giovane critica - n. 24 - autunno 1970

colpito la produzione tanto duramente come nell'autunno del 1969 e mal dopo la fase di masslma concentrazione delle lotte vi era stato un rallentamento dei tassi di produttività comparabile con quello· avutosi nel primo semestre del 1970. Il rallen• tamento della produzione questa volta non nasce da una caduta della domanda interna o estera. né da una perdita di competltl• vltà sul mercati lnternazlonali, né ancoro da una politica mone• tarla deliberatamente deftazlonlstica. né da una piena utilizza. zlone delle capacità produttive. Le condizioni oggettive erano tall da consentire già net1'1ndomanldella concluslone della ver• tenza dei metalmeccanici una ripresa produttiva senza precedenti, tanto plu che co.mefacevano rilevare gU esperti le imprese avevano liquidato le scorte. Il fatto è che le lotte, questa volta, hanno colpito il mecca• nismo capitalistico nel suo punto piU vitale. la fabbrica. Il ral• lentamento dell'economia italiana nasce ovviamente da un complesso di cause che tutte traggono origine dal modo stesso In cui è avvenuta la espansione, ma caratteristico dell'attuale crisi - e In ciò sta la sua qualificazione soclale - è che essa ha il suo epicentro nel rapporti di lavoro In fabbrica: la crisi attiene oltre e assai plU che al costi di produzione, alla orga• nlzzazlone capltallstica della produzione all'Interno dell'azienda. I padroni avrebbero accettato - e Petril11 l'ha detto esplicita• mente - un puro aumento del costi, una modificazione. ln sostanza. che Incidesse soltanto sul llve111salarlall. ma !asciasse all'imprenditore (nella sua accezione plU purificata di organizza• tore dell'impresa) la possibilità di rlstabillre l'equl1ibrlo tra costi e ricavi, ma oggi è proprio questo dell'organizzazione e della disciplina del lavoro di fabbrica il punto dello scontro di classe. Nel discorsi del grandi managers dell'industria e del polltlcl, nelle relazlonl al bilanci delle società come In quella del ministri economici, o nella presentazione del primo • decretone • il lelt-motlv è - ben a ragione - quello della necessità di arri• vare, al plU presto. alla • normallzzazlone del rapporti di lavoro In fabbrica • (la democrazia ltallana su questo punto non ha avuto nessuna esitazione ad adottare la formula usata da Breznev per reprimere la primavera di Prag3: Il • reallsmo •. checché se ne dica. continua ad essere l'esperanto del padroni). La preoccupazione di • normalrzzare • non è Immotivata. si è detto, poiché specifico dell'attuale crisi è la sua diretta derivazione dal livello raggiunto dal contrasto di classe: pur In mancanza di una organizzazione rlvoluzlonarla si pub ritenere che oggi In Italia vi è In embrione, a llvello soclale, una crisi del ra~ porti di potere. Il nodo che Il capitalismo !tallano deve sclogllere è. direttamente. quello del rapporti di produzione. La attuale crisi non pub essere affrontata con gll ormai consueti strumenti keyneslanl di sostegno della domanda perché la domanda è già sostenuta. e un suo ulterlore gonfiamento renderebbe l'Inflazione italiana pii.i rapida di quella degli altrl paesi capitalistici, liquidando rattuale posizione di relativo equilibrio Internazionale. D'altra parte curare l'attuale crisi con I salassi delle ml· sure deflattive questa volta sarebbe plU pericoloso che nel 1964: Il salasso risch!erebbe di uccidere Il cavallo. E clò fondamen• talmente per tre ragioni: a) dopo oltre sei anni di fiacca negli Investimenti l'apertura di una fase recessiva potrebbe accrescere perlcolosamente le distanze tra Il capitalismo italiano e quello degli altri paesi. A seguito delrautunno - per fare solo un esempio - la quota di partecipazione delrltalla al commercio mondiale è scesa dal 5,12 al 4,37. L'esigenza di recupero sul terreno della produtti• vltà e della competitività internazionale è fortissima e rende• rebbe estremamente pericolosa una pausa recessiva. a parte Il fatto che non tutti i capitalisti sarebbero disposti a pagarne paclflcamente il prezzo. b) la situazione del mercato del lavoro è considerevolmente diversa da quella del 1963·'64.Le strozzature nell'offerta di mano d'opera (conseguenti a emigrazione. sistema scolastico. loca• llzzazione delle Industrie. etc.) per tipi di lavoro. llvelll di qualifica. zone territoriali sono evidenti e consistenti. Ciò comporta che la formazione. sia pure provvisoria. di un esercito Industria· le di riserva possa realizzarsi solo raggiungendo un grado di recessione considerevolmente plU elevato di quello del 1964. cl i orobleml lnleml della società Italiana toccano ormai limiti di tolleranza vicini al massimo. Rigidità dei consumi prl• vati. elevata domanda di consumi soclall. consistenza delle spinte anche meramente corporative. ridotte capacità di manovra della pubblica amministrazione e della spesa pubblica. scarsa solidftà della compagine polltlca di governo. sono tutti fattori che sconslgllano a ogni capitalista che abbia un po' di senso polltlco di Intraprendere Il percorso delta recessione. La recessione presenterebbe. ancora oggi. molte analogie con le bombe di MIiano: un tentativo di forzatura eccessivo e troppo arrischiato per potere avere un consenso sufficiente. Oueste considerazioni non vogliono portare alla conclusione che slamo ormai a uno stabile blocco della produzione: riprese della produzione ve ne potranno essere, ma Insieme ad esse si avrà una ripresa delle tensioni soclall. tali da mantenere an• cora a lungo una situazione di equlllbrlo lnstablle, di sostanzlale crisi. dalla quale peraltro Il sistema si sforzerà continuamente di uscire. non attraverso vie normali o tecniche {che appaiono oggi lmpercorrlblli). ma politiche. E qui si ripropone la questione del famosi margini di riformismo. che un':ila consistente, se non magglorltarl3, delle forze dominanti no11'economlae nella polltlca punta oggi a costrulrsL Se la crisi si configura come crisi di potere, sia pure In -9

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