settore della produttività sono state spesso disattese (anche quando erano prudenti). Tuttavia è indubbio che se l'obiettivo del primo piano ( 100%, in pili) non fu raggiunto vi fu pur sempre un incremento del 41°0 ed analogo discorso può valere per gli altri periodi. E' chiaro, dunque, che un aumento non sufficiente (ma non irrisorio) vi fu, in una situazione di pieno impiego e di espansione poderosa. eppure il salario reale pro-capite non sembra risentirne. Né come vedremo. la situazione è. nelle sue linee di fondo {controllo dei salari e dei consumi a vantaggio dell'accumulazione) mutata dopo il 1950, !)ur ve• nendo meno alcuni degli aspetti pili odiosi dello stalinismo. Sotto questo aspetto la dinamica del salario ìn Russia è stata ben diversa da quella di una società dove anche la compravendita della forza-lavcro è retta da leggi mercantili. Inoltre l'operaio russo non può in sostanza che lavorare per un solo padrone (lo stato) ed alle sue condizioni economiche, non solo ma per un lungo periodo è stato vietato all'operalo russo di scegliere anche l'Impresa statale dove lavorare 17 • Senza voler qui minimamente idealizzare il mercato del lavoro capitalistico, ci sembra che parlare in queste condizioni di rapporti mercantili sia fuor di luogo. Ancora, proprio il fatto cui prima si accennava e estremamente indicativo: la decisione, infatti, di legare l'operaio russo al suo strumento di produzione fu presa agli inizi degli anni quarantél come reazione al fenomeno della fluidità del lavoro divenuto preoccupante nella seconda metà degli anni 30. Realizzato. infattì. il pieno impiego ed essendo sempre alto il bisogno di mano d'opera della i:idustria sovietica, gli operai lasciavano il loro lavoro alla ricerca di condizioni migliori e di paghe piU alte sicuri che, comunque. sarebbero stati sempre accettati da qualunque impresa. In un sistema capitalistico gli imprenditori avrebbero aumentato i salari per trattenere i loro operai ~/o acquistare altra forza-lavoro: in Russia la cosa fu risolta con un intervento statale amministrativo di carattere extra mercantile .che • fissò .. gli operai alla fabbrica (il che peraltro non eliminò del tutto l'inconveniente ripresentatosi all'inizio degli anni 50). 11 provvedimento fu abrogato. come vedremo, solo tiel 1956 quando lo sviluppo della società russa era tale che la sua complessità rendeva difficile il ricorso a vecchi mezzi burocratico-polizieschi implicanti grosse tensioni socio-politiche; il fenomeno della mobilità fu, comunque. te20 - nuto in certa qual misura sotto controllo (anche se non eliminato) con altri mezzi meno violenti come la concessione del diritti di anzianità ai dipendenti da lungo legati ad una Impresa 11 a. Tuttavia anche dopo il 1956 l'operaio rimase vincolato a lavorare per lo stesso padrone essendo tutte le imprese (agricole ed industriali) sostanzialmente nelle mani dello stato; la libertà di scegliere tra piU capitalisti in concorrenza nel mercato è perciò estranea all'operaio stesso. Questa mancanza di concorrenza ed il fatto che il plano fissa i salari pro capite (il ripristino della contrattazione collettiva nel 194717b non muta nulla dato il carattere burocratico dei sindacati) al di fuori di una logica capitalistico-mercantile (che è la logica della concorrenza tra piU capitali autonomi). spiega la dinamica quanto mai compressa del salario dell'operaio sovietico, una dinamica che è rimasta sempre. in sostanza, nei limiti di sicurezza del sistema (di cui non ha compromesso lo sviluppo sino almeno all'inizio degli anni '60) e non appare comunque certo paragonabile a quella di un paese capitalistico in condizioni storiche analoghe (pieno impiego ed espansione economica), A tal proposito è da osservare che nel 1957 il salario reale medio di un operaio russo era di L. 26 000 circa contro le lire 33 000 circa di un operaio italiano, tenendo 11 E' il periodo che va dal 194() fino al 1956 (su ciò v. Dobb op. cit. pag. 18; Baikov op. cit. pag. 331 segg.J. La legge venne 1tbrogata nel 1956 (v. Nove, L'economia cir. pag. 144). Jf provvedimento venne preso nel 1940 per la, fronte al continui spostamenti del lavoratorl che spesso cambiavano impresa sicuri ormai di trovare lavoro dato Il pieno impiego. Nel 1956 il pesantissimo provvedimento fu abrogato, tuttavia /J lavoratore era sempre costretto a lavorare per un solo datore di lavoro (lo 5_tato-padrone) ed alle condizioni (non certo mercantili} che egli hssava, Il rapporto rimanendo perciò diverso da quello vigente per Il capitalismo. 17 a} DI Leo Operai cìt. pag. 178 segg. e 248 segg. 11 bl V. DI Leo op. c/t. pag. 237. E' veramente strano Il contegno analitico della DI Leo, la quale a pag. 159 scrive che la manodopera sovietica era • una mano d'opera che non era stata acquistata nel mercato, che non era retribuita In base ad un contratto ma sempllcemente nutrita •. SI rimane di stucco a leggere slmlll cose: la forza-lavoro è una merce. però del tutto estranea ad uno scambio mercantile. A pag. 170 e 177 si allude ancora alla mancanza di una reale contrattazione stato-operai (e si è visto che • la riforma. del 1947 non può aver mutato le cose In sostanza); non viene In mente alla DI Leo che la contrattazione (in termini reali e non giuridico-formali) manca perché manca uno scambio da contrattare; il contratto. Infatti, quando non è una formalità (come nel ,apporti stato-colcoz su cui ritorneremo} è l'csp,esslone organica dello scambio mercanti/e.
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