zazione di due fosi distinte del processo rivoluzionarlo. quella del completamento della rivoluzione democratica borghese e quella della rivoluzione socialista? Una parentesi: è bene ripe· tere che questa teorizzazione non è di Gramsci ma di Stalin e degli stalinisti nel vari paesi. Gramsci ha teorizzato le alleanze della classe operaia per ricondurre ad unità politica I diversi ritmi delln lotta di fronte al diverso sviluppo delle forze pro. duttive nel sud e nel nord, ma questo nel quadro dl una lotta per la rivoluzione soclollsta. E singolare e inaccettablle sembra il destino che si vuole Infliggere da pili parti, e per opposte ragioni, a Gramsci, interpretato come un comunista ben edu• cato o un socialdemocratico illumlnato, che non voleva saperne della rivoluzione socialista. Tornando al nostri:' discorso. lo schema della rivoluzione borghese incompiuta deve aver pesato molto. Dentro di esso si annida loglcamente il mito della Impresa, e della sua efficienza e produttività, come strumento non sostitulblle di svi• luppo capltallstlco e quindi di sviluppo senza aggettivi. Allora puoi chiedere tutto, allo Stato e ai padroni. a condizione che non tocchi l"equilibrio fra ricavi e costi nell'Impresa. il santua rio dell'lncentlvazlone del profitti. TI è solo consentito di chle dere che lo Stato abbellisca quel santuario e tu resti cosi a mani vuote. ,n bllico fra la propaganda massimalistica e il trade--unlonlsmo. Nel complesso intreccio di strumenti dell'intervento statale nel sud (Incentivi, spesa pubblica. poli di sviluppo, intervento diretto dell'industria di Stato. enti di sviluppo eccetera), noi cl siamo battuti per la riforma agraria e per l'industriallnazione, ma In quel contesto abbiamo sempre evitato di affrontare il problema dell'impresa. della contraddizione fondamentale fra la sua organizzazione e Il suo modo di funzionamento da un lato e gli Interessi soclati dall'altra. E di fronte alle macroscopiche manifestazioni di quello contraddizione abbiamo cercato di uscire per la tangente aggrappandoci ancora all'impresa, ma questa volta all'Impresa di Stato oppure allo Stato come impresa. cioè allo Stato capitalistico tout-court. La stessa Cgll. che ha voluto la lotta per ellminare le zone salariali e ha lanciato la parola d'ordine delle commissioni comunali per Il controllo del lavoro bracclantlle e dei plani di zona per la trasformazione agraria. la stessa Cgil cho oggi è cosr Impegnata, sopratutto In Calabria e in Sicilia. contro le • unioni sacre • e le alleanze interclassiste. ha trovato e trova difficoltà a sottrarsi a posizioni di pura d· chiesta allo Stato In tema di spesa pubblica e di Investimento Industriale. Negli ultlmi anni i comitati regionali di programmazione (e lo stesso pericolo vale oggi per l'ente regione) hanno elaborato richieste (materializzate In decine o centinala di ml• gliela di posti di lavoro) che entrando In concorrenza l'una con l'altra hanno alimentato Ininterrottamente il ruolo di arbitro e di corruttore del governo centrale. S1a ben chiaro che si tratta quasi sempre d, richieste ciascuna di per sé presa, giustissime, ma che nel loro msieme finiscono con l'accantonare la discriminante sociale per far luogo a quella territoriale. Anche quando. come nella relazione di Sebastiano Valastro della Cisl al convegno unitario de, sindacati siciliani del 19 aprile 1970. la colpa dell'arretratezza è attribuita ai monopoli e allo Stato che cerca la Integrazione europea anziché quella nazionale, la giusta inwizione del problema non arriva a indìcare delle soluzioni di mo. vimento: si chiedono spese, si chiedono investimenti, e attorno alla sacrosanta domanda di occupazione si costruiscono nuovi contrasti e ccntraddizioni, come quella del quinto centro siderurgico. L'occupazione nel sud, obbiettivo globale e unificante delle lotte, cosi come proposto dal compagni comunisti, chiede una riflesslone. I comunisti per primi dichiarano insufficienti le soluzioni puramente quantitative e fanno richiamo alla qualità dell'obbiettivo. Effettivamente, come obbiettivo quantitativo, quello dell'occupazione presenta I rischi già ricordati: un volume di spesa da ripartire e una base per lo scatenamento del mu· nicipalismo su cui si reggono le fortune di parte della borghesia del sud e le sue- suggestioni interclassiste. Ma come obbiettivo di qualità è difficile da organizzare in modo da avere insieme la funzione unificatrice e la concretezza delle lotte articolate. Pur con notevoli difficoltà potremmo dire che non imporra se il quinto centro de11'1talslder sarà installato a Reggio oppure nella Sicilia occidentale e che respingiamo impostazioni municipalistiche, ma è infinitamente pili difficile dire che non vogliamo affatto il quinto centro nel sud, non vogliamo un sud fornitore di materie prime e di semilavorati e di fonti di energia all'in• dus1ria manlfatturiera del resto del paese, e che perciò al posto di quei milleduecento miliardi con duecento millonl per addet10. per un totale di seimila nuove unità occupate, vogliamo nel sud. e adesso e non fra cinque o dieci anni, sei stabilimenti (uno per regione) per duecento miliardi l'uno con venti milioni per addetto, che vuol dire diecimila nuovi occupati per ciascuna delle regioni interessate. Questo obbiettivo è molto pili difficile. e non solo perché i milleduecento miliardi per un nuovo lm• pianto a ciclo Integrale sono già belli e pronti e vengono agitati come esca polltica sopra le regioni del sud e sono comunque assai pili faclll da spendere che cifre minori in attività manifatturiere differenziate, con bassa composizione organica del capitale: ma anche perché per noi è molto dlfflclle attuare forme di mobilitazione unitaria città-campagna. occupati,dlsoccupati, quali sono necessarie, e in modo continuativo e pressante, per affrontare i problemi di un'industria integrata nell'amblente di lavoro, nella quale non contano solo I miliardi che arrivano da Roma o da Milano (per poi tornarvi rapidamente). ma gli uomini che vogliono cambiare la loro condizione di lavoro e di vita. -5
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