente differente da quanto avviene nel capitalismo. Ciò spiega perché nel 1929 la grande crisi non si comunicò all'Urss. La cosa lascia assai imbarazzato Bordiga che si difende con argomenti spesso goffi per uno che. come lui, ben conosce il Capitale; non intendiamo qui dilungarci in una analisi puntigliosa delle sue tesi (almeno nel testo) 10-; se quanto scritto è esatto ne viene come conseguenza che una crisi di tipo capitalistico non poteva comunque estendersi ad una economia aventi leggi di movimento e contraddizioni diversissime. Un ulteriore argomento che Bordiga assume a sostegno delle sue tesi è che l'Urss tende a commerciare sempre pili con l'Occidente sicché in essa prevarrebbero i principi della produzione per to scambio 1~. E' facile però rispondere che Marx ed i marxisti ben conoscevano il fenomel'lo dello scambio tra paesi capitalistici e non-capitalistici 101; una tribU di aborigeni africani non diventa capitalista se scambia sporadicamente i suoi prodotti con mercanti europei. Indubbiamente ciò crea un'interazione tra economie diverse in cui la piU forte si Impone ed integra l'altra, ma ciò avviene attraverso un processo spesso lungo e con26 - 1·• 1 f' la tesi cu, sembra addurre Beucfhelm {Commen10 alle tesi d1 Tsuru, in Dove va 11 capitalismo? c,t. pag. 'J:J.). Una posizione di conciliazione tra le due grandi correnti sembra assumere Sweezy. op. uft. cit. pag. 185 segg. Non mancano ovviamente altre teorie {di Hillerdlng, Grosman ecc.) che però sono ormai superate e conlutate. '°' V. par. prec. 1~ Bordiga, Infatti, sostiene che fa crisi del 1929 non contagiò l'Urss per tre ragioni: t) le crisi capitalistiche sono crisi di sovraproduzione ed fn Russia vi erano larghe zone di consumo da soddisfare: 2} l'Urss era un paese giovane e perciò forte; 3) f'Urss era isolata dal mercato mondiate (v. Bo,dlga. Dialogato coi morti cit, pag. 145). Ora, però. al primo argome11to si risponde che la presenza di bisogni insoddisfatti non esclude la crisi fa quale si presenta a livello fenomenologico quando mancano "bisogni paganti,. {quali che siano le ragioni profonde del fenomeno che qui non ci interessa} per cui una crisi di sovraproduzlone può esservi anche in un paese povero. Il secondo argomento è poco pi/J di uno boutade se per paese giovane si intende un paese arretrato con scarso capitate tecnico e pochissima forza lavoro qualilicata. I paragoni biologici {o anagrafici) in economia lasciano il tempo che trovano: d'altro canto la giovanissima economia capitallstlca russa ebbe nel t873 la prima crisi economica lv. Cer• roni, Le origini del socialismo in Russia, Roma, t965, pag. 83) quando di capitalistico vi erano solo alcuni • giovanissimi• set• tori; si noti poi l'anno 1873, in concomitanza cioè con una grande crisi capitalistica. Al terzo argomento si può rispondere che le crisi capita/J. stiche colpiscono in genere anche i paesi marginali ed autarchici (v. Mandel, Trattato Il c/t. pag. 290; Dobb. Problemi di storia del capitallsmo, Roma, 1970, pag. 374). è questione solo d1 intensità e di Immediatezza p/U o meno pronunciate: In Russia invece si assiste in quegli anni ad uno sviluppo eccezionale. 106 Bordiga, Dialogato cit. pag. 32. 101 V. Marx, Il Capitale cit. Il, pag. r,2 segg. dove si nota che può benissimo esistere uno scambio tra economie capitalistiche e non capitafistiche (cioè aventi una dinamica diverso da que/fa del capitale} sul mercato mondiale. Nel voi. lii a pag. 398 si accenna alflmplego della violenza da parte degli Inglesi contro le comunità primitive Indiane dopo la sottomis, sione dell'India ed il suo collegamento tramite l'Inghilterra al mercato mondiale; tuttavia malgrado la violenza. l'erosione dei vecchi rapporti produttivi (che non erano diventati d'Incanto capitalistici per il legame instauratosi col mercato mondiale) procede lentamente (op. ult. clt. pag. 399). Sulla stessa linea Rosa Luxemburg {L·accumulazione del capltale ed antlcritica, Torino, 196(), pag. 364 segg.J allorché parla dello sforzo prolungato dei francesi per imporre nell'Algeria occupata i nuovi rapporti capltallstlci. In altri termini non basta conquistare un paese e sostltui• re le proprie merci ed I propri mercati a quelli esistenti (uno scambio di merci sia pure limitato e sporadico esiste anche nei sistemi pre-capitalistlcl) ma occorre che una certa economia si adegui • internamente .. alle leggi del capitale: di qui l'uso della violenza per agevolare Il processo che a I/vello meramente economico richiederebbe molto pili tempo.

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